T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 20-12-2011, n. 9900

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. In data 10.11.1992 la Sig.ra E.C. otteneva dal Sindaco del Comune di Valmontone l’autorizzazione n.158 per la costruzione di una tettoia a pensilina delle dimensioni di ml. 1,30 x 5.

L’opera veniva realizzata.

A distanza di alcuni mesi dall’esecuzione dell’opera, il Sindaco del Comune di Valmontone, in conseguenza di un esposto presentato dal vicino del ricorrente – Sig. E.M. – che assumeva di essere stato danneggiato dalla costruzione – a suo avviso realizzata senza il rispetto delle distanze legali – adottava il provvedimento n.48 del 13.2.1993, con il quale revocava l’autorizzazione.

Con il ricorso n.52911993 la ricorrente ha impugnato detto provvedimento di revoca.

Nel chiederne l’annullamento lamenta:

– violazione e falsa applicazione dell’art.4 della L. n.10 del 1977 e dell’art.48 della L. n.457 del 1978, deducendo che l’Amministrazione non può procedere alla revoca, per ragioni di mera opportunità, di una concessione o di una licenza edilizia già assentita; e che le condizioni per l’annullamento d’ufficio non sussistevano;

– eccesso di potere per difetto di motivazione, deducendo che quand’anche il provvedimento impugnato fosse un "annullamento d’ufficio" (dunque fondato su un’asserita illegittimità e non già su ragioni di mera opportunità), esso sarebbe egualmente illegittimo per difetto di motivazione, posto che in esso non vengono spiegate le ragioni specifiche di ordine giuridico che hanno condotto la PA alla sua adozione;

– eccesso di potere sotto altro profilo, deducendo che in ogni caso l’Amministrazione non ha motivato in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio.

L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

II. In pendenza del giudizio, il Sindaco del Comune di Valmontone ha adottato l’ordinanza n.70 del 19.4.1993, con cui ha ordinato alla ricorrente la demolizione della tettoia per cui è causa.

Con il ricorso n.87011993 la ricorrente ha impugnato anche il predetto provvedimento sopravvenuto e ne chiede l’annullamento lamentandone la illegittimità derivata dalla illegittimità del provvedimento di revoca (che ne costituisce il presupposto).

Anche in tale giudizio l’Amministrazione intimata non si è costituita.

III. Con ordinanze nn.1499 e 2194 del 1993 questo TAR h accolto le istanza di sospensione cautelare avanzate dalla ricorrente.

Infine nella camera di consiglio indicata in premessa la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva dei ricorsi in esame, e del nesso di pregiudizialità che li lega, se ne dispone la riunione.

2. I ricorsi meritano entrambi accoglimento.

2.1. Con il primo ricorso – i cui motivi di gravame vanno trattati congiuntamente in relazione all’unità argomentativa che li lega – la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.4 della L. n.10 del 1977 e dell’art.48 della L. n.457 del 1978 ed eccesso di potere per difetto di motivazione sotto un duplice profilo, deducendo:

– che l’Amministrazione non può procedere alla "revoca", per ragioni di mera opportunità, di una concessione o di una licenza edilizia già assentita; e che nella specie le condizioni per l’"annullamento d’ufficio" non sussistevano;

– che quand’anche il provvedimento impugnato fosse un "annullamento d’ufficio" (dunque fondato sull’asserita illegittimità dello stesso e non già su ragioni di mera opportunità), sarebbe egualmente illegittimo per difetto di motivazione, posto che in esso non vengono spiegate le ragioni specifiche di ordine giuridico che hanno condotto la PA alla sua adozione;

– e che, in ogni caso, l’Amministrazione non ha motivato in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio.

L’articolata doglianza merita condivisione.

2.1.1. L’Amministrazione ha denominato "revoca" il provvedimento impugnato.

Se così fosse esso sarebbe illegittimo in quanto gli "atti vincolati", quale era nel caso di specie quello revocato (trattandosi di un provvedimento in materia edilizia il cui rilascio non era condizionato da pareri basati su elementi di discrezionalità), non possono essere ritirati per ragioni di mera opportunità.

2.1.2. Se, invece, l’Amministrazione ha inteso adottare un atto di annullamento d’ufficio (errando, comunque, nella sua denominazione), allora il provvedimento in questione è illegittimo per difetto di motivazione sotto i seguenti due autonomi profili:

– innanzitutto in quanto l’Amministrazione ha omesso di indicare con precisione quali sarebbero le norme del regolamento edilizio e le norme tecniche che sarebbero state violate;

– e, in secondo luogo, in quanto ha omesso di motivare specificamente in ordine alle ragioni di interesse pubblico poste a fondamento dell’atto di autotutela.

E poiché entrambe le motivazioni sopra indicate erano (e sono ritenute dalla giurisprudenza) supporti necessari ed imprescindibili nel caso di provvedimento di annullamento d’ufficio, il provvedimento impugnato non resiste alle censure sotto alcun profilo.

2.1.3. Per completezza espositiva va infine sottolineato che quand’anche la motivazione posta a fondamento dell’atto di ritiro dovesse essere in qualche modo ravvisabile nella circostanza – emergente, però, solamente dagli atti processuali, e non anche dal provvedimento di revoca – che la tettoia è stata realizzata senza il rispetto delle distanze legali dal confine, i termini della questione non muterebbero.

Ed invero – a parte il fatto, di per sé assorbente, che tale circostanza non emerge dal provvedimento di ritiro (che pertanto è comunque illegittimo sotto il profilo della carenza di motivazione) – non può essere ignorato che in materia di diritto edilizio i provvedimenti autorizzatori (dunque espansivi della sfera giuridica dei destinatari) vengono adottati (e sono da considerare sempre) adottati con clausola di salvaguardia per i diritti dei terzi (id est: "salvi i diritti dei terzi"). Nel caso di specie, dunque, senza pregiudizio per il vicino, il quale aveva ed ha avuto la possibilità (e l’onere) di agire innanzi al Giudice Ordinario per la tutela del suo diritto asseritamente leso.

2.2. Dalla fondatezza del primo ricorso deriva la fondatezza del secondo, con il quale la ricorrente lamenta la c.d. "illegittimità derivata" dell’ordinanza sindacale di demolizione adottata in conseguenza del provvedimento di revoca.

Ed invero i vizi dell’atto presupposto – già rilevati nel precedente capo, al quale si rinvia – si riflettono su quello consequenziale, invalidandolo per le medesime ragioni.

3. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi in esame vanno riuniti e accolti entrambi.

Si ravvisano tuttavia giuste ragioni per non statuire alcunché in ordine alle spese processuali affrontate dalla ricorrente, che pertanto restano a suo carico.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi indicati in epigrafe e li accoglie entrambi, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Nulla statuisce in ordine alle spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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