T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 20-12-2011, n. 9939

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto (n. 4582/2008) i sigg.ri G.A., G.M.G., L.V.T. in proprio ed in qualità di procuratore generale di E.G., hanno adito questo Tribunale per l’annullamento della deliberazione della Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82/1991 con cui è stata disposta la revoca del programma speciale di protezione cui erano stati ammessi con provvedimento del 6 ottobre 2005.

Il sig. G.A. riferisce di essere un imprenditore edile e di aver deciso di rendere dichiarazioni ad alcune delle Procure della Repubblica in relazione a vicende concernenti ricatti ed estorsioni dal medesimo subite nel corso dell’attività lavorativa svolta nell’ambito della Provincia e della Città di Messina.

Espone che la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina nell’anno 2004 ha proposto l’ammissione sua e del suo nucleo familiare al programma speciale di protezione previsto per i testimoni di giustizia, assentito con provvedimento del 6.10.2005 dalla Procura della Repubblica competente, previo mutamento della sua condizione da testimone a collaboratore di giustizia.

Afferma che dopo un arco temporale di due anni e mezzo in cui è stato sottoposto unitamente alla sua famiglia al predetto programma, la Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82 del 1991 ne ha disposto la revoca con la deliberazione del 13.2.2008, odiernamente gravata.

Avverso tale provvedimento i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure:

a) Violazione degli artt. 13 quater in relazione agli artt. 12 e 9 comma 6 della legge n. 82 del 1991; eccesso di potere sotto differenti profili e difetto di motivazione.

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 quater in relazione all’art. 12, comma 2, lett. b) ed e) della legge n. 82/1991; eccesso di potere sotto differenti profili; difetto di motivazione.

c) Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 10 ed 11 del d.m. 23.4.2004, n. 161; eccesso di potere per difetto d’istruttoria, difetto di motivazione.

d) Violazione dell’art. 9, comma 5 della legge n. 82/1991 e dell’art. 3 del d.m. 23.4.2004, n. 161; eccesso di potere.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono l’insussistenza dei presupposti per l’adozione da parte della Commissione centrale ex art. 10, del provvedimento di revoca del programma speciale di protezione, secondo quanto prescritto dall’art. 13 quater, comma 2, secondo periodo della legge n. 82/1991

Premette il Collegio che con decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82 sono state introdotte disposizioni in materia di protezione di pentiti e di collaboratori di giustizia.

L’art. 9 della citata legge n. 82 del 1991, ha previsto, in particolare, speciali misure di protezione in favore di soggetti che collaborano con la giustizia, idonee ad assicurarne la loro incolumità ed in alcuni casi la loro assistenza, che devono applicarsi allorquando emerga l’inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza e quando le persone nei cui confronti esse sono proposte versino in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione.

Sul punto specifico del peso e della qualità della collaborazione resa, ai fini dell’ammissione al programma di protezione, il terzo comma dell’art. 9 della legge n. 82 del 1991, prevede che "assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristicoeversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni".

Così come, ai sensi dell’art. 3 del regolamento ministeriale di cui al D.M. n. 161 del 2004, la stessa proposta di adozione delle misure speciali di protezione deve contenere l’indicazione di elementi da cui si desume che le dichiarazioni hanno carattere di intrinseca attendibilità, nonché, con riferimento specifico ai collaboratori della giustizia, di novità o di completezza.

Il successivo articolo 11 della citata legge dispone che la definizione e l’applicazione delle speciali misure di protezione è affidata ad una apposita Commissione centrale, istituita presso il Ministero dell’interno, che definisce, a norma dell’art. 13 (comma 4), il contenuto delle anzidette misure che può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall’adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.

L’ammissione alle speciali misure di protezione, i contenuti e la relativa durata sono deliberati, dunque, dalla succitata Commissione centrale su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede e ha proceduto su fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave pericolo, ed allorché sui fatti proceda o abbia proceduto la Direzione distrettuale antimafia, la proposta è formulata da quest’ultima (art. 11).

Sempre a norma dell’art. 13, commi 1 e 4, in casi di particolare gravità, la Commissione centrale ex art. 10 delibera, anche senza particolari formalità ed entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione, il cui provvedimento cessa di avere effetto se decorsi centottanta giorni, l’autorità legittimata a formulare la proposta di cui all’art. 11, ossia di ammissione alle speciali misure di protezione, non abbia provveduto a trasmetterla e la commissione non abbia deliberato sulle speciali misure di protezione.

Giova, altresì, rilevare, ex artt. 9, comma 4 e 13, comma 5, che ove le speciali misure di protezione di cui al medesimo art. 13, comma 4 non risultino adeguate alla gravità ed all’attualità del pericolo, le stesse possono essere applicate mediante la definizione di uno speciale programma di protezione che in alcune condizioni può comportare anche il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità.

L’art. 13 quater, individua, infine, le cause ed i presupposti per l’adozione di provvedimenti di revoca e modifica delle misure speciali di protezione.

Il comma 1, espressamente prescrive che "Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all’attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge", mentre, ai sensi del successivo comma 2, "costituiscono fatti che comportano la revoca delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli impegni assunti a norma dell’articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonché la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale. Costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell’articolo 12, la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il rifiuto di accettare l’offerta di adeguate opportunità di lavoro o di impresa, il ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si è stati trasferiti, nonché ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell’identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall’inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell’articolo 9".

Ciò premesso, i ricorrenti deducono, in primo luogo, che le specifiche condotte espressamente menzionate nel provvedimento impugnato non sarebbero ricomprese tra i presupposti indicati dall’art. 13 quater, comma 2, per poter procedere alla revoca delle misure speciali di protezione.

La censura non è suscettibile di positiva definizione..

Si osserva, a tale proposito, che la Commissione centrale ha disposto la revoca delle misure speciali di protezione nei confronti degli odierni ricorrenti sulla base sia di un parere della Direzione Nazionale Antimafia del 30.11.2007, espresso nell’ambito della prescritta attività di verifica della sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la revoca o la modifica dello speciale programma di protezione di cui all’art. 13 quater, comma 3 della succitata legge n. 82/1991, ossia alla scadenza del termine di durata dell’applicazione del programma medesimo (nel caso di specie 6.10.2007), sia di pareri resi dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Catania, Palermo, Messina e Reggio Calabria.

In particolare, le D.D.A. di Palermo e di Reggio Calabria hanno formulato giudizi sfavorevoli riguardo all’attività di collaborazione del ricorrente sig. A.G. con gli organi giudiziari, avendo riscontrato l’una l’irrilevanza e l’infondatezza delle informazioni rese dal collaboratore di giustizia ai fini della cattura del boss Provenzano, l’altra per aver espresso un giudizio negativo sul comportamento processuale di quest’ultimo, in considerazione della scarsa attendibilità delle sue dichiarazioni, rivelatesi sostanzialmente prive di veridicità.

Si osserva, altresì, che la D.D.A. di Reggio Calabria, con nota del 7 novembre 2007, ha riscontrato, in relazione a specifici procedimenti giurisdizionali, la sussistenza di elementi estremamente negativi per quel che concerne l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal sig. A.G., alcune delle quali involgenti gli stessi magistrati e rivelatisi inconsistenti, le altre comprovanti la circostanza che lo stesso sig. G. aveva riferito il falso in relazione a fatti oggetto di sue dichiarazioni.

Emerge, inoltre, dalla deliberazione gravata che sul parere reso dalla D.D.A. di Messina con nota del 22 ottobre 2007, che ha riferito in ordine alla situazione di pericolo ed alla rilevanza delle dichiarazioni rese dal sig. G. ritenute "quantitativamente limitate ma di alto livello in merito ad asseriti rapporti tra criminalità organizzata ed imprenditori locali….", la Direzione Nazionale Antimafia ha svolto sue specifiche e puntuali considerazioni in ordine alla condotta collaborativa tenuta dallo stesso, ritenuta "non del tutto lineare" in quanto caratterizzata da dichiarazioni prive di riscontri.

Difatti, la Direzione Nazionale Antimafia, pur riconoscendo alle affermazioni del sig. G. la valenza di aver consentito una ricostruzione dei rapporti tra "malaffare, pubblici poteri, criminalità ed imprenditoria nella città di Messina", ne ha però riscontrato l’estraneità rispetto alle vicende e dinamiche malavitose per le quali il ricorrente stesso era stato ammesso precedentemente al programma provvisorio speciale di protezione, ritenendo sussistenti i presupposti per la revoca del programma speciale di protezione, "risultando minata la condizione essenziale in punto di collaborazione…dire la verità è la regola prima cui il collaboratore deve attenersi nel suo rapporto con l’A.G.".

Orbene, ai fini del decidere il Collegio osserva che la revoca del programma di protezione nei confronti del sig. A.G. e dei suoi familiari risulta essere stata adottata dalla Commissione centrale intimata sulla base di effettivi riscontri e di una attività valutativa del suo apporto collaborativo svolti sia dalle D.D.A che dalla Direzione Nazionale Antimafia nell’ambito della sua peculiare attività di raccordo e di sintesi delle singole valutazioni espresse dalle Direzioni distrettuali interessate all’attività di collaborazione anzidetta che hanno accertato l’insussistenza dei presupposti, ex art. 9, commi 2 e 3 della legge n. 82/1991, che avevano condotto gli organi giudiziari e la Commissione centrale a sottoporre gli odierni ricorrenti al programma speciale di protezione.

Occorre difatti osservare che il provvedimento di revoca di detto programma interviene, ai sensi dell’art. 13 quater, comma 1 della riferita legge, all’esito dello svolgimento dell’attività di verifica volta ad accertare la persistenza dei presupposti per la sottoposizione del collaboratore di giustizia e dei suoi familiari alle misure di protezione le quali possono, per stessa previsione normativa, essere revocate o modificate in relazione all’attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.

Nel caso in esame emerge, dunque, che la delibera impugnata è stata adottata sulla base della condotta tenuta dal sig. A.G., valutata ai sensi dell’art. 13 quater ed in relazione alle dichiarazioni rese alle D.D.A. che sono state ritenute prive del carattere di intrinseca attendibilità e veridicità.

Rileva, altresì, il Collegio che lo stesso decreto ministeriale 23.4.2004, n. 161, reca specifiche disposizioni che prevedono sia lo svolgimento di un’attività di verifica della persistenza dei presupposti che avevano giustificato l’adozione del programma speciale di protezione (art. 10, commi 7 e 9), con indicazione dei procedimenti in cui il collaboratore è stato o risulti ancora impegnato o nei quali abbia reso deposizioni, dello stato degli stessi, nonché dei provvedimenti giudiziari emessi e di ogni altro elemento utile ai fini di tale valutazione la facoltà di pervenire ad una revoca o ad una non proroga delle misure o del programma di protezione anche con riferimento alle ipotesi previste a norma dei commi 1 e 2 dell’art. 13 quater della legge n. 82 del 1991.

Ritiene, pertanto, il Collegio che nella fattispecie in esame la revoca del programma di protezione altro non discende che dall’applicazione della disposizione di cui al comma 1 dell’art. 13 quater, in ragione della accertata insussistenza di un apporto collaborativo connotato dalla sussistenza dei predetti presupposti di legge.

Né, infine, possono ritenersi presupposti favorevoli, ai fini della prosecuzione della parte ricorrente al programma anzidetto, le dichiarazioni rese dal G. concernenti i rapporti tra la malavita locale, le imprese ed alcuni esponenti politici della città di Messina, non coincidendo tali rivelazioni con quelle per le quali il predetto ed il suo nucleo familiare erano stati assoggettati alle predette misure di protezione.

Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta che, contrariamente a quanto assunto dalla Commissione intimata, non si verterebbe nel caso di specie nelle ipotesi di revoca cd. obbligatoria del programma di protezione, non sussistendo alcuna inosservanza da parte del ricorrente anzidetto degli impegni assunti a norma dell’art. 12, comma 2, lett. b) della legge n. 82/1991.

Osserva il Collegio che l’art., 13 quater, comma 2, primo periodo della citata legge dispone che costituiscono fatti che comportano la revoca (cd. obbligatoria) delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli impegni assunti a norma dell’articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonché la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale. Costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell’articolo 12.

La norma di cui all’art. 12, comma 2 prevede l’obbligo di sottoscrizione delle speciali misure di protezione da parte degli interessati, i quali si impegnano personalmente (lett. b) a sottoporsi a interrogatori, a esame o ad altro atto di indagine, ivi compreso quello che prevede la redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.

Rileva, a tale riguardo, il Collegio che la censura appare priva di consistenza, atteso che il richiamo alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 12 comma 2, lett. b), operato dalla Commissione, appare recessivo ed ininfluente rispetto alle preponderanti e decisive valutazioni sia delle Direzioni Distrettuali che della Direzione Nazionale Antimafia che hanno indotto la Commissione a determinarsi mediante l’adozione del provvedimento di revoca del programma speciale di protezione, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 13 quater della legge n. 82/1991.

Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 del D.M. n. 161/2004; asserisce che il provvedimento di revoca del programma di protezione è stato adottato esclusivamente su iniziativa della Commissione centrale medesima e non anche su proposta delle Autorità competenti, ossia del Prefetto o del Servizio centrale di protezione, ovvero su iniziativa dell’Autorità giudiziaria.

Osserva il Collegio che l’art. 11 del citato D.M. prevede al comma 2 che "Il Prefetto e il Servizio centrale di protezione informano la Commissione centrale, l’Autorità proponente ed in Procuratore nazionale antimafia o il Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di ogni comportamento o circostanza che possono integrare i presupposti per la revoca delle speciali misure di protezione"; il successivo comma 3 dispone che "La Commissione centrale, una volta ricevuta dal Servizio centrale di protezione o dal prefetto la nota informativa di cui al comma 2, chiede all’Autorità proponente, al Procuratore nazionale antimafia o al Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di esprimere un parere in ordine alla modifica o alla revoca delle speciali misure di protezione in conseguenza dei fatti segnalati….".

Osserva il Collegio che i pareri formulati dalle D.D.A nonché dalla Direzione Nazionale Antimafia, innanzi richiamati, in relazione alla modifica od alla revoca delle misure speciali di protezione – rectius programma – risultano essere stati resi ai sensi del successivo comma 5 a norma del quale "Quando l’Autorità proponente ne fa motivata richiesta la Commissione verifica la permanenza delle condizioni che hanno determinato l’applicazione delle speciali misure di protezione, provvedendo, se necessario, alla modifica o alla revoca delle medesime".

Ne consegue, pertanto, che il dedotto motivo deve ritenersi infondato.

Con quarto motivo di ricorso si lamenta l’adozione del provvedimento di revoca, in via derivata anche ai familiari del sig. A.G., del programma speciale di protezione per insussistenza di legittimi presupposti.

La censura è priva di pregio, tenuto conto che, nel caso di specie, le riferite valutazioni espresse dalle D.D.A e dalla Direzione Nazionale Antimafia sull’apporto di quest’ultimo all’attività investigativa e processuale di lotta alla criminalità organizzata, in quanto incidenti sulla specifica posizione del collaboratore non possono quanto ai relativi effetti che riverberarsi anche nei riguardi di coloro che ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 9, comma 5 della legge n. 82/1991 erano stati ammessi allo specifico programma di protezione sulla base dei presupposti normativi successivamente rivelatisi, in sede di rituale e periodica verifica, insussistenti.

Pertanto, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio possono essere compensate, stante la peculiarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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