Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-05-2012, n. 8136 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. P.A.M. ved. M., quale erede sia del marito M.A. sia della figlia coerede M.C., propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR-Lazio che, in data 27 novembre 2009, ha accolto l’appello dell’Ufficio confermando l’avviso notificato il 3 novembre 1995, con il quale il valore della denuncia di successione era stato elevato da L. 314 e 850 milioni circa. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso; la ricorrente replica con memoria.

Motivi della decisione

B. Con il primo mezzo, la ricorrente, denunciando vizio di omessa pronuncia (art. 112 c.c., e art. 360 c.c., n. 4), lamenta che il giudice di appello avrebbe del tutto trascurato di delibare il motivo di censura, dedotto in primo e riproposto in secondo grado, circa la nullità dell’atto impositivo per difetto assoluto di motivazione.

C. Il mezzo non è fondato, avendo la commissione regionale, sia pure in sintesi estrema, esaminato e deciso la questione nella parte in cui afferma che "la valutazione, riportata nell’avviso di rettifica, appare bene articolata e sufficientemente motivata".

D. Con il secondo mezzo, la ricorrente, denunciando violazione di legge (D.Lgs. 346 del 1990, art. 34, comma 2), lamenta che, contrariamente all’assunto del giudice d’appello, l’avviso di rettifica sarebbe nullo perchè manchevole delle indicazioni circa le passività dichiarate, le aliquote applicate e la liquidazione della maggiore imposta.

E. Il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza, perchè non riproduce i brani salienti dei documenti ritenuti decisivi (denuncia rettificativa, prospetto allegato, atto impositivo), dei quali la CTR non avrebbe tenuto debito conto, e dei passi delle difese con i quali ne sarebbe stata evidenziata la valenza decisiva, in particolare riguardo alle controverse passività (C. 12786/06, 13007/07). Ciò in quanto, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo sulle risultanze che si asseriscono decisive o insufficientemente o erroneamente valutate dev’essere consentito sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la S.C. accesso agli atti del giudizio di merito (C. 12984/2006).

F. Con il terzo mezzo, la ricorrente, denunciando violazione di legge, formula due censure e lamenta:

a) che il giudice d’appello avrebbe erroneamente ritenuto l’adeguatezza dell’avviso impugnato, nonostante che nell’atto impositivo non fosse stato fatto cenno agli elementi individuati nel D.Lgs. 346 del 1990 (art. 34, comma 2, u.p., comma 2bis, comma 3);

b) che, trascurando gli oneri di cui all’art. 2697 c.c., il Fisco non aveva dato prova degli elementi di fatto giustificativi del "quantum" accertato.

G. La prima censura per violazione dell’art. 34 è infondata.

Infatti, l’invocato comma 2 bis è inapplicabile, perchè è stato introdotto dal D.Lgs. 32 del 2001, art. 5 e, dunque, in epoca posteriore alla notificazione dell’impugnato avviso di rettifica.

H. Inoltre, l’obbligo legale di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Pertanto è necessario e sufficiente che l’avviso enunci i criteri astratti in base ai quali è stato determinato il maggior valore, salvi poi restando, in sede contenziosa, l’onere dell’Ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio (C. 1150/08, in tema di invim; C. 27653/05, in tema d’imposta di successione).

I. Orbene, nella specie l’organo accertatore ha evidenziato che, quanto agli immobili, "i valori accertati sono stati determinati in base ai valori venali in comune commercio, tenuto conto dell’ubicazione, consistenza, natura e categoria catastale, del potenziale redito dell’immobile di cui trattasi, i valori medesimi sono stati desunti con elementi d’ufficio"; quanto all’azienda, ha evidenziato che "si è tenuto conto della consistenza dell’azienda, della sua ubicazione, della sua commercialità e della zona ove viene svolta l’attività trasferita".

J. Adempiuti gli oneri formali per la "provocatio ad opponedum" e instauratasi la fase contenziosa, il Fisco era però tenuto a passare dall’allegazione della propria pretesa alla prova del credito tributario vantato nei confronti della parte contribuente, fornendo la dimostrazione degli elementi costitutivi del proprio diritto secondo lo schema tipico dell’art. 2697 c.c..

K. Nella specie la sentenza impugnata, stante la sua laconicità "… riguardo alla natura, alla consistenza, alle caratteristiche e all’ubicazione degli immobili in esame, nessuna censura può essere mossa all’ufficio che ne ha correttamente rettificato il valore opportunamente adeguandolo alla realtà del mercato immobiliare", non consente di apprezzare se e come si siano dispiegati nella specie gli oneri probatori secondo il rigoroso schema dettato dall’art. 2697 c.c., che appare evidentemente trascurato dal giudice d’appello.

L. Ciò comporta l’accoglimento della seconda censura del terzo mezzo e la formulazione del seguente principio di diritto:

M. "L’accertamento fiscale è provvedimento autoritativo con il quale l’amministrazione fa valere la propria pretesa tributaria, esternandone il titolo e le ragioni giustificative al solo fine di consentire al contribuente di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, nell’ambito della quale l’amministrazione finanziaria è tenuta a passare dall’allegazione della propria pretesa alla prova del credito tributario vantato nei confronti del contribuente, fornendo la dimostrazione degli elementi costitutivi del proprio diritto; è compito specifico del giudice di merito operare, con adeguata motivazione, il controllo critico sulla correttezza e portata probatoria e sulla coerenza logica e giuridica degli elementi addotti".

N. Con il quarto mezzo, la ricorrente, denunciando violazione di legge (D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, commi 5 e 6), sostiene l’erroneità della valutazione operata dall’ufficio in base al valore venale in comune commercio degli immobili caduti in successione, atteso che i cespiti non erano censiti in catasto e che, per gli stessi, gli eredi M. avevano seguito la procedura di cui all’art. 34, comma 6, che avrebbe consentito all’ufficio di liquidare la sola maggiore imposta risultante dovuta in base ai valori catastali attribuiti dell’UTE e la rettifica dei valori stessi in base la valore in comune commercio.

O. Il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza, poichè sottopone all’esame di questa Corte questione non esaminata dalla commissione regionale: dalla sentenza d’appello non risulta, infatti, che la parte contribuente, una volta formulata la relativa eccezione nel ricorso introduttivo, abbia riproposto tale questione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, e dell’art. 346 c.p.c.. Sicchè spettava alla odierna ricorrente specificare se e in quale atto del giudizio d’appello lo abbia fatto, trascrivendo le parti essenziali di esso (ex plurimis C. 29577/11), senza che rilevino eventuali indicazioni contenute nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., avendo questa mera funzione illustrativa del ricorso (C. 21379/05).

P. Con il quinto mezzo, la ricorrente, denunciando violazione di legge (D.Lgs. 346 del 1990, art. 15) e formulando due censure, sostiene che la sentenza d’appello, nell’avallare la valutazione erariale dell’azienda e dell’avviamento, (a) da un lato abbia violato il disposto dell’art. 15 cit., per non aver considerato le passività inventariate, (b) dall’altro abbia erroneamente determinato l’avviamento, in contrasto con il criterio individuato nella Circolare n. 10 del 1980.

Q. Riguardo alla prima censura, in tema d’imposta sulle successioni, l’art. 15 cit. introduce criteri di valutazione diversi a seconda che l’azienda sia appartenuta a un piccolo imprenditore oppure a un imprenditore non piccolo, come tale tenuto alla redazione dell’inventario, ai sensi dell’art. 2214 c.c.. Nel caso in cui l’azienda sia appartenuta a un piccolo imprenditore la base imponibile è costituita dal valore dei beni e dei diritti che la compongono, compreso l’avviamento ed esclusi i beni indicati nel precedente art. 12, al netto delle passività risultanti a norma dei successivi artt. da 21 a 23. Se, invece, l’azienda sia appartenuta a un imprenditore non piccolo si ha riguardo alle attività e alle passività indicate nell’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti successivamente intervenuti e dell’avviamento. Si tratta di due criteri di valutazione diversi e del tutto autonomi, basati il primo sul valore venale dei beni, in difetto di una loro preesistente e affidabile valutazione, e il secondo sul valore d’inventario (sia delle attività, che delle passività) e, quindi, su valori predeterminati secondo le regole contabili (C. 6494/07).

R. Sennonchè l’esame della questione è preclusa dal difetto di autosufficienza del ricorso non essendo trascritte la parti salienti delle fonti documentali asseritamente addotte dalla contribuente (es. bilancio, prospetto passività, etc.) a giustificazione delle sue tesi.

S. Quanto alla seconda censura, in base all’espressa previsione, vigente "ratione temporis", di cui all’art. 15 cit., nell’attivo ereditario, in caso di trasferimento "iure successionis" di un’azienda, deve ricomprendersi (insieme con la somma dei valori dei beni e dei diritti che la costituiscono) anche l’avviamento (C. 5982/01).

T. La ricorrente denuncia l’incomprensibilità di un sistema estimativo "capitalizzazione della potenziale redditività dell’azienda, ricavata dall’applicazione del coefficiente di redditività al volume di affari dell’anno precedente la cessione in questione e tenendo altresì presenti i valori del complesso aziendale ceduto, rilevati dalla contabilità IVA e IRPEF" del tutto arbitrario e ciononostante recepito dal giudice d’appello.

U. Sennonchè la ricorrente, nel denunciare violazione di legge dell’art. 360 c.p.c., ex n. 3 e non vizio motivazionale ex n. 5, trascura che la valutazione dell’avviamento di un’azienda costituisce giudizio di fatto, rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, e quindi immune dal sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato (C. 1180/08, 5.3). Siccome la censura in esame denuncia vizi giuridici e non motivazionali, essa è inammissibile per comèè concretamente formulata.

V. Inoltre, la ricorrente trascura, nell’invocare il rispetto della Circolare n. 10 del 19 febbraio 1980, che la violazione di atti amministrativi secondari può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione solo se si tratti di atti regolamentari aventi funzione normativa con rilevanza esterna; mentre restano fuori dallo scrutinio della violazione di norme di diritto sostanziale gli atti aventi funzione meramente organizzativa o dispositiva interna alla P.A., come appunto le circolari amministrative (C. 1793/1999 e 11449/2005).

W. Da ultimo e per completezza, si rileva che in ricorso (pag. 3 e pag. 11) e in memoria (pag. 4) si accenna ad altro successivo avviso, che avrebbe dato luogo a separato contenzioso favorevolmente definito in secondo grado il 26 maggio 2009. Non è dato, però, apprezzarne i margini d’interferenza col presente giudizio (C. 27881/08 e 19310/11).

X. Concludendo, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione, cioè con riferimento alla sola seconda censura del terzo mezzo e agli oneri probatori sopra evidenziati nell’enunciato principio di diritto. Ciò comporta la cassazione "in parte qua" della sentenza impugnata, con rinvio della causa, per nuovo esame in relazione alla sola censura accolta, alla commissione regionale competente, che, in diversa composizione, liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR-Lazio in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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