Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-10-2011) 15-11-2011, n. 41723 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Genova, giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da M.S., volta alla declaratoria della continuazione tra i reati oggetto di sei sentenze di condanna.

Osservava, a ragione, che i fatti cui si riferivano dette sentenze, costitutivi degli stessi e di diversi reati, erano da ritenere espressioni di differenti e autonome determinazioni criminose, non bastando l’omogeneità delle violazioni e il contesto temporale a farli ritenere risalenti tutti ad una medesima e originaria ideazione criminosa, in difetto di altri e più significativi elementi.

2. Ha proposto ricorso il condannato a mezzo del difensore avvocato Riccardo Caramello, che chiede l’annullamento della ordinanza impugnata denunziando violazione di legge e vizi di motivazione.

Lamenta, in particolare: l’assoluta mancanza di considerazione di aspetti, pure rilevanti, quali la contiguità temporale e la omogeneità in concreto delle condotte sostanzialmente riconducibili a due gruppi di reati (l’uno, composto dai reati commessi dal (OMISSIS), oggetto delle prime quattro condanne indicate nell’istanza; l’altro, composto dai reati commessi dall'(OMISSIS), oggetto delle ultime due condanne), tutti contro il patrimonio e realizzati con il medesimo modus operandi; l’apparenza della giustificazione data dalla Corte di appello alla propria decisione, priva di riferimenti concreti idonei a farne comprenderne le reali ragioni.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

2. Anzitutto va detto che la motivazione ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta considerata dal giudice e la fattispecie astratta e di indicare i dati materiali e le ragioni che all’autorità giudiziaria hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta (S.U. n. 2451 del 27 settembre 2007, Magera;

S.U. 26 novembre 2003, n. 23/2004, Gatto). E’ se è vero che codesta funzione può, a seconda dei casi, richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole, essa presuppone in ogni caso la indicazione chiara dei dati fattuali posti a fondamento della valutazione effettuata.

Nessun preciso dato fattuale è, invece, riferito nel provvedimento impugnato. Da esso non è dato ricavare neppure la tipologia e la data dei reati cui si riferiva la richiesta del condannato. Nè è sufficiente ad emendare il difetto il richiamo per relationem all’istanza del condannato, posto che esso non basta a dimostrare che il giudice dell’esecuzione ha effettivamente letto le sentenze di condanna e valutato le condotte e i fatti in esse riferiti.

Hanno dunque ragione il ricorrente e il Procuratore generale allorchè osservano che nel caso in esame la motivazione che sorregge la decisione è apparente.

2. Deve poi ricordarsi che, se è vero che la unicità di disegno criminoso, richiesta dall’art. 81 c.p., comma 2, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati, la nozione di continuazione neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati ab origine dettagliatamente previsti e progettati. La programmazione iniziale può essere anche generica (la norma parla di "disegno"), con riserva di "adattamento" alle eventualità del caso, purchè unico sia il programma e unitario lo scopo. E nell’impossibilità di percepire altrimenti tali aspetti, che attengono alla sfera psicologica dell’agente, la coerenza modale degli episodi e la loro contiguità temporale fungono da indizi della assenza di interruzioni o soluzioni della continuità: della impossibilità, in altri termini, di affermare che gli episodi successivi, pur mossi da analogo intento, siano frutto però dell’insorgenza di autonome risoluzioni antidoverose.

E’ esatto perciò escludere che una programmazione e deliberazione unitaria possa essere desunta soltanto dall’analogia dei singoli reati per come in concreto realizzati, ovvero soltanto dall’unitarietà del contesto, o, ancora, solamente sulla scorta della identità della spinta a delinquere o della brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi. Ciascuno di codesti fattori, nessuno da solo "indizio necessario" e sufficiente, aggiunto ad altro incrementa tuttavia la possibilità che debba riconoscersi l’esistenza del medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento delle coincidenze indiziarie favorevoli.

Non risponde pertanto ai canoni di un corretto giudizio inferenziale l’osservazione del provvedimento impugnato, che la sola "omogeneità delle imputazioni" e il solo loro "ambito temporale" non valevano (singolarmente) a ritenere sussistente il medesimo disegno criminoso, in assenza di una indagine sulle modalità di realizzazione dei singoli fatti e di una valutazione congiunta, e comparata, degli elementi fattuali acquisiti.

3. Il provvedimento impugnato deve per conseguenza essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Genova, che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi enunziati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Genova.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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