Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-05-2012, n. 8132 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto pubblico in data 29.11.2001 stipulato tra Finmeccanica s.p.a. ed Oto Melara s.p.a., avente ad oggetto conferimento di ramo di azienda, venivano trasferiti all’acquirente numerosi immobili ricadenti nei comuni di (OMISSIS).

In relazione a detto trasferimento l’Ufficio di La Spezia della Agenzia delle Entrate emetteva avviso in rettifica ai fini INVIM dei valori iniziali e di alcuni valori finali dei predetti immobili con recupero della relativa imposta, oltre interessi e sanzioni pecuniarie.

L’avviso ritualmente opposto da Finmeccanica s.p.a. veniva annullato con sentenza della CTP di La Spezia n. 92 del 2007, confermata in grado di appello dalla Commissione tributaria della regione Liguria in data 13.7.2009 n. 152.

I Giudici territoriali ritenevano infondato il motivo di gravame con il quale l’Ufficio finanziario aveva dedotto il vizio di nullità della sentenza per ultrapetizione, rilevando che la impugnazione dell’avviso per nullità determinata da difetto di motivazione comprendeva anche la contestazione della congruità dei maggiori valori accertati, e che, pertanto, il giudice di prime cure aveva correttamente pronunciato in ordine a tutte le domande proposte con il ricorso introduttivo della contribuente, da un lato affermando che l’avviso di accertamento rispondeva ai requisiti formali prescritti dal D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 (T.U.) essendo motivato in relazione ai criteri "astratti" applicati per determinare il maggior valore venale degli immobili; dall’altro rilevando che a tali criteri astratti non era seguita la prova degli elementi di fatto giustificativi del "quantum" accertato.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione al Agenzia delle Entrate deducendo tre motivi.

Ha resistito con controricorso la società contribuente.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate deduce la nullità della sentenza per error in procedendo ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo i Giudici di appello erroneamente confermato la sentenza di prime cure che aveva pronunciato ultrapetita in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 e dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene la Agenzia che nel ricorso introduttivo la società aveva dedotto quali unici motivi la nullità dell’avviso di accertamento per omessa motivazione e "una sintetica contestazione dei criteri di valutazione del compendio immobiliare compravenduto per come utilizzati dalla Amministrazione finanziaria", sicchè esulava dal thema decidendum la questione relativa alla "carenza istruttoria e/o probatorià" dell’accertamento fiscale.

2. Il motivo è manifestamente inammissibile oltre che infondato.

La sentenza della CTR ha motivato sul punto della violazione dell’art. 112 c.p.c. (oggetto di specifico motivo di gravame dell’Ufficio) rilevando che i Giudici di prime cure avevano accolto la tesi esposta nel ricorso introduttivo secondo cui, anche nel caso di avviso formalmente valido in quanto motivato in relazione ai criteri astratti di legge previsti per la determinazione del valore degli immobili, la Amministrazione era comunque tenuta nel corso del giudizio a fornire adeguato supporto probatorio delle modalità applicative di tali criteri, e che non vi era luogo ad ultrapetizione nell’accoglimento di una domanda implicitamente rilevabile dai motivi del ricorso introduttivo, ancorchè non esplicitamente formulata, dovendo ritenersi ricompresa nella espressa contestazione della validità dell’avviso anche la domanda di accertamento della congruità del valore dichiarato dal contribuente e quindi la questione concernente la prova del valore venale del bene come determinato dalla PA. Su tale puntuale motivazione, la ricorrente non ha speso alcuna ragione giuridica a sostegno del motivo in esame, limitandosi soltanto a ribadire la medesima eccezione di nullità già dedotta con il motivo gravame e ad affermare tautologicamente la erroneità della pronuncia resa dal Giudice di appello in quanto confermativa di quella del Giudice di prime cure.

Il motivo si palesa, pertanto, inammissibile in quanto la ricorrente non viene a censurare le statuizioni della sentenza di appello criticando specificamente la soluzione giuridica adottata da quei Giudici, ma reitera meramente la censura rivolta alla sentenza di prime cure, richiedendo alla Corte un inammissibile riesame dell’originario motivo di gravame: la Agenzia ricorrente, piuttosto, avrebbe dovuto – in osservanza al principio di specificità dei motivi ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4) – criticare puntualmente i passi motivazionali della sentenza di appello con i quali la domanda – asseritamente estranea al thema decidendum – era stata invece interpretata dal Giudice di merito e considerata implicitamente formulata con il ricorso (critica da formulare in relazione al parametro ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, posto che la interpretazione della domanda si risolve in un giudizio di fatto), contrapponendo i propri argomenti in diritto volti a contrastare ed inficiare le ragioni poste a fondamento del decisum.

Deve in conseguenza ribadirsi che l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata – ed era compresa nel "thema decidendum", tale statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di uitrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato la erroneità di quella medesima motivazione. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come "error in procedendo", ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Corte cass. 1 sez. 28.9.2004 n. 19416; id. 3 sez. 18.4.2006 n. 8953; id. 3 sez. 31.7.2006 n. 17451; id. sez. lav. 2.3.2007 n. 7049;

id. 1 sez. 11.3.2011 n. 5876).

Il motivo, peraltro, è anche infondato.

Dalla lettura del ricorso introduttivo proposto dalla società (interamente trascritto a pag. 4-11 del ricorso per cassazione), emerge in equivocamente che la contribuente, fin dal primo grado, aveva contestato oltre al vizio di nullità dell’avviso di rettifica per inadeguatezza della motivazione, anche i fatti costitutivi della pretesa tributaria ("nel merito si eccepisce che …"), tanto in relazione alla errata individuazione dei valori degli immobili rispetto "a quelli di mercato delle varie epoche", quanto – con specifico riferimento agli immobili ubicati in Comune di (OMISSIS) – alla erronea valutazione del valore finale, non rispondente alle effettive caratteristiche dei beni ("fabbricati in grave stato di degrado … il cui recupero ne comporterebbe la totale ricostruzione …"), e nelle conclusioni rassegnate con lo stesso atto aveva richiesto, n via principale, la dichiarazione di illegittimità dell’avviso per vizio di nullità, ed in via subordinata l’accoglimento dei rilievi formulati nel merito con conseguente riduzione della pretesa impositiva.

2. Con il secondo ed il terzo motivo la Agenzia denuncia la nullità della sentenza, sempre per vizi inerenti l’attività processuale, rispettivamente per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2, 3 e 4 per carenza dei requisiti essenziali della esposizione del fatto e delle richieste delle parti, nonchè per carenza assoluta della motivazione, essendosi limitati i Giudici di appello a trascrivere pedissequamente la stessa motivazione della sentenza di primo grado.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente attesa la stretta connessione per l’oggetto, sono manifestamente infondati.

Vale rilevare come gli elementi formali della sentenza tributaria, individuati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2 applicabile anche in grado di appello D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 61 ripetono sostanzialmente il disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 2, e, in assenza di comminatoria di legge della nullità, la mancanza di tali elementi ridonda nel vizio di nullità sentenza solo nel caso in cui l’atto non risulti mancante dei requisiti indispensabili per il raggiungimento del suo scopo ( art. 156 c.p.c., comma 2).

Consolidata in proposito è la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la mancata o incompleta trascrizione nella sentenza delle conclusioni delle parti costituisce, di norma, una mera irregolarità formale irrilevante ai fini della sua validità, occorrendo, perchè siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attività del giudice, nel senso di averne comportato o un’omissione di pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati dalle parti medesime (cfr. Corte cass. sez. lav. 16.1.1979 n. 331; id. 1 sez. 13.10.1982 n. 5280; id.

3 sez. 25.2.2005 n. 79; id. 3 sez. 23.2.2007 n. 4208; id. 2 sez. 5.5.2010 n. 10853; id. 3 sez. 1.6.2010 n. 13435).

Analogamente il requisito della "concisa esposizione dello svolgimento del processo", per il solo fatto di essere espressamente considerato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 2 non individua un elemento autonomamente rilevante della sentenza tributaria rispetto al requisito motivazionale individuato dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) con formula sintetica ribadita anche dall’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 ("concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione"), atteso che la norma processuale civile, nel testo anteriore alla riforma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45 recava la medesima indicazione ("concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e diritto della decisione") della norma processuale tributaria, dovendo quindi affermarsi che in tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione, richiesta dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 nella versione anteriore alla modifica da parte della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 17, non rappresenta un elemento meramente formale, dotato di specifica autonomia, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza solo quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, stante il principio della strumentalità della forma, per il quale la nullità non può essere mai dichiarata se l’atto ha raggiunto il suo scopo ( art. 156 c.p.c., comma 3), e considerato che lo stesso legislatore, nel modificare l’art. 132 c.p.c., ha espressamente stabilito un collegamento di tipo logico e funzionale tra l’indicazione in sentenza dei fatti di causa e le ragioni poste dal giudice a fondamento della decisione (cfr. Corte cass. 5 sez. 10.11.2010 n. 22485), con la conseguenza che l’assenza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa vale ad integrare un motivo di nullità della sentenza allorchè tale omissione impedisca totalmente (non risultando richiamati in alcun modo i tratti essenziali della lite, neppure nella parte formalmente dedicata alla motivazione) di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, nonchè di controllare che siano state osservate le forme indispensabili poste dall’ordinamento a garanzia del regolare svolgimento della giurisdizione (cfr. Corte cass. 5 sez. 23.12004 n. 1170; id. sez. lav. 19.3.2009 n. 6683). Tanto premesso, rilevato che la sentenza di appello – reca una concisa esposizione dei fatti processuali (con riferimento anche al primo grado), dando conto del motivo di opposizione dedotto della contribuente (carenza di motivazione dell’avviso) e dell’esito della sentenza di prime cure (annullamento dell’atto impositivo per difetto di prova fornita dalla Agenzia, ad eccezione della pretesa di maggiore imposta limitatamene ad un terreno sito in (OMISSIS));

– individua il motivo di gravame dell’Ufficio (denuncia de vizio di ultrapetizione);

– contiene un apparato motivazionale dal quale emerge che la CTR ha preso in considerazione la censura di ultrapetizione, rigettandola alla stregua degli argomenti contenuti nel ricorso introduttivo e fatti propri dalla decisione di prime cure, sviluppando altresì le ragioni, supportate da richiami giurisprudenziali, in base alle quali la opposizione proposta dalla società contribuente con la quale si deduceva il vizio di nullità di motivazione dell’avviso doveva ritenersi comprensiva anche della richiesta di accertamento della congruità dei valori attribuiti gli immobili (e dunque alla prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria), tutto ciò premesso, risulta insussistente non solo il vizio di nullità della sentenza impugnata per difetto dei requisiti indicati al D.Lgs. n. 5467 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2) e 3) ma anche il dedotto vizio di nullità della sentenza impugnata per carenza assoluta di motivazione ( D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4) atteso che tale vizio è ravvisabile soltanto nel caso in cui la sentenza non dia affatto conto dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (cfr. Corte cass. 5 sez. 16.7.2009 n. 16581; id.

1 sez. 4.8.2010 n. 18108) e dunque non consenta la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento omettendo di evidenziare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Corte cass. 5 sez. 10.11.2010 n. 2845) ed impedendo in tal modo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice (cfr. Corte cass. 3 sez. 3.11.2008 n. 26426, con riferimento al ricorso ex art. Ili Cost; id. sez. lav.

8.1.2009 n. 161).

Del pari infondata è la censura mossa alla motivazione della sentenza di appello in quanto "carente di una valutazione critica" della decisione di prime cure e dei motivi di gravame.

Premesso, infatti, che i Giudici di appello erano investiti della questione relativa alla ultrattività della pronuncia resa in primo grado (non essendo dato verificare quali altri motivi di gravame siano stati proposti dall’Ufficio: appare a dire poco laconica la esposizione sul punto svolta dalla ricorrente a pag. 13 ricorso, in cui si riporta – senza trascrivere l’atto di appello – che l’Ufficio si doleva "essenzialmente della fatto che i giudici di primo grado avessero accollo il gravame avversario sulla base di ragioni di merito diverse da quelle prospettate dalla controparte, e segnatamente sulla base di ima ritenuta insufficienza istruttoria e probatoria …"), sul punto controverso la sentenza sviluppa una propria argomentazione logica, pervenendo ad escludere che i Giudici di prime cure abbiano ecceduto dai limiti imposti dall’oggetto del giudizio in quanto i motivi di opposizione della contribuente ricomprendevano anche l’accertamento dei fatti costitutivi della pretesa in relazione all’an ed al quantum della maggiore imposta liquidata, ed aderendo quindi alle conclusioni del primo giudice secondo cui la pretesa non era supportata dagli adeguati elementi probatori.

Intendendo contestare tale motivazione bene avrebbe dovuto la Agenzia impugnare la sentenza in relazione al parametro del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (e non per "error in procedendo") specificando puntualmente quali prove documentali, ritualmente prodotte dalla Amministrazione e da ritenersi decisive ai fini dell’esito favorevole della lite, non erano state valutate od erano state inesattamente valutate dalla CTR. 3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna della Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta i ricorso e condanna la Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese dei presente giudizio che liquida in Euro 10.000,00 per onorari, Euro 100,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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