Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-10-2011) 15-11-2011, n. 42020

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza in data 30.11.2007 dichiarava D.M. responsabile del reato di cui all’art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 4, così riqualificata l’originaria imputazione di ricettazione, per avere acquistato o comunque ricevuto il telefono cellulare provento di furto in danno di V.M..

2. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza in data 29.09.2010, in riforma della richiamata sentenza del Tribunale di Brindisi, escludeva la sussistenza della aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 4, e dichiarava sussistente l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, confermando nel resto l’impugnata sentenza.

Sul punto, il Collegio evidenziava che la condotta non presentava particolari elementi di astuzia o di abilità, sicchè non poteva ritenersi connotata da destrezza e che il furto era stato consumato su di un bene esistente in un pubblico ufficio; riteneva sussistente, pertanto, la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, osservando che non risultava violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza, in quanto la richiamata circostanza era stata introdotta in punto di fatto nel processo dal medesimo imputato già nel dibattimento di primo grado, e che l’esponente si era già difeso sul punto.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione D.M., a mezzo del difensore, deducendo la violazione degli artt. 517, 521 e 522 c.p.p. in relazione alla affermazione di responsabilità per un reato circostanziato diverso, rispetto all’oggetto della contestazione.

Osserva la parte che l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 non è stata mai contestata all’imputato; che il pubblico ministero, in sede di conclusioni del giudizio di primo grado, aveva modificato l’originaria imputazione di ricettazione in quella di furto semplice, chiedendo il proscioglimento stante l’intervenuta remissione di querela; e che il Tribunale di Brindisi aveva condannato l’imputato in relazione al delitto di furto aggravato ex art. 625 c.p., n. 4. Il ricorrente considera che, a seguito di impugnazione proposta dal solo imputato, la Corte di Appello di Lecce aveva escluso l’aggravante della destrezza e, in accoglimento delle conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale territoriale, aveva ritenuto sussistente l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7.

L’esponente assume che le modalità della condotta alle quali fa riferimento la Corte di Appello appaiono in contraddizione tanto con la contestazione originaria, quanto con la ricostruzione del fatto operata dal giudice di primo grado. Il ricorrente contesta poi che la diversa circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 sia stata introdotta, in punto di fatto, dallo stesso imputato già nel corso del dibattimento di primo grado, rilevando che nel corso della istruttoria non ci si era interrogati sul luogo in cui si trovava il telefonino al momento del furto (stanza riservata al personale ovvero aperta al pubblico). L’esponente osserva che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che le circostanze aggravanti possono essere contestate in via suppletiva, ai sensi dell’art. 517 c.p.p., solo nel giudizio di primo grado e che, in mancanza, ulteriori aggravanti non possono essere rilevate nel giudizio di impugnazione.

La parte chiede, pertanto, che la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, venga esclusa, con conseguente improcedibilità dell’azione penale rispetto alla residua ipotesi di furto semplice.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.

4.1 Venendo in rilievo questione di natura processuale, questa Suprema Corte risulta legittimata all’esame diretto degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento. Orbene, deve al riguardo evidenziarsi che, nel corso del procedimento di primo grado, dopo l’esame della parte offesa V., il pubblico ministero non procedette ad effettuare alcuna contestazione suppletiva; e che la parte pubblica, qualificato il fatto come furto, ebbe a concludere chiedendo l’assoluzione dell’imputato.

Le considerazioni ora svolte inducono con certezza a ritenere che la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 non venne altrimenti contestata nel corso del dibattimento di primo grado e che l’odierno ricorrente non ebbe modo di spiegare alcuna difesa, al riguardo, atteso che dal capo di imputazione la circostanza ex art. 625 c.p., n. 7 non emerge affatto.

L’affermazione che la diversa circostanza ritenuta in appello fosse stata contestata in via di fatto risulta, di conseguenza, non giustificata e smentita dagli atti (capo di imputazione e svolgimento processuale); e l’aggravante, non contestata nel giudizio di primo grado, non poteva dunque essere ritenuta in appello. Deve, al riguardo, ribadirsi che la disciplina in tema di diversità del fatto, applicabile al giudizio di appello, non può riguardare l’esistenza di una circostanza aggravante, per la contestazione suppletiva della quale opera l’art. 517 c.p.p., norma applicabile solo nel giudizio di primo grado (Cass. Sezione 5, sentenza n. 44748 in data 11.11.2008, dep. 01.12.2008, Rv. 242602).

4.2 Resta, allora, un furto non aggravato, in presenza di remissione di querela. La sentenza impugnata non può che essere annullata, perchè l’azione penale non poteva essere proseguita, per remissione di querela.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, esclusa la circostanza aggravante ritenuta in appello, perchè l’azione penale non poteva essere proseguita, per remissione di querela.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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