Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 19-10-2011) 15-11-2011, n. 41716

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile l’istanza avanzata da S.A. ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, comma 2, finalizzata ad ottenere l’applicazione della misura alternativa dell’affidamento in prova terapeutico in relazione alla condanna riportata con sentenza divenuta definitiva il giorno 11.11.2010.

Osservava che la disposizione evocata nell’istanza, richiede, quale presupposto per l’applicazione provvisoria della misura ad opera del Magistrato di sorveglianza, che l’ordine di carcerazione sia stato eseguito, mentre nel caso di specie ciò non era ancora avvenuto.

2. Ricorre l’imputato a mezzo del difensore, avvocato Cesare Piraino, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato denunziando violazione di legge.

Deduce che sia il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 sia il tenore testuale dell’art. 94, comma 1, stesso decreto – che si riferisce a situazione in cui la pena deve essere ancora eseguita – rendono evidente che la ratto dell’istituto dell’affidamento in prova terapeutico è di evitare l’inutile e dannoso transito del tossicodipendente in carcere. Alla luce di tale finalità dovrebbe essere letto anche l’art. 94, comma 2, dovendosi perciò intendere che detta previsione non esaurisce le ipotesi in cui il Magistrato di sorveglianza può provvedere alla concessione in via provvisoria della misura, descrivendo invece soltanto la procedura semplificata da seguire nel caso in cui l’ordine di carcerazione è stato già posto in esecuzione. Per conseguenza la circostanza che l’ordine di carcerazione debba ancora essere eseguito non precluderebbe la concessione del beneficio nè l’ammissibilità della domanda.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso è privo di fondamento.

Il sistema dell’affidamento in prova terapeutico, delineato dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94, è effettivamente teso ad assicurare che il condannato tossicodipendente suscettibile di recupero non faccia inutilmente ingresso o non resti inutilmente in carcere, a condizione che lo stesso abbia intrapreso o intenda seriamente intraprendere un programma terapeutico idoneo a prevenire il pericolo di recidiva e a rimuovere la spinta al delitto legata alla tossicodipendenza.

Ma, ferma la competenza del Tribunale di sorveglianza per la decisione sull’applicazione della misura, competenze e controlli in relazione agli interventi immediati, deputati a garantire in via provvisoria le finalità che il legislatore intende assicurare, sono variamente distribuiti a secondo del momento in cui, dopo la sentenza definitiva, risultino seriamente prospettate le condizioni per l’ammissione all’affidamento terapeutico.

In base all’art. 94, comma 1, se la pena detentiva deve ancora essere eseguita e il condannato è già sottoposto a un programma o intende sottoporvisi, deve rivolgere la sua istanza di affidamento terapeutico al Tribunale di sorveglianza. E, se al momento in cui interviene il deposito della sentenza definitiva il programma è già in corso e la sua interruzione può pregiudicare la disintossicazione dell’imputato, è il Pubblico ministero che – ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, e anche in deroga alla previsione del comma 9, lett. c), medesimo art., come espressamente prevede il D.L. n. 272 del 2005, art. 4, comma 2, conv. con modificazioni in L. n. 46 del 2006 – deve provvedere alla sospensione dell’ordine di esecuzione sino alla decisione sulla applicazione della misura ad opera del Tribunale di sorveglianza, disponendo i necessari controlli. Nel caso non vi provveda il condannato può rivolgersi con incidente ex art. 666 cod. proc. pen. al giudice dell’esecuzione.

Se invece l’ordine di esecuzione è stato eseguito, ma vi sono concrete indicazioni circa la fondatezza della domanda e il pregiudizio che scaturirebbe dalla protrazione della detenzione, spetta al Magistrato di sorveglianza provvedere interinalmente alla applicazione della misura, così di fatto sospendendo la detenzione intramurale, sino alla decisione "definitiva" del Tribunale di sorveglianza.

2. Del tutto correttamente, perciò, l’istanza di applicazione provvisoria della, misura rivolta al Magistrato di sorveglianza prima dell’inizio dell’esecuzione è stata dichiarata inammissibile. Mentre a prevenire i rischi di una improvvida carcerazione in costanza di disintossicazione e a scapito della riuscita del trattamento, il condannato ben avrebbe potuto, sussistendone i presupposti, rivolgere al Pubblico ministero richiesta di sospensione dell’esecuzione a norma del D.L. n. 272 del 2005, ricordato art. 4, comma 2. 3. Il ricorso non può, pertanto, che essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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