T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 20-12-2011, n. 9934

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La DIRER Lazio (di seguito: Direr) – che si definisce una delle OO.SS. maggiormente rappresentative dei funzionari dirigenti e direttivi della Regione Lazio – nonché i funzionari direttivi della G.R. del Lazio in epigrafe nominati, hanno impugnato gli atti sopra indicati fra i quali si annoverano alcune determinazioni dirigenziali con le quali sono state indette 7 procedure concorsuali per la copertura di, complessivamente, 50 posti di livello dirigenziale (24 posti di dir. te Area amm.va; 12 posti di dir. te area Economico finanziaria; 6 posti di dir. te ingegnere, 3 posti di dir. te Area amm. va con funzioni di Esperto in relazioni internazionali e comunicazione pubblica; 3 posti di dir. te Area informatica; 1 posto di dir. te pedagogista).

I quattro mezzi di gravame prospettati sono tutti così formalmente rubricati: violazione e falsa applicazione del d.lgs. n.165 del 2001, della L.r. Lazio n.6 del 2002 del Reg.to reg. le n.1/2002, della legge n.241 del 1990 nonché dei principi vigenti in materia anche ai sensi degli artt.97 e 98 della Cost. ne.; Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria, illogicità, difetto di motivazione e sviamento di potere.

L’intimata amministrazione si è costituita in giudizio e con memoria ha partitamente contestato le deduzioni avversarie proponendone la reiezione.

Ciascuna delle parti in causa ha successivamente depositato note conclusionali; in particolare l’amministrazione regionale ha eccepito la carenza della legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente.

All’udienza del 10.11.2011 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

Motivi della decisione

I)- Prima di procedere allo scrutinio dei profili in rito e di merito della causa, reputa il Collegio opportuno soffermarsi sulla circostanza che non v’è alcuna correlazione tra la maggior parte della nutrita serie di atti elencati nell’epigrafe del gravame (alcuni dei quali addirittura non precisati, tant’è che detta elencazione si conclude con la parola "etc…") e le censure formalmente e sostanzialmente azionate. Rebus sic stantibus, detti provvedimenti, pur se nominalmente inclusi nel ventaglio dell’impugnativa (ad es. la d.d. recante l’avviso di mobilità volontaria per la copertura di 10 posti vacanti nella dotazione organica regionale), di fatto, ne rimangono estranei indirizzandosi le censure dedotte esclusivamente (come appresso si vedrà) nei riguardi delle determinazioni dirigenziali con le quali sono stati banditi i concorsi di cui sopra: concorsi che tutti i funzionari ricorrenti, non avendo il titolo di studio richiesto quale requisito di partecipazione (hanno fatta domanda di ammissione per mero tuziorismo), sono interessati ad annullare acchè siano riediti in sintonia con quanto in gravame rappresentato.

II)- Tanto chiarito, lo scrutinio dei profili di merito del gravame deve essere preceduto dall’eccezione, già in narrativa anticipata, polarizzata sulla carenza di legittimazione ad agire in giudizio della Direr. Tale questione riporta all’attenzione della Sezione una tematica già affrontata e definita con la sent. nr. 38002/2010. Ivi si è testualmente, per la parte di interesse, affermato: " Tale associazione sindacale (che peraltro non ha prodotto la deliberazione che autorizza il proprio l.r. a promuovere il ricorso in nome e nell’interesse del sodalizio), ha esibito uno stralcio del proprio Statuto dal cui art.4 si evince che essa si propone, in senso generale, di "tutelare la dignità, il ruolo, la funzione, la professionalità e gli interessi dei dirigenti e dei quadri direttivi dell’amministrazione regionale……." nonché di "potenziare la funzionalità" di quest’ultima e di "operare affinchè l’organizzazione degli uffici dell’amministrazione regionale e la posizione funzionale dei dirigenti e dei quadri direttivi sia in ogni tempo aderente alle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nell’interesse degli amministrati".

Tanto appurato va allora ricordato che per pacifica giurisprudenza, le associazioni sindacali, in quanto costituite ai fini della tutela dei lavoratori, hanno legittimazione ad agire in giudizio per far valere, oltre che interessi loro propri in quanto organizzazione, anche interessi riconducibili alla categoria di cui hanno la rappresentanza; tale legittimazione, tuttavia, va esclusa con riferimento alle azioni nelle quali l’interesse dedotto in giudizio concerne una parte soltanto delle categorie rappresentate o singoli associati o, in ogni caso, in cui le posizioni delle categorie rappresentate possano essere tra loro contrapposte di modo che il sindacato si pone in conflitto di interesse con alcuni dei suoi rappresentati (cfr., ex multis, Cons.St., n.351/2007 e n.2565/2004; n.9158 del 2003, proprio su appello della Direr, che ha escluso, ai fini del diritto di azione, ogni ipotesi di pur potenziale conflitto di interessi in relazione alla posizione di singoli iscritti; n.943 del 1999; n.1082 del 1994; n.531 del 1993; C.G.A. 16.11.1985 n.197).

E tale pacifico postulato trova applicazione nel caso di specie in cui il concorso di cui trattasi non solo è aperto ai funzionari direttivi di ruolo delle pp.aa. (e dunque anche ai funzionari direttivi della G.R.) in possesso di uno dei titoli di studio richiesti ma, altresì, prevede la riserva del 40% dei posti messi a concorso ai dipendenti di ruolo del Consiglio Regionale del Lazio in possesso del titolo di studio richiesto e dell’anzianità di servizio prevista dal punto 3 dell’art.2 del bando.

Segue a tanto che, essendo precipuo interesse dei funzionari direttivi regionali in possesso di tali titoli quello di partecipare alla selezione per progredire in carriera, l’obiettivo avuto di mira dalla Direr non è giuridicamente riferibile alle intere categorie rappresentate (dirigenti e direttivi) ma è idoneo a dividerle in posizioni disomogenee e conflittuali, con accessiva carenza della legittimazione ad agire dell’associazione che deve dunque essere estromessa dal giudizio".

Analoga conclusione si impone con riguardo al caso in trattazione che è totalmente assimilabile a quello deciso con la sentenza sopra ricordata, con l’unica variante che, per i concorsi impugnati col corrente gravame, la riserva dei posti è (non del 40%, ma) del 50% a favore (non dei dipendenti di ruolo del C.R., ma) del personale interno della G.r. del Lazio in possesso dei requisiti richiesti.

III)- Il primo dei motivi di ricorso trae alimento dalla circostanza che solo le determine dir. li di indizione dei concorsi de quibus sono state pubblicate, oltre che sul B.u.r.L., anche, per estratto, sulla G.U. R.I. e non anche i relativi avvisi di rettifica (divulgati solo sul B.u.r.L.): omissione questa che, anche alla luce dei contenuti sottoposti a rettifica, comporta, ad avviso dei ricorrenti, una lesione ai principi della massima partecipazione concorsuale e della par condicio.

L’amministrazione regionale, ovviamente, non concorda con tale impostazione ritenendo (prova) risolutiva della correttezza della propria condotta, la norma dell’art.32 della legge n.69/2009 (c.d. "Brunetta) che ha previsto, a partire dall’1.1.2010, che "gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati".

Pur se la strategia difensiva regionale non è puntuale (invero il c.5 del citato art.32 fa salva "la pubblicità nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e i relativi effetti giuridici,…."), in ogni caso la censura de qua deve ritenersi inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, i funzionari direttivi ricorrenti hanno, in quanto ne sono venuti a conoscenza (e ciò non è contestato), fatto domanda di partecipazione alle procedure concorsuali impugnate; e tanto li legittima a tutelare in giudizio la propria posizione giuridica ma non li investe della titolarità di una sorta di azione popolare a tutela di interessi di terzi che alla medesima competizione non hanno potuto partecipare perché il concorso non è stato pubblicizzato con le formalità prescritte. A questi ultimi (cui è stata impedita la conoscenza dell’esistenza della procedura concorsuale tramite la fonte legittima normativamente prevista e che, pertanto, non hanno potuto presentare la domanda), va riconosciuta, per pacifica giurisprudenza (cfr. ex multis, Cons. St. n.871/2010), la legittimazione alla proposizione del rimedio giurisdizionale, senza che l’interesse dagli stessi reclamabile (alla ammissione alla selezione) possa essere fatto proprio e perseguito da altri che già rivestono la posizione di candidati.

In secondo luogo – e la circostanza è dirimente – gli stessi funzionari direttivi ricorrenti hanno precisato (pag.3 gravame, punto 1.2), di aver presentato la domanda di partecipazione alle procedure concorsuali impugnate "per mero tuziorismo difensivo, pur sapendo di non possedere il diploma di laurea richiesto". Ne segue che, anche ove si accogliesse la censura in argomento e, in forza della pronuncia giurisdizionale, l’amministrazione rinnovasse la procedura concorsuale di cui trattasi dandole la corretta pubblicità, in ogni caso, costoro non potrebbero aspirare a partecipare a detta rinnovata selezione rimanendo sempre privi del requisito del possesso del titolo di studio prescritto.

IV)- Il secondo ed il terzo dei mezzi di gravame interposti possono essere trattati congiuntamente.

Sostengono i ricorrenti che l’attuale dotazione organica dei dirigenti regionali non prevede alcuna distinzione in base ai profili professionali. E ciò è tanto legittimo quanto opportuno atteso che l’unica distinzione possibile è quella tra dirigenti tout court e dirigenti tecnici (i quali ultimi sarebbero coloro che per lo svolgimento dell’incarico dirigenziale necessiterebbe dell’iscrizione ad un Albo professionale). L’unicità del ruolo consente che il dirigente, alla scadenza dell’incarico, sia assegnato ad altra incombenza, evitando la cristallizzazione della professionalità e delle mansioni disimpegnate. Pertanto, nel caso di specie, l’amministrazione avrebbe dovuto bandire un unico concorso (e non 7) ed avrebbe dovuto prevedere l’identità sia dei requisiti di accesso (quindi un diploma di laurea (come peraltro previsto dalla normativa statale e regionale) e non differenti lauree in relazione alla professionalità richiesta) che delle prove selettive. Altra anomalia è data dal fatto che non si prevedono, per alcuni concorsi, conoscenze specialistiche del diritto amministrativo, privato e pubblico, trascurando che il dirigente esplica la sua attività attraverso atti e/o provvedimenti amministrativi e, quindi, favorendo il reclutamento di una classe dirigente incapace di svolgere il proprio mandato.

Le censure in questione non sono da condividere.

In primo luogo è errato sostenere che, nel c.d. sistema del ruolo unico dirigenziale (quale è quello operante presso la G.R. del Lazio) è possibile, di fatto, distinguere solamente tra dirigenti tout court e dirigenti tecnici e prevedere solo per questi ultimi il possesso di conoscenze specialistiche (oltre che dell’iscrizione ad un Albo professionale).

Invero, una distinzione di tale natura non può sostenersi giuridicamente su una situazione di fatto ma diviene lecita solo ed allorquando l’assetto organizzativo dell’ente sia connotato dalla compresenza di due distinti ruoli del personale dirigenziale: il ruolo amministrativo od operativo ed il distinto ruolo tecnico. Naturalmente, poi e in linea di principio, l’esistenza di due distinti ruoli (amministrativo e tecnico) ovvero di un ruolo unico dirigenziale non impedisce di assegnare rilievo, ai fini dell’accesso alla dirigenza, a determinate conoscenze, siano esse di carattere tecnico o specialistico, e conseguentemente giustifica la previsione di distinte procedure concorsuali di accesso.

Scendendo nel concreto, va al riguardo ricordata la l.r. del Lazio n.6 del 2002 ed, in particolare, nell’ambito del relativo Titolo II, (vanno ricordate) le disposizioni degli artt. da 13 a 16 ove si prevede che il ruolo della dirigenza è articolato in due fasce e che l’accesso alla II^ fascia richiede, in ogni caso, il diploma di laurea, attinente al posto messo a concorso (previsione confermata dall’art.181 del Reg.Reg. nr. 1/2002 di organizzazione degli uffici e servizi della Giunta regionale); mentre l’art.175 del citato Reg. Reg. ha istituito, nell’ambito della I^ e II^ fascia del ruolo della dirigenza, le distinte sezioni per l’inserimento dei dirigenti in possesso di specifiche professionalità come di seguito individuate: agronomi, architetti, archeologi, archivisti, bibliotecari, biologi, chimici, economisti, farmacisti, geologi, giuristi, informatici, ingegneri, medici, psicologi, statistici, veterinari.

Sotto il parallelo profilo della legislazione nazionale va poi ricordato che la disciplina normativa di principio, racchiusa nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art.28), impone il possesso del titolo di studio della laurea per l’accesso alla dirigenza, ma non stabilisce affatto che il titolo debba essere omogeneo ed unitario, per ciascuno dei posti di dirigente messi a concorso. Al contrario, è indispensabile che vi sia una precisa congruenza fra il diploma di laurea e le funzioni che dovranno essere svolte.

Dunque il convincimento, palesato in gravame, che sia la normativa regionale che quella statale, richiedono, quale requisito di accesso alla dirigenza, il possesso di una qualunque laurea è esegeticamente errato. Deve, altresì, convenirsi che la scelta organizzativa del ruolo unico dirigenziale non è affatto incompatibile con la previsione (che trova riscontro, come visto, sia a livello legislativo che a livello regolamentare regionale) di appositi posti caratterizzati da specifiche professionalità legate a determinati tipi di funzioni. Che poi per accedere a dette posizioni dirigenziali (il cui fabbisogno è stato accertato previo apposito studio condotto, su commissione della Regione Lazio, dall’Università di Cassino) sia richiesto un differente diploma di laurea è una conseguenza pienamente giustificata che non determina alcun irragionevole trattamento diversificato tra gli aspiranti alla dirigenza.

E da ultimo sono, altresì, privi di fondatezza:

a) l’assunto secondo il quale per alcuni dei concorsi banditi non è illegittimamente prevista, quale requisito di partecipazione, l’iscrizione all’Albo professionale; e tanto atteso che non è stata specificata quale sia la norma statale ovvero regionale che, prevedendo detto requisito, debba ritenersi violata; né, si aggiunge, sono state prospettate le ragioni in forza delle quali detto requisito di ordine meramente formale, sia idoneo a rivelare il possesso, in capo all’aspirante dirigente, di una maggiore attitudine all’esercizio della funzione rispetto a quanti risultino solo abilitati al suo svolgimento;

b) l’assunto secondo il quale la mancata previsione, in relazione ad alcuni dei concorsi impugnati, di specifiche cognizioni giuridico economiche impedirebbe l’efficace e efficiente esercizio dell’azione dirigenziale amministrativa (che si esplica attraverso atti e/o provvedimenti amministrativi), trascurando detto postulato di considerare che la seconda delle prove scritte, in tutti i concorsi, è "mirata a verificare l’attitudine all’analisi ed alla soluzione dei problemi inerenti le funzioni dirigenziali da svolgere".

V)- Con la quarta censura si lamenta che i bandi impugnati consentirebbero la partecipazione, oltre che al personale che abbia il titolo di studio ed esperienza amministrativa già maturata (come richiede l’art.28 del d.lgs n.165 del 2001), anche a soggetti in possesso del solo titolo di studio e non anche di pregressa esperienza lavorativa (con accessiva violazione della disposizione dianzi richiamata). Orbene, e fermo restando:

a) che i bandi impugnati ammettono a partecipare alla selezione i candidati in possesso della laurea nonché di una pregressa esperienza lavorativa biennale o quinquennale; e laddove consentono l’accesso alla selezione a soggetti laureati, privi della predetta esperienza lavorativa, in ogni caso prescrivono a costoro, in aggiunta alla laurea, il possesso: 1) del diploma di specializzazione in una delle discipline oggetto delle prove scritte del bando; ovvero:2) del dottorato di ricerca in una delle discipline oggetto delle prove scritte prevista dal bando; ovvero:3) di altro titolo post universitario in una delle discipline oggetto delle prove scritte prevista dal bando conseguito a seguito di corso di studi di durata almeno biennale con superamento dell’esame finale rilasciato da istituti universitari o stranieri;

b) che i ricorrenti non hanno interesse a far valere la presente censura, poiché, anche ove accolta, comporterebbe la riedizione di un concorso cui essi non potrebbero partecipare perché (pur se detentori di pregressa esperienza lavorativa) privi del titolo di studio prescritto;

(fermo restando quanto sopra), la censura oggetto del corrente scrutinio e, altresì, infondata anche in relazione ai profili di merito.

In primo luogo, il sistema di accesso alla dirigenza pubblica – così come delineato dalla norma dell’art. 28 del d.lgs n.165 del 2001 e diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti – ha, in realtà, carattere multiforme, essendo previsto anche il reclutamento di professionalità provenienti dal settore privato e privi di una specifica esperienza lavorativa nella Pubblica Amministrazione, ovvero in strutture private. A tali soggetti è richiesto (ved. art.28 c.3), oltre al diploma di laurea, un quid pluris (rispetto a siffatta esperienza), rappresentato dal possesso di una laurea specialistica, ovvero di un titolo postuniversitario (diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo postuniversitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri..).

Una disciplina del tutto parallela è prevista nella Regione Lazio nel cui ambito:

a) l’art.16 della l.r. n.6 del 2002, prevede che per l’ammissione ai concorsi per l’accesso alla seconda fascia del ruolo della dirigenza è richiesto in ogni caso il possesso dei seguenti requisiti:

1) diploma di laurea, attinente al posto messo a concorso;

2) cinque anni di servizio effettivo, maturato in posizioni funzionali per il cui accesso sia richiesto il diploma di laurea, nell’amministrazione regionale o in altre amministrazioni pubbliche ovvero l’aver ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in altre strutture, pubbliche o private, per almeno cinque anni, ovvero un diploma di specializzazione universitaria attinente al posto messo a concorso od altri titoli universitari indicati nel regolamento di organizzazione;

b) l’art.181 del Reg. regionale nr. 1/2002 (di organizzazione degli uffici e servizi della Giunta regionale), reitera la previsione legislativa dell’art.16 dianzi ricordata.

Consegue a tanto che la disciplina dei bandi oggetto di impugnativa si pone con le previsioni, statali e regionali, dianzi evocate in perfetta sintonia, con accessiva infondatezza della residua censura in trattazione.

VI)- Conclusivamente il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) così dispone in ordine al ricorso in epigrafe:

così dispone in ordine ai ricorsi in epigrafe:

a) estromette dal giudizio la Direr per carenza di legittimazione ad agire;

b) respinge il ricorso;

c) condanna la Direr ed i funzionari ricorrenti al pagamento, con vincolo di solidarietà, delle spese di lite che liquida in Euro3000,00 a beneficio della resistente amministrazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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