Cassazione civile anno 2005 n. 1321 Contenzioso Imposta incremento valore immobili

BENI IMMOBILI E MOBILI TRIBUTI LOCALI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con atto registrato il 2 aprile 1991, i germani X e X X alienarono ai signori X X e X X metà di uno stabile e metà dell’area adiacente per L. 44.000.000 siti nel territorio del comune di Sesto San Giovanni. X X X e X e X cedettero a X X e X X le proprie quote della restante metà del fabbricato per un valore dichiarato di L. 22.000.000. Dichiararono di volersi avvalere, ai fini dell’attribuzione della rendita catastale, del sistema automatico di cui all’art. 12 del d.l. 70/88 convertito in legge n. 154/88.
Con atto notificato il 19.1.95 l’Ufficio del Registro di Lodi provvide a liquidare l’imposta di registro, ipotecaria e catastale e l’INVIM, elevando il valore finale da L. 44.000.000 a L. 65.650.000, e da L. 22.000.000 a L. 80.350.000, con avviso di liquidazione che i contribuenti impugnarono innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Lodi, deducendo che il valore del fabbricato, anche in considerazione del suo degrado, era inferiore, come emergeva dalla perizia allegata, e, in ogni caso, le due porzioni dovevano avere valori corrispondenti.
Nel contraddittorio dell’ufficio, la Commissione adita accolse il ricorso nel merito con sentenza n. 179/08/99, giudicando l’accertamento fondato su di un errore di calcolo dei valori catastali ovvero nell’attribuzione della rendita.
L’ufficio competente impugnò questa decisione con atto d’appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che lo respinse con sentenza n. 337/55/00 del 10.11.2000-10.5.2001, sull’assunto che l’ufficio aveva erroneamente ritenuto assoluto il criterio tabellare, che non esclude invece la possibilità di attribuire all’immobile un valore inferiore a quello risultante dall’accatastamento, e nella specie, peraltro, il valore contestato si era rivelato inesatto, dal momento che la sua pedissequa applicazione aveva determinato l’attribuzione alle porzioni A e B, che rappresentavano un quarto del fabbricato, di un valore superiore alla restante metà.
Ricorrono per la cassazione di questa pronuncia il Ministero delle Finanze e per quanto occorra l’Agenzia delle Entrate. I contribuenti non si sono costituiti.

Motivi della decisione
I ricorrenti denunciano violazione dell’art 12 del d.l. n. 70/1988 convertito in legge n. 154/88, e correlato vizio motivazione, e sostengono, a suffragio della censura, la natura assoluta del criterio tabellare, alla cui stregua deve essere determinato il valore imponibile, che non consente correttivi, ancorchè le condizioni effettive dell’immobile non corrispondano alla rendita attribuita.
Osservano ancora che nel caso di specie, peraltro, non avendo i contribuenti impugnato il classamento, questo rappresentò definitivo nonchè esclusivo parametro di riferimento ai fini del computo della rendita. Il ricorso è fondato.
La pronuncia impugnata risolve la questione controversa asserendo, sulla premessa di principio che il criterio automatico sancito nell’art. 12 della legge n. 152/88, del quale i contribuenti fecero richiesta d’applicazione, non rappresenta un metodo assoluto di valutazione ma solo un limite al valore attribuibile al bene, che non è esclusa la possibilità di riconoscere all’immobile un valore inferiore rispetto a quello risultante dal classamento. Tenendo quindi conto delle caratteristiche dell’immobile, la Commissione ha disatteso le stime operate dall’ufficio, reputandole altresì illogiche, siccome il valore attribuito alle porzioni A e B pari ad un quarto del fabbricato risultava superiore a quello assegnato alla restante porzione C, pari alla metà dell’edificio. Questa costruzione logica è errata.
La controversia deve infatti essere risolta sulla base della diversa impostazione secondo la quale, nel caso in cui il contribuente chieda di avvalersi del sistema automatico di valutazione in applicazione dell’art. 12 del d.l. n. 70/1988, con applicazione della relativa rendita catastale, l’ufficio non ha altro compito che quello di emettere avviso di liquidazione, il cui contenuto deve contenere dati di classamento e rendita, in modo da consentire al contribuente di far valere le sue ragioni impugnando la rendita, se la ritenga non conforme ai parametri legali, nei confronti dell’ufficio competente dell’UTE, ora Agenzia del Territorio, e quindi di …. (illeggibile) la maggiore imposta, sulla base del criterio tabellare. Nel caso previsto dall’art. 12 citato, infatti, l’avviso di liquidazione dell’imposta discende da un sistema che priva l’ufficio di ogni potere di valutatone discrezionale, sia pur solo tecnica, e fonda la determinazione del tributo sulla base di una mera operazione aritmetica, effettuata moltiplicando le rendite attribuite dall’UTE per un coefficiente predeterminato in base alla natura dell’immobile (cfr. per tutte Cass. n. 7123/2003 e n. 13241/2003). In altre parole, il sistema sopra delineato comporta che il valore dichiarato viene sostituito dalla risultante del calcolo indicato e, l’ufficio, trattandosi di mero recupero dell’imposta, legittimamente procede con avviso di liquidazione.
Il principio è pacifico e fermo nella giurisprudenza di questa Corte(v. per tutti, i precedenti citati) e non necessita di rivisitazione, in assenza di validi argomenti di smentita o confutazione ricavabili dalla difesa spiegata in sede di merito dai contribuenti e condivisi dagli organi giudicanti.
Nel caso di specie, pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto prendere atto sia della scelta effettuata dai contribuenti, che li obbligava ad accettare la determinazione dell’imposta sulla base del valore tabellare, sia del fatto che il ricorso, diretto solo contro l’avviso di liquidazione, non introduceva doglianza indirizzata contro l’Ute, che avrebbe dovuto essere invece chiamato in causa nel termine di cui all’art. 74 della legge n. 342/2000, al fine di aprire il contraddittorio anche nei suoi confronti per i pretesi errori commessi nel classamento e nell’attribuzione della rendita, e che invece restò del tutto estraneo alla lite giudiziaria. Tanto premesso il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata. Non necessitando di ulteriori indagini istruttorie, la causa può peraltro essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., disponendo il rigetto del ricorso introduttivo dei contribuenti.
Ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.

P. Q. M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei contribuenti; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso il Roma, il 16 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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