T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 20-12-2011, n. 9950

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio il Comune di Pomezia impugnava il provvedimento indicato in epigrafe esponendo quanto di seguito indicato.

Dal 1991 erano sorti contrasti tra il Comune di Pomezia e la Regione Lazio in materia di rifiuti solidi urbani in quanto l’Amministrazione regionale intendeva collocare su un terreno di proprietà di C. Srl, ubicato nel territorio comunale, in località Cerqueto di Santa Palomba, una discarica per rifiuti solidi urbani che avrebbe dovuto ricevere i rifiuti provenienti da tutto il sud della Regione.

L’Amministrazione comunale non condivideva tale progetto ritenendo che: l’area della discarica fosse situata su di bacino idrico dal quale si alimentano i pozzi dell’acquedotto del Carano che serviva oltre 300 mila abitanti del sud pontino; l’area della discarica era finitima al fosso vincolato ex legge n. 431/85, denominato fosco secco, o di Santa Palomba o della Muratella; realizzare una discarica ubicata in quel sito avrebbe significato violare tutta la normativa in materia. Tali ragioni sono state confermate dalla Corte di Cassazione, Sez.III penale, con sentenza del 30 giugno 199320 luglio l993.

Ciò nonostante, la Regione Lazio, con ordinanza n. 139 del 21.10.1993, autorizzava l’attivazione della discarica (contro i relativi atti sono stati proposti ricorsi amministrativi dinanzi al TAR del Lazio ed al Consiglio di Stato).

A seguito dell’avvio della discarica e di conseguenti fenomeni di inquinamento, il Comune di Pomezia disponeva la chiusura della discarica con provvedimento confermato dal giudice amministrativo, mentre giudice penale dispose il sequestro dell’impianto.

Successivamente, in data 24 dicembre 1996, giungeva presso gli uffici comunali un fax con il quale la Regione Lazio comunicava l’adozione dell’ordinanza impugnata (11.10.1996 n. 69), con la quale il Presidente della Giunta della Regione Lazio aveva autorizzato la C. s.r.l. a realizzare e attivare una discarica di rifiuti contenenti amianto presso la discarica di tipo "A" in Pomezia, loc. Cerqueto di Santa Palomba, distinta nel Catasto Terreni al Fg. 15, p.lle 11,12,13,39,15p.

Ritenendo erronea ed illegittima la citata determinazione, il Comune di Pomezia proponeva ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando la domanda di annullamento indicata in epigrafe.

L’Amministrazione regionale e la controinteressata C. Srl, costituitesi in giudizio, sostenevano l’infondatezza del ricorso e ne chiedevano il rigetto.

Con ordinanza del 20 marzo 1997, n. 892 il TAR respingeva la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente.

Con successive memorie le parti argomentavano ulteriormente le rispettive difese.

All’udienza del 13 ottobre 2011 la causa veniva trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Avverso il provvedimento impugnato il Comune di Pomezia ha proposto i seguenti motivi di ricorso:

a. VIOLAZIONE DELLA LEGGE 7 AGOS1O 1990 N. 241 IN RELAZIONE ALLA L.N. 257/1992, ALLA DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 10538 DEL 12.12.1995, E AL D.LVO 30 DICEMBRE 1996: il Comune di Pomezia ha ripetutamente chiesto di essere sentito e consultato, ma la Regione Lazio ha assunto le proprie determinazioni violando le regole partecipative;

b. -VIOLAZIONE DEL D.LVO 30.12.1996 ART. 13 E OMESSA COMUNICAZIONE AL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA SANITA’: l’Amministrazione regionale ha violato la disciplina richiamata, che impone di comunicare entro tre giorni al Ministro dell’Ambiente e al Ministro della Sanità ordinanze del genere di quella contestata;

c. VIOLAZIONE DELL’ART. 12 DEL DPR 915/82, – ASSOLUTO DIFETTO DEI REQUISITI DI INDIFFERIBILITA" E URGENZA, CARENZA DI MOTIVAZIONE, SVIAMENO: – l’adozione dell’ordinanza impugnata può essere giustificata solo da esigenze eccezionali, improvvise e imprevedibili, e non per realizzare, come nel caso di specie, una grande discarica di ben ottanta ettari; in sostanza, la Regione ha utilizzato uno strumento eccezionale in mancanza dei presupposti della urgenza, indifferibilità ed eccezionalità della situazione;

d. VIOLAZIONE DELLA LEGGE STATALE 27 MARZO

1992 N. 257, DELLA DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONALE N. 10538 DEL 12 DICEMBRE 1995, DEL D.LVO 3 DICEMBRE 1996, ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO: la normativa indicata prevede espressamente che le Regioni provvedano ad armonizzare i piani di smaltimento dei rifiuti di amianto con i piani di smaltimento dei rifiuti di cui al DPR n. 915/82 e provvedano al censimento dei siti per lo smaltimento dell’amianto, ma, nel caso concreto, tale complessa attività è del tutto mancata;

e. VIOLAZIONE DELLA LEGGE 28.02.1985 N. 47, DELLA LEGGE N. 431/1985, DEL PIANO PAESSAGGISTICO DELLA REGIONE LAZIO, DELLA LEGGE 28 GENNAIO 1977 N. 10, E DELL’ART. 674 CP: l’area nella quale avrebbe dovuto essere realizzata la discarica di amianto confina con il c.d. "fosso seccò a di Santa Palomba, o della Muratella; vincolato ai sensi della legge 8 agosto 1985 n. 435 e, quindi, mancando il nulla osta paesistico, non avrebbe dovuto essere rilasciata la relativa autorizzazione; inoltre, occorreva la previa concessione edilizia, attesa la entità degli sbancamenti e delle opere necessarie per realizzare la discarica;

f. VIOLAZIONE DELLA DELIBERA DELLA G.R. 12.12.1995 N. 10538, ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI MOTIVAZIONE, CONTRADDITTORIETA" DEL PROVVEDIMENTO, ASSOLUTA CARENZA DI SICUREZZA PER LO SMALTIMENTO, ASSENZA DI CONTROLLI, DIFETTO DI CONSULTAZIONE CON GLI ENTI INTERESSATI, CARENZA DEL PIANO REGIONALE AMIANTO, DELLE STRUTTURE TERRITORIALI DI CONTROLLO, DEL CENSIMENTO DEI SITI, DELLA SORVEGLIANZA A REGIME, DELLA INDIVIDUAZIONE GENERALE DEI SITI: nel provvedimento impugnato afferma che, essendo la Cavedi Srl, in precedenza, stata autorizzata alla gestione di una discarica per inerti di II categoria con provvedimento comunale del 10 aprile 1990, nello stesso sito, viene autorizzata la discarica per amianto, omettendo di considerare che gli inerti sono cosa ben diversa dall’amianto, che il provvedimento comunale era in corso di annullamento, e che nell’allegato 1 alla delibera regionale 10538/95, sotto la voce "Individuazione dei siti per lo smaltimento", al cpv. 6 si richiama il terzo comma dell’art. 6 del DPR n. 915/1982 che prevede l’utilizzo di discariche di II categoria tipo A per rifiuti di amianto derivanti da attività di demolizione, costruzione e scavi, purché in formazione compatta e non polverosa, ma sarebbe stato possibile percorrere tale strada solo in presenza di un adeguato piano prescrittivo;

g. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DEL PRESUPPOSTO FONDAMENTALE DELLA ORDINANZA REGIONALE: Il provvedimento impugnato è basato sulla delibera della Gunta Comunale di Pomezia, n. 434 del 10 aprile 1990 che, a suo tempo, aveva autorizzato la C. a gestire una discarica per inerti, ma detta delibera era in corso di annullamento al momento dei fatti;

h. VIOLAZIONE DELL’ART. 32 DELLA COSTITUZIONE, LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE, VIOLAZIONE DEL D.LVO 30.12.1996: la attivazione di una grande discarica per amianto, priva dei requisiti tecnici, delle attrezzature di sicurezza, in violazione di tutta la normativa vigente, costituisce un gravissimo pericolo per gli abitanti della zona e danno alla salute;

i. VIOLAZIONE DEL PRG DEL COMUNE DI POMEZIA APPROVATO CON DELIBERA DELLA G.R. 20.11.1974: l’area in questione, in base al PRG, ha destinazione agricola ed è vincolata in base al piano paesistico regionale, pertanto, come è noto, nelle zone agricole non possono essere installate discariche.

2. L’Amministrazione regionale resistente e la controinteressata C. S.r.l. si sono difese in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

3. Il Collegio ritiene che le censure avanzate dall’Amministrazione comunale ricorrente siano infondate e debbano essere respinte per le ragioni di seguito indicate.

3.1. Dal tenore del provvedimento impugnato emerge chiaramente che la C. Srl è stata autorizzata, in via d’urgenza e per un periodo limitato (sei mesi) a ricevere rifiuti di amianto legato in matrice cementizia o resinoide presso la discarica di seconda categoria tipo "A" (già esistente) in Pomezia, loc. Santa Palomba, distinta nel Catasto Terreni al Fg. 15, p.lle 11,12,13,39,15p, gestita dalla stessa Società, in base all’autorizzazione rilasciata dallo stesso Comune di Pomezia n.434/1990, ratificata con delibera C.C. n. 37/90.

Ciò posto, va rilevato che la parte ricorrente espone che all’epoca dei fatti aveva intenzione di ritirare la propria deliberazione n. 434/1990 (che, si ricorda, è quella con cui il Comune aveva approvato il progetto della C. Srl di una discarica di tipo 2 A ed autorizzato, definitivamente, la stessa ad esercitare la relativa attività). Al riguardo, occorre osservare che tale deliberazione era stata revocata con successiva deliberazione consiliare n.48 del 27.3.1992 e ciò, unitamente all’asserito sequestro dell’area avrebbe impedito, a parere dell’Amministrazione comunale, la realizzazione della discarica ed il suo esercizio.

Tale ricostruzione dei fatti è contraddetta da entrambe le altre parti in causa, sostenendo l’esistenza di due discariche della C.: una destinata a R.S.U. da tempo inattiva e l’altra, operante, di tipo 2 A cui si riferisce il provvedimento regionale impugnato.

Sul punto va osservato che il giudice amministrativo si è pronunciato con una decisione di questa Sezione (n. 1495/93) e due sentenze del Consiglio di Stato (n.1445/1999 – di riforma della predetta pronuncia di questa Sezione – e n. 998/2001, connessa a ricorso per revocazione avverso la dec. n.1455/1999).

Gli atti controversi (nell’ambito di detti procedimenti) concernevano la dislocazione e la realizzazione di una discarica nel territorio del comune di Pomezia, località Cerqueto di Santa Palomba, in un’area di proprietà della C.. Nella parte in "Diritto" della decisione n.1455/1999 si legge: " Con la deliberazione consiliare 17/9/1991, n.81 veniva approvato uno studio di fattibilità relativa al progetto presentato dalla società C. per la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti….. in un’area di sua proprietà sita in località Cerqueto di Santa Palomba. Con ordinanza 30/9/1991, n.501 il presidente della giunta regionale ordinava al sindaco di Pomezia di predisporre, entro 10 giorni, un progetto di discarica di prima categoria della predetta località, destinata allo smaltimento dei rifiuti prodotti dai comuni della fascia meridionale della provincia e di approvare il progetto entro i successivi 30 giorni. Con l’ordinanza n. 4 ottobre 1991, n. 486, il sindaco ordinava alla società C. di predisporre il progetto di discarica di prima categoria richiesto dal presidente della giunta regionale; l’ordinanza 25 ottobre 1991, n.502, ordinava la stessa società di approntare entro 30 giorni la discarica di prima categoria….. sulla base del progetto presentate approvato con le modifiche…. Gli atti citati venivano impugnati davanti al Tar del Lazio dal Sig. Claudio Bassetti ed altri cittadini di Pomezia. Successivamente il comune di Pomezia revocava i provvedimenti dianzi menzionati con atti che venivano impugnati in primo grado dalla società…"

Rebus sic stantibus, tali contenziosi (il Tar in primo grado ha accolto i ricorsi ed il Consiglio di Stato ha riformato tale decisione con l’iniziale pronuncia n.1495/1999) si riferiscono all’evidenza ad una discarica di 1^ categoria (e cioè una discarica destinata a ricevere R.S.U.) e non ad alcuna discarica di tipo 2 A (la quale può accogliere soltanto rifiuti inerti costituiti da sfridi di materiali da costruzione e da materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi, materiali ceramici cotti,vetri di tutti i tipi, rocce e materiali litoidi da costruzione). Tale dato trova conferma nella decisione del Consiglio di Stato n.998/2001, che in accoglimento di un ricorso per revocazione avverso la sopra citata precedente sentenza, conferma quest’ultima con riguardo all’annullamento dei provvedimenti correlati alla discarica di I^ categoria, mentre conferma l’esito del giudizio di primo grado concernente il ricorso proposto dalla C. avverso la deliberazione consiliare del comune di Pomezia n.48 del 1992 "recante revoca delle autonome autorizzazioni concernenti la discarica di inerti esistente in loco". Aggiunge, poi, testualmente, il Consiglio di Stato che "come dedotto dalla ricorrente in primo grado, il provvedimento impugnato in prime cure era fornito di motivazione carente o incongrua, in quanto gli addotti motivi relativi all’inquinamento ambientale, se potevano essere pertinenti alla discarica di rifiuti solidi urbani, non lo erano alla discarica di inerti.".

Pertanto, deve ritenersi che nella località Cerqueto di Santa Palomba insistevano due discariche. Quella cui si riferisce il corrente contenzioso è una discarica di inerti da demolizione, a suo tempo (nel 1990) autorizzata dal Comune di Pomezia e successivamente revocata nel 1992, con provvedimento definitivamente annullato dal Consiglio di Stato nel 2001.

Il presupposto posto a fondamento dell’ordinanza impugnata (e cioè l’esistenza e la regolare autorizzazione all’esercizio di una discarica, operativa, di tal natura), era, dunque, sussistente essendo stata la deliberazione di revoca del 1992 già privata di effetti in esito alla della decisione di primo grado di questo Tribunale sopra richiamata.

Ne consegue l’infondatezza delle censure basate sulla presunta assenza (o intenzione dell’Amministrazione comunale di ritirare la del. 434/1990) e di quelle basate sull’erroneo presupposto che la discarica fosse sotto sequestro, fosse vincolata ai sensi dell’art.1 della legge n.431 del 1985 e sussistessero pericoli di inquinamento della falda acquifera che alimenta i pozzi del Carrano che forniscono acqua a tutto il sud pontino.

Infatti, tali doglianze si riferiscono ad una discarica "a suo tempo autorizzata per i R.S.U." che deve ritenersi, alla luce di quanto sopra ricordato, diversa da quella presa in considerazione nei provvedimenti regionali avversati.

3.2. Passando a considerare la normativa applicabile alla fattispecie, va rilevato che al momento dei fatti oggetto di causa era vigente il d.P.R. 8 agosto 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per l’adozione di piani di protezione, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica dell’ambiente, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto). L’articolo 6 del citato decreto (successivamente abrogato dall’art.17 del d.lgs n.36 del 2003), nel dettare disposizioni in materia di "Individuazione dei siti che devono essere utilizzati per l’attività di smaltimento dei rifiuti di amianto", distingueva dai rifiuti di amianto in generale (ved. comma 2 che individuava le modalità di smaltimento degli stessi), i rifiuti "costituiti da sostanze o prodotti contenenti amianto legato in matrice cementizia o resinoide, classificabili quali rifiuti speciali ai sensi del citato decreto n. 915 del 1982", consentendo, limitatamente a tale specifico tipo di rifiuti (tecnicamente definibili a matrice compatta diversamente dagli altri, contenenti amianto, a matrice friabile), "lo smaltimento anche in discariche di seconda categoriatipo A, purché tali rifiuti provengano esclusivamente da attività di demolizione, costruzioni e scavi. Dovranno essere adottate, eventualmente, anche in sede autorizzativa, apposite norme tecniche e di gestione atte ad impedire l’affioramento dei rifiuti contenenti amianto durante le operazioni di movimentazione".

Nel caso di specie, emerge chiaramente dalla documentazione prodotta in giudizio (e non è contestato in causa) che i rifiuti a matrice compatta da conferirsi in esecuzione del provvedimento impugnato erano classificabili quali rifiuti speciali ai sensi del d.P.R. n.915 del 1982 e che i medesimi rifiuti provenivano esclusivamente da attività di demolizione, costruzione e scavi.

Ne segue che il provvedimento regionale impugnato (che ha autorizzato il conferimento di tali rifiuti in una discarica già operativa di seconda cat. tipo 2 A destinata ad inerti da demolizione) rinvenivano nel citato art. 6 del d.P.R. 8.8.1994 (puntualmente evocato nel preambolo della del. 5537/98 presente in atti) la relativa base di legittimazione normativa.

Tale riscontro permette di apprezzare l’infondatezza delle censure con cui il Comune ricorrente contesta la possibilità di conferire nella discarica indicata rifiuti contenenti amianto.

3.3. Vanno respinte anche le altre censure proposte dall’Amministrazione comunale ricorrente.

In primo luogo, quella con la quale, partendo dal presupposto che la Regione avrebbe autorizzato "l’apertura di una discarica di amianto" nel comune di Pomezia, si denuncia l’illegittimità di tale contegno per la violazione delle regole partecipative previste dalla legge n. 241/1990 e dall’art. 22, co. 1 del decreto Ronchi.

Ora, ed a prescindere dalla circostanza che, nel caso di specie, non risulta essere stata autorizzata alcuna "discarica di amianto" e che (come di dirà più avanti) il Presidente dell’Amministrazione regionale ha esercitato poteri contingibili e urgenti, le norme che, dalla ricorrente, si assumono violate non sono pertinenti al caso di specie in cui non viene in considerazione una nuova discarica (il cui procedimento autorizzativo involge competenze di più enti e richiede il rispetto del principio partecipativo) ma il solo conferimento di rifiuti contenenti amianto a matrice compatta (come sopra specificati) in una discarica di seconda categoria di tipo A, già operativa.

Risulta infondata anche la censura con la quale si contesta l’omessa trasmissione dell’ordinanza impugnata al Ministero della Sanità perché la stessa, seppure in ritardo, è stata inviata alla citata Amministrazione e la normativa richiamata non prevede un termine perentorio al riguardo.

Ad ogni modo, sia in relazione a tale censura che riguardo alle altre residue contestazioni proposte dal Comune di Pomezia, va considerato che nella fattispecie si contesta una ordinanza contingibile ed urgente, adottata in una situazione di palese emergenza presente all’epoca dei fatti, dovuta all’assenza nel territorio regionale di discariche finalizzate allo smaltimento dell’amianto (circostanza non contestata in giudizio).

Ciò rende prive di pregio, oltre alle censure sopra indicate, anche le censure tese a contestare le deroghe al p.r.g. e al piano paesistico (quest’ultima, peraltro, contestata dall’Amministrazione regionale e non dimostrata dalla ricorrente), mentre le specifiche prescrizioni contenute nell’ordinanza impugnata (cfr. prescrizioni da A) ad f) dell’ordinanza), dettate in tema di imballaggio ed interramento, inducono a ritenere infondata anche la censura avente ad oggetto presunti danni alla salute.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

5. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– respinge il ricorso;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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