MANDATO OBBLIGAZIONI E CONTRATTI SPESE GIUDIZIALI CIV.
Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Svolgimento del processo
Cosi l’impugnata sentenza.
"Con atto notificato il 31 dicembre 1979 la società armatrice iugoslava X X citava dinanzi al Tribunale di Roma la X s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, esponendo: che nell’aprile 1979 aveva assunto la caricazione, per conto della citata X, di due caldaie ed accessori da Venezia a Misurata (Libia) sulla propria nave traghetto "X";
che le caldaie erano state saldate su due carrelli, i quali, a cura della caricatrice e della sua casa di spedizioni, venivano fissati sulla coperta della nave; che. giunti in prossimità di Tripoli, a causa del mare leggermente agitato le caldaie si erano staccate dai carrelli (fermo restando l’ancoraggio di questi ultimi alla coperta) ed erano precipitate sulla nave, danneggiandosi e cagionando al tempo stesso notevoli danni ad altri carichi;
che, a seguito di ciò le caldaie in questione erano state fatte rientrare sulla stessa nave a Venezia per le necessarie riparazioni, avendo assunto la X l’onere di effettuare un nuovo trasporto, a richiesta della caricatrice, dietro preavviso di quindici giorni;
che, successivamente, effettuata una perizia sulle caldaie e sulla modalità del trasporto, essa X si era rifiutata di effettuare la ricaricazione ed il nuovo trasporto in Libia, richiesti dalla casa di spedizioni X per conto della X, atteso che l’obbligazione assunta era del tutto impossibile sulla sua nave traghetto (cosiddetta RO-RO, cioè Roll in Roll out), adatta solo a portare carrelli e non fornita della stiva, necessaria in relazione al particolare carico.
Ciò premesso, chiedeva che, accertata l’impossibile esecuzione dell’obbligazione di cui alla lettera 4/6/79 (secondo trasporto), fosse dichiarato il relativo contratto nullo, privo di qualsiasi oggetto o comunque annullato per errore essenziale. Instava, inoltre, affinchè venisse dichiarato che essa X nulla doveva per alcun titolo, causa e ragione alla X per il mancato trasporto delle caldaie e non era in alcun caso responsabile per il danno subito dalla merce nel primo trasporto o per il ritardo nella consegna in Libia delle caldaie dopo riparate. Faceva, infine, ampia riserva di pretendere in causa od in separato giudizio ristoro e garanzia per ogni noia o detrimento che essa avesse a subire da parte di terzi (ricevitori libici e compagnie di assicurazione) per pretesi danni o ritardi nel trasporto.
La convenuta si costituiva e, mentre da un lato instava per il rigetto delle pretese perchè infondate in fatto e in diritto, dall’altro proponeva la domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni conseguenti al mancato adempimento da parte dell’attrice dagli impegni assunti con la lettera 4/6/79, chiedendo comunque la chiamata in causa della X Italiana s.p.a., cui essa X aveva affidato l’appalto dei servizi di spedizione e di trasporto.
Nelle more, la convenuta veniva posta in amministrazione controllata ed il giudice istruttore dichiarava l’interruzione del processo.
Effettuata la riassunzione dalla X X, a tale giudizio era riunito altro promosso dalla X, con atto di citazione notificato il 5 e 6 agosto 1980, nei confronti della stessa armatrice jugoslava e della X italiana s.p.a. per sentir condannare entrambe le società, solidalmente o disgiuntamente pro-quota, al risarcimento di tutti i danni da essa subiti, ad eccezione, per quanto concerneva la sola Compagnia straniera, del maggior onere sopportato per il ritrasporto della merce a Tripoli (siccome già fatto valere nella prima causa).
Nel costituirsi, la X X aveva ribadito le precedenti difese, eccependo inoltre il difetto di legittimazione attiva della X e la carenza di giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Italiana, nonchè chiedendo l’eventuale applicazione al danno della limitazione prevista dalla convenzione di Bruxelles, dalla legge della bandiera e dalla legge italiana.
Instava, infine, per la condanna della X e della X a tenerla indenne dai danni e dalle spese reclamate dai proprietari di altri carichi, ed in particolare dalla Compagnia di Assicurazione X (causa già iniziata davanti al Tribunale di Ancona).
La X, a sua volta, aveva declinato ogni responsabilità derivante dal rapporto con la X, pretendendo di essere garantita e tenuta indenne dalla ditta X di X X X, alla quale aveva dato incarico per la spedizione in oggetto, e proponendo domanda riconvenzionale nei confronti della X medesima per il saldo di quanto ancora dovutole in dipendenza del contratto di spedizione 21/2/79.
Chiamata in causa la X, quest’ultima contestava qualsiasi addebito nei suoi confronti, affermava la responsabilità della X s.a.s., che aveva materialmente effettuato la caricazione, lo stivaggio ed il rizzaggio della merce e dalla quale chiedeva di essere garantita, e proponeva inoltre domanda di condanna della X per i danni e le spese subiti nel trasporto, con riserva di estendere analoga pretesa verso la citata X in solido.
La X, da ultimo citata, eccepiva preliminarmente l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma per essere competente il Tribunale di Venezia e chiedeva nel merito il rigetto della domanda perchè infondata in fatto ed in diritto.
Veniva ancora riunito un terzo giudizio, inizialmente promosso dalla X s.p.a. davanti al Tribunale di Ancona per ottenere, in via surrogatoria, dall’Agenzia Marittima Cav. X X s.n.c., nella qualità di raccomandataria della s/s X e quindi di rappresentante ex lege della X, e dalla X, in solido o alternativamente tra loro, il risarcimento dei danni subiti durante il trasporto in questione da una partita di mobilio in conseguenza della rovina di una delle due caldaie.
Entrambe le convenute avevano contestato la rispettiva responsabilità, eccependo inoltre la X il difetto di legittimazione dell’attrice e la carenza di giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Italiana, nonchè la limitazione del debito ex art. 423 cod. nav., ed invocando in subordine la X (nel frattempo, trasformatosi nella Società Generale per X, X e X s.p.a. in amministrazione straordinaria) la garanzia da parte della X.
Dichiarata dal Tribunale di Ancona la continenza della causa con quella preventivamente instaurata davanti al Tribunale di Roma, la compagnia attrice aveva provveduto alla rituale riassunzione nel termine fissato.
Il processo, quindi, veniva nuovamente interrotto per l’intervenuto fallimento della X s.p.a. la quale aveva incorporato la ditta X, e, dopo la riassunzione e la regolare costituzione di tutte le parti, ancora sospeso per la pendenza di un regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla X.
A seguito del rigetto dell’istanza da parte delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, il giudizio era ritualmente proseguito, mentre alla X – Compagnia Italo Britannica di Assicurazioni s.p.a. succedeva la X Assicurazioni s.p.a..
Espletata la necessaria istruttoria (interrogatorio formale del legale rappresentante della X, prove testimoniali delegate ai Pretori di Ancona, Mestre, Terni e Venezia, rogatoria internazionale in Jugoslavia), veniva acquisita la documentazione prodotta. Quindi, la causa era rimessa al Collegio che, all’udienza del 13 maggio 1994, la riteneva per la decisione.
Il Tribunale, con sentenza n. 11337 del 12/9/1995, così provvedeva:
1) condannava la X Italiana s.p.a. al pagamento, in favore della Società, Generale per le X, X e X s.p.a., della somma di lire 927.701.230, con gli interessi legali dalla domanda al saldo, nonchè al rimborso delle spese di giudizio, liquidate in complessive lire 32.000.000, di cui lire 4.000.000 per competenze e lire 25.000.000 per onorari;
2) condannava la X X al pagamento, in favore della X Assicurazione s.p.a., di lire 55.413.273 con gli interessi legali dalla domanda al saldo, nonchè al rimborso delle spese, liquidate in complessive lire 8.000.000, di cui lire 2.000.000 per competenze e lire 1.000.000 per onorari;
3) dichiarava improcedibile la domanda proposta dalla X Italiana s.p.a. nei confronti del Fallimento X; 4) respingeva tutte le ulteriori domande formulate dalle parti, compensando interamente le relative spese processuali.
Con distinti atti, proponevano appello la X s.r.l. l’Agenzia Marittima Cav. X X s.n.c, quale agente marittimo raccomandatario della X X, la X Italiana s.p.a. e la Società Generale per X, X e X s.p.a., in amministrazione straordinaria (già X s.p.a.).
Spiegavano appello incidentale l’X Assicurazioni s.p.a. (ex X Assicurazioni s.p.a. e ex X s.p.a.), il Fallimento X s.p.a. e la X X. L’X presentava, inoltre, istanza di sequestro conservativo in danno della X X, ma la richiesta era disattesa dal consigliere istruttore".
Con sentenza 31 ottobre 2000 la Corte di Appello di Roma, riuniti i gravami, in parziale riforma di quella impugnata, rigettava la domanda risarcitoria della X per difetto di legittimazione attiva e condannava il Fallimento X al pagamento delle spese del doppio grado a favore della X; confermava nel resto la pronuncia di primo grado e decideva sulle spese in misura diversificata e con parziale compensazione.
Riteneva il suddetto giudice, per quanto ancora possa interessare:
che la X era carente di legittimazione per avere ceduto il credito all’assicuratore libico, non risultando che tale cessione fosse condizionata implicitamente al pagamento dell’indennizzo;
che la domanda risarcitoria della X (mittente) direttamente nei confronti della X (vettore) era da rigettare in assenza di un rapporto negoziale diretto fra le due società;
che la X (spedizioniere) era responsabile per la scelta di un vettore proprietario di una nave traghetto (la X) inadeguata al trasporto; che andava affermata la responsabilità della X per i danni subiti dal mobilio trasportato sulla X a causa della caduta di una delle caldaie, mobilio assicurato originariamente dalla X, a nulla rilevando la clausola "fios" contenuta nella polizza di carico;
che la responsabilità della X aveva natura extracontrattuale;
che l’importo del danno risarcito era dimostrato dall’allegata e non contestata quietanza di pagamento, mentre i parametri di cui alla Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico non sarebbero stati comunque più favorevoli al vettore;
che, infine, la domanda di manleva della X nei confronti della X e/o della X era conseguentemente infondata;
che, fra le altre disposizioni, con riguardo specifico al rapporto processuale X-X, le spese venivano compensate per metà ponendo l’altra metà a carico della X, nella misura complessiva di L. 3.000.000, di cui L. 2.000.000 per onorari.
ATTENZIONE Hanno proposto ricorso per cassazione la SOCIETA’ GENERALE PER X, X e X s.p.a. (già X e così citata d’ora innanzi per brevità), affidato a tre motivi, a cui hanno resistito la X con controricorso, proponendo ricorso incidentale sulla base di tre motivi (il terzo subordinato) e la X con controricorso, anch’esso proponendo ricorso incidentale condizionato articolato su un motivo. Ad ambedue i ricorsi incidentali ha replicato la X con distinti controricorsi.
Da parte sua la X aveva proposto ricorso notificato l’11/12/01 nei confronti della X ASS.NI (ex X, ex X) affidato a cinque motivi (l’ultimo condizionato) al quale hanno resistito la X e la X con separati controricorsi, quest’ultima proponendo ricorso incidentale condizionato, al quale ha replicato la X con ulteriore controricorso.
La X, la X, la X e la X hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Vanno riuniti tutti e cinque i ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Ricorso n. 28979/01 della X contro X e X. Con il primo motivo l’X, denunciando la violazione degli art. 1353, 1362, 1366, 1371 e 2729 c.c. nonchè 115 e 116 c.p.c. oltre al vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) si duole dell’affermata carenza di legittimazione attiva per aver ceduto all’assicuratore libico della merce trasportata il suo diritto di agire contro i responsabili del danno (X e X). Assume al contrario la ricorrente che tale cessione era subordinata alla condizione implicita del pagamento dell’indennità assicurativa, in mancanza del quale la cessione stessa era rimasta inefficace.
La censura è inammissibile in quanto generica perchè a fronte dell’affermazione "nè da alcun elemento può desumersi l’esistenza, sia pure implicita, di una siffatta condizione", non indica quali elementi di prova avrebbe dovuto esaminare il giudice di appello per addivenire a diversa statuizione. Ed è comunque infondata, infrangendosi contro l’apprezzamento con cui tale giudice ha escluso che dal complesso della documentazione acquisita (e, soprattutto, dal tenore del contratto di cessione del 7/5/79, anteriore all’instaurazione del presente giudizio il 31/12/79) emergesse l’esistenza di una condizione implicita di efficacia della cessione costituita dal pagamento dell’indennità assicurativa, atteso che la cessione del credito al risarcimento del danno in favore della Compagnia assicuratrice delle merci danneggiate (la libica AL- MUKHTAR) era stata richiesta proprio da quest’ultima "al fine della istruzione della pratica per la liquidazione del sinistro da risarcire"; con la conseguenza che era solo tale Compagnia legittimata ad esigere l’adempimento della prestazione risarcitoria, a nulla rilevando la circostanza – di per sè insignificante – che la cessione era avvenuta solo 19 giorni dopo il sinistro.
Trattasi di motivazione che fa buon governo delle norme pretesamente violate e che per il resto si risolve in un accertamento di fatto congruo e logico, come tale incensurabile in questa sede.
Il primo motivo va, pertanto, rigettalo.
Con il secondo mezzo la ricorrente, denunciando la violazione dell’art. 1264 c.c. ed il vizio della motivazione su altro punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., si duole che il giudice di appello abbia omesso di considerare che proprio ai sensi del cit. art. 1264 c.c. "la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata"; nella specie la cessione non era mai stata notificata alla X o alla X, nè costoro l’avevano mai accettata.
Il motivo è inammissibile perchè la questione non ha formato oggetto di censura in sede di appello e quindi nessun obbligo di motivazione incombeva al giudice di appello. Peraltro è anche infondato in quanto il negozio di cessione del credito si perfeziona, nei rapporti tra il cedente e il cessionario, in virtù del solo consenso da essi espresso ed attribuisce al cessionario la veste di creditore esclusivo e, quindi, di esclusivo legittimato a pretendere la prestazione anche se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 c.c., essendo questa necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato dal debitore ceduto al cedente anzichè al cessionario (ex plurimis recentemente Cass. 26 aprile 2004 n. 7919).
Anche il secondo motivo va rigettato.
Problemi più delicati pone invece il terzo ed ultimo mezzo con cui l’X, denunciando la violazione degli artt. 1705, 1706 e 1707 c.c. e 3 Cost. oltre al vizio della motivazione su altro punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., lamenta che il giudice di appello abbia erroneamente disatteso la censura relativa alla domanda di risarcimento danni, proposta nei confronti della X per il secondo trasporto a Tripoli, non eseguito per una pretesa impossibilità della prestazione. Infatti nel confermare sul punto la pronuncia di primo grado, detto giudice ha ritenuto che il contratto era intercorso tra la X e la X e quindi che nessun inadempimento si era verificato in danno della X; inoltre non poteva farsi ricorso alla previsione di cui all’art. 1705 c.c., in quanto in virtù di tale disposizione il mandante può agire direttamente nei confronti del terzo contraente solo per i crediti derivanti direttamente dalle obbligazioni dal terzo assunte nei confronti del mandatario senza rappresentanza, ma non può sperimentare nei confronti del terzo le azioni contrattuali ed in particolare le azioni di risoluzione e di risarcimento danni.
Nella specie si tratterebbe proprio di un credito del mittente- mandante derivante da un’obbligazione assunta dal vettore-terzo verso lo spedizioniere-mandatario, perchè l’azione è diretta a far accertare l’inadempimento del vettore-terzo all’obbligazione di trasportare il carico a Tripoli. Una diversa interpretazione dell’art. 1705 c.c. si presterebbe ad un rilievo di incostituzionalità, perchè lo spedizioniere-mandatario non risponderebbe di tale inadempimento ed il vettore-terzo rimarrebbe impunito, in quanto lo spedizioniere non avrebbe alcun interesse ad agire nei confronti di costui, non avendo subito il danno. Peraltro, in materia di trasporto, la giurisprudenza avrebbe ammesso l’azione diretta del mittente-mandante contro il vettore-terzo per tutti gli inadempimenti connessi alla esecuzione del contratto di trasporto.
La censura è infondata.
La disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1705 c.c. introduce, per ragioni di tutela dell’interesse del mandante, una eccezione al fondamentale principio enunciato nel primo comma, per il quale il mandatario che agisce in nome proprio acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato, consentendo al mandante di esercitare i diritti di credito derivanti al mandatario dall’esecuzione del mandato.
Esigenze di ordine logico e sistematico ed in particolare il carattere eccezionale della norma e il chiaro tenore dell’espressione "diritti di credito derivanti dall’esercizio del mandato" inducono a limitare la legittimazione del mandante alle sole azioni dirette al soddisfacimento di detti crediti, con esclusione della possibilità di esperire contro il terzo le azioni contrattuali ed in particolare – come nella specie – le azioni di risarcimento danni per la mancata esecuzione del contratto.
In tal senso la prevalente giurisprudenza della Corte (2039/1974, 2877/1976 e 11118/1998), che solo in lontane pronunce (1572/1947. 2504/1955) ha ampliato il campo di applicazione dell’art. 1705, 2 comma, c.c., per ricomprendervi anche le azioni di risarcimento danni da inadempimento.
Infine e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, questa interpretazione non si presta ad alcun rilievo di incostituzionalità, sotto il profilo della sua irragionevolezza, in quanto la previsione di cui al secondo comma dell’art. 1705 c.c. è diretta ad ampliare la tutela del mandante, attribuendogli anche una legittimazione diretta nei confronti del terzo-contraente, ferma restando la possibilità di agire nei confronti del mandatario, tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia.
Anche il terzo motivo va rigettato e, quindi, l’intero ricorso dell’X. Ricorso n. 1681/02 della X contro l’X. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 422 cod. nav., 1717, 1737, 1739 e 2697 c.c. ed il vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., critica il rigetto della sua domanda riconvenzionale di pagamento del compenso per il contratto di spedizione del 21/2/79 a carico della X. assumendo:
che l’art. 7.1 del contratto inter partes riservava alla X la facoltà di avvalersi di terzi per l’esecuzione del contratto di spedizione; che nessuna colpa era configurabile a suo carico, in quanto la X, incaricata di dare esecuzione al contratto in veste di subspedizioniere, era soggetto specializzato in materia di trasporti eccezionali (1717); che contraddittoria era la individuazione delle cause del danno e dei responsabili: se infatti le cause del danno andavano individuate nella inidoneità della nave e nelle errate disposizioni del comandante in ordine alla collocazione del carico sul ponte, la responsabilità andava affermata in primis nei confronti del vettore e non della sola X;
che in ogni caso è stata ritenuta la assoluta inidoneità della nave senza un obiettivo accertamento al riguardo, dando credito alle estemporanee ed interessate affermazioni del vettore.
La complessa censura non coglie nel segno. Essa risulta vanificata dalla motivazione della Corte romana che ha ravvisato la responsabilità dello spedizioniere per avere accettato una nave non idonea messa a disposizione del vettore, affermando: "E’ noto che lo spedizioniere non si libera concludendo un contratto di trasporto a mezzo di una qualunque nave, ma deve concluderlo avendo riguardo ad una nave che sia idonea a trasportare quel determinato carico;
l’obbligo dello spedizioniere non è, dunque, limitato alla conclusione di un contratto di trasporto quale che sia, ma comprende anche la verifica dell’idoneità della nave. E nella specie risulta, nè è contestato, che sulla nave traghetto X, di tipo RO-RO, il cui ponte ha una portata di soie venti tonnellate, sono state caricate sopra coperta, e, quindi, senza possibilità di rizzaggio alla sommità, due caldaie da 128 tonnellate".
Anche in questo caso si tratta di motivazione conforme ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e puntualmente menzionati (Cass. 1414/68) e che per il resto si risolve in un accertamento congruo e sufficiente, insindacabile in cassazione.
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
Con il secondo mezzo la X, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e della Tariffa Forense nonchè il difetto di motivazione sul punto decisivo della controversia attinente alla liquidazione delle spese, lamenta che la Corte d’Appello, pur avendo in tota respinto le domande della X per difetto di legittimazione attiva di quest’ultima, ha ritenuto di dover compensare per metà le spese di lite, che ha poi liquidato, a favore della X, nella misura di 3 milioni di lire complessive, di cui soltanto 2 milioni di lire per onorari: importo manifestamente inferiore ai minimi previsti dalla tariffa approvata con d.m. 5 ottobre 1994, n. 585, e dunque contrastante con il disposto dell’art. 24 della legge n. 794 del 1942. Inoltre detta Corte non ha fornito la benchè minima motivazione di tale propria decisione, nè in relazione alla compensazione parziale delle spese, nè con riferimento alla liquidazione in misura inferiore ai minimi tariffari.
La censura è fondata per quanto di ragione. Mentre la compensazione può trovare infatti giustificazione ("considerato l’esito della causa in ordine alle varie istanze spiegate in via principale ed incidentale") nella circostanza che la X è stata parzialmente soccombente in ambedue i gradi del giudizio, è inevitabile rilevare che la doglianza è fondata con riguardo alla violazione dei minimi tariffari in quanto, da un lato, non è chiaro se il giudice di appello abbia inteso liquidare gli importi per entrambi i gradi di giudizio (come dovrebbe suggerire il riferimento al rapporto processuale e non già alle spese del grado); dall’altro, i minimi tariffari sono stati largamente violati, senza alcuna giustificazione, e ciò esonera la ricorrente dall’indicazione specifica delle singole voci violate.
L’esposto motivo va pertanto accolto nei limiti di cui sopra.
Il terzo motivo con cui la X ripropone le istanze non esaminate o dichiarate assorbite dal giudice di appello, essendo proposto in via condizionata, resta assorbito.
Ricorso n. 1688/02 della X notificato solo alla X ed alla X; avendo carattere condizionato, è anch’esso assorbito. Ricorso n. 31100/01 della X contro l’X. Con il primo motivo la X, denunciando la violazione degli artt. 2043, 1693 e 1699 c.c., 422 e 467 cod. nav., 3^ e 4^ della Convenzione di Bruxelles nonchè il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), si duole che i giudici di merito abbiano ricondotto la sua responsabilità (non nell’ambito della responsabilità contrattuale ma) nell’ambito dell’art. 2043 c.c., omettendo conseguentemente di accertare l’insussistenza di una causa esonerativa, quale ad esempio il cd. "pericolo eccettuato".
La censura non è fondata. A prescindere dal rilievo che nei casi di danni alle cose trasportate è possibile la coesistenza di una responsabilità extracontrattuale del vettore, oltre a quella contrattuale, ogni qualvolta alla violazione degli obblighi contrattuali si accompagni anche la violazione del principio generale del neminem laedere e, nella specie, la ricorrente risponde per il fatto del comandante della nave e per le erronee disposizioni dallo stesso impartite e quindi (anche) ex art. 2049, è facile riscontrare una sostanziale carenza di interesse a siffatta doglianza, dal momento che da una diversa qualificazione della natura della responsabilità la X non avrebbe tratto alcun giovamento pratico ma. anzi, un pregiudizio sul piano probatorio, configurandosi la responsabilità contrattuale del vettore come colpa presunta ex art. 1693 cit..
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 1911 e 1916 c.c., 467 cod. nav., 2^ e 3^ della Convenzione di Bruxelles oltre ad un ulteriore vizio di motivazione su altro punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), si duole che sia stata rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’X, senza tenere nella dovuta considerazione ulteriori rilevanti profili. In particolare, il ricevitore del mobilio era "The Officer Club and Cantines" il quale, con nota del dicembre 1979, scriveva alla X affermando di non avere nulla da pretendere perchè già rimborsato dalla X per 43 milioni (di cui 15 milioni per il container 829678/7), per cui aveva ceduto i diritti nei confronti del vettore. Mancherebbe nella specie una valida cessione dei diritti alla X, perchè la cessione – ove esistente – avrebbe dovuto essere firmata non dal generai director of the Officer Club, ma dal ricevitore El X El X. Inoltre, il carico era coassicurato con X e X (25+25%) mentre la X copriva solo il 50%.
Neppure l’esposta censura può essere accolta. Essa si risolve sostanzialmente nell’asserita mancanza di prova della cessione dei diritti alla X ma trova preteso conforto in una serie di documenti, inammissibilmente allegati al ricorso e redatti nella lingua originale (inglese od araba) senza neppure la traduzione in italiano. Comunque appare inidonea a superare la motivazione dell’impugnata sentenza, secondo cui "dalla documentazione in atti emerge che i sigg. Giuseppe e Giancarlo Bruscoli all’epoca della sottoscrizione dell’atto di quietanza e surroga erano gli amministratori della X s.r.l. ed essendo la loro firma apposta unitamente al timbro della predetta società non può che derivare che è a questa che va riferita la quietanza e non in proprio alle persone dei firmatari amministratori". E’ appena il caso di aggiungere che la questione della coassicurazione è nuova.
Anche il secondo mezzo viene rigettato.
Con il terzo motivo la X, denunciando ancora la violazione degli artt. 422 e 424 cod. nav. ed un ulteriore vizio della motivazione su altro punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3. 4 e 5 c.p.c.), lamenta che il giudice di appello ha ritenuto che la clausola Fios (free in and out) aveva unicamente la funzione di esonerare il vettore dalle spese di carico e scarico, mentre poteva avere anche il significato di limitare la prestazione del vettore; il che si verifica quando il carico e lo stivaggio siano effettuati dal caricatore o da suoi mandatari. Ne consegue che era necessario esaminare se nella specie la clausola avesse la sola portata indicata nella sentenza o invece fosse una il clausola di portata diversa che limitava la prestazione del vettore al mero trasporto, dopo già caricata e stivata la merce, operazioni queste ultime effettuate da terzi.
Peraltro, nella specie il danno si era verificato perchè si erano distaccate le saldature del basamento del carrello sul quale erano state collocate le caldaie; situazione che poteva essere parificata ad un difetto di imballaggio, con conseguente esonero del vettore marittimo da ogni responsabilità in applicazione dell’art. 422 c.n. e degli artt. 11 e 111 della Convenzione di Bruxelles del 1924.
Questa censura non può avere sorte migliore delle precedenti.
Anch’essa investe un apprezzamento di fatto relativo all’interpretazione della clausola FIOS che per il giudice d’appello, conformemente a quello di primo grado, "ha unicamente la funzione di esonerare il vettore dalle spese di carico e scarico, ma non esclude l’obbligo del medesimo di procedere con la diligenza del caso nello stivaggio". Con l’ulteriore precisazione che "è precipuo obbligo del vettore marittimo vigilare per la regolare conservazione e trasporto delle merci; e rientra appunto tra gli obblighi del vettore medesimo quello di disporre le varie partite di merci trasportate in modo di garantire, oltre alla regolare conservazione delle partite stesse, anche la sicurezza e la stabilità della nave".
Anche sotto questo aspetto la motivazione è priva dei pretesi errori giuridici nonchè congrua e sufficiente sul piano logico, risultando così incensurabile in Cassazione.
Il terzo motivo viene parimenti rigettato.
Con il quarto mezzo la X, denunciando la violazione degli artt. 2957 c.c., 423 cod. nav., 2 della Convenzione di Bruxelles ed ancora vizio di motivazione, si duole che il giudice di appello abbia ritenuto che l’importo del danno risarcibile fosse di L. 15.056.000 in base alla produzione della relativa quietanza di pagamento, non contestata, senza verificare se tale somma, pur effettivamente pagata, corrispondesse veramente al danno della merce. Aggiunge la ricorrente che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che si trattasse di 128 colli per kg. 3032, mentre si trattava di cartoni immessi in un solo contenitore per Kg. 732.
Neppure questa censura può trovare accoglimento. Infatti per quanto riguarda l’asserita erronea indicazione dei colli e del peso, tratterebbesi eventualmente di un errore revocatorio, non deducibile in cassazione. Per quel che concerne il quantum, il giudice romano da un lato ha fondato il suo accertamento sulla quietanza di pagamento "mai oggetto di contestazione"; dall’altro, per quanto riguarda la limitazione dell’entità del danno risarcibile, riconosciuta l’esclusiva applicabilità della Convenzione di Bruxelles sulla polizza di carico, ha verificato che "nessuno dei parametri previsti in via alternativa dalla normativa in parola risulterebbe più vantaggioso alla X" rispetto alla somma liquidata alla X (X).
Anche in questo caso trattasi di apprezzamenti di fatto congrui e logici, come tali incensurabili in questa sede.
Il quarto motivo va pertanto rigettato.
11 quinto ed ultimo motivo, con il quale viene censurato il rigetto della domanda di manleva proposta dalla X nei confronti della X, essendo stato proposto subordinatamente "al mancato accoglimento dell’accertamento di una totale non responsabilità della X" e, quindi, in via condizionata, resta naturalmente assorbito.
Concludendo, il ricorso testè esaminato va rigettato.
Ricorso n. 3426/02 della X contro la X, con cui chiede che nel caso in cui la sentenza impugnata dovesse essere riformata sul punto della responsabilità extracontrattuale, venga disposta la condanna della X sulla base della responsabilità vettoriale.
Inoltre la X ripropone la domanda di condanna della X, anch’essa svolta sin dal giudizio di primo grado, per l’eventualità in cui non dovesse essere riconosciuta responsabilità della X nè in via extracontrattuale, nè in via contrattuale.
Trattandosi di ricorso proposto in via condizionata, ne va dichiarato l’assorbimento.
Riepilogando: va accolto per quanto di ragione il secondo motivo del ricorso n. 1681/02, con rigetto del primo ed assorbimento del terzo motivo dello stesso ricorso; sono rigettati i ricorsi n. 28979/01 e n. 31100/01 e dichiarati assorbiti i ricorsi n. 1688/02 e 3426/02.
Segue la correlata cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad altra Sezione della stessa Corte a qua, che provvedere anche sulle spese di questo grado per il rapporto X- X, mentre le spese per tutti gli altri rapporti processuali – in presenza di giusti motivi – sono compensate.
P. Q. M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso n. 28979/01; accoglie per quanto di ragione il secondo motivo del ricorso n. 1681/02, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo; rigetta il ricorso n. 31100/01 e dichiara assorbiti i ricorsi condizionati n. 1688/02 e 3426/02; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione per il rapporto processuale X-SOCIETA’ GENERALE PER X X e X s.p.a. ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, compensando tra tutte le altre parti le spese di questo grado.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2005
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