T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 20-12-2011, n. 9892

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame i ricorrenti, militari appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, chiedono che l’Amministrazione militare di appartenenza riconosca loro il controvalore dei buoni pasto spettanti per l’effettuazione, durante i periodi indicati in ricorso, di turni di servizio con orario comprensivo delle fasce orarie previste per lo svolgimento del servizio di mensa. In pratica, lamentano la mancata corresponsione di indennità per i pasti ordinari.

Si sono costituite in giudizio le intimate Amministrazioni affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

All’udienza del 23 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Ad avviso del Collegio il ricorso siccome proposto non si presta ad una favorevole valutazione e quindi deve essere respinto, dovendosi in questa sede ribadire le conclusioni recentemente raggiunte dalla Sezione con la sentenza 27 giugno 2011 n. 5674, con la quale sono stati condivisi gli approdi ai quali è ormai giunta la giurisprudenza amministrativa sul tema sottoposto allo scrutinio di questo giudice.

Attingendo dunque alla citata sentenza della Sezione ed alla pur recente decisione assunta dalla Quarta sezione del Consiglio di Stato, 15 settembre 2010 n. 6903 (sul punto si veda anche il precedente sempre della Quarta sezione del Consiglio di Stato 28 febbraio 2005 n. 720), che ha riformato la sentenza di questa Sezione n. 10767 del 2009 che aveva accolto un ricorso analogo a quello proposto in questa sede, va rilevato che:

a) l’obbligo dell’Amministrazione di erogare, in favore dei propri dipendenti, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento prioritariamente mediante l’istituzione della mensa costituisce una forma di gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede mediante "fornitura di buoni pasto" " ovvero di "viveri speciali da combattimento" (ai sensi dell’art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000 n. 388);

b) la normativa di riferimento prescrive dunque l’istituzione della mensa obbligatoria in favore (tra l’altro) del "personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio" (cfr. l’art. 1, comma 1, lett. b, della legge 18 maggio 1989 n. 203), condizione nella quale si trovano gli odierni ricorrenti.

La disposizione citata (applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di finanza in forza dell’estensione sancita dall’art. 3 della legge n. 203 del 1989) mira in realtà a garantire il servizio della mensa (a carico dell’amministrazione) al personale delle forze di polizia, che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizi prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio.

Orbene, rileva il Collegio che la limitata durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (riconducibile ad uno spazio temporale di trenta minuti) comporta che il servizio mensa possa considerarsi istituito (sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente (si veda in questo senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203 del 1989), giacché solo tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa) è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio (così in ragione dell’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del 1950 e dell’articolo unico della legge 27 aprile 1981 n. 191); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.

Ciò che dunque discende dalle suindicate coordinate interpretative della normativa settoriale è la necessità che le condizioni di impedimento alla fruizione del servizio di mensa debbano essere puntualmente dimostrate documentalmente da colui che chiede il riconoscimento di una indennità sostitutiva, non essendo sufficiente affermare che lo svolgimento quotidiano di un impegnativo servizio, anche dalle modalità esecutive intuibilmente impeditive della possibilità di ritagliare spazi per il militare utili per recarsi alla sede ove è in essere la mensa, costituisca l’effettivo presupposto per ottenere la pretesa economica.

Tale puntuale e specifica dimostrazione, a carico degli interessati ed odierni ricorrenti, non pare essere stata eseguita nel presente giudizio.

Peraltro dalla lettura della legge n. 203 del 1989 non emerge alcun riconoscimento, in capo agli appartenenti alle forze di polizia, di un diritto soggettivo perfetto ed incondizionato alla costituzione delle mense obbligatorie di servizio presso ogni reparto o, in caso di loro mancata istituzione, alla erogazione del relativo importo sostitutivo mediante fornitura di buoni pasto.

Difatti, la costituzione delle mense obbligatorie di servizio mediante appositi provvedimenti dei ministri interessati è stata soltanto "autorizzata" dalla legge in questione, in ogni caso "nei limiti degli stanziamenti iscritti nei competenti capitoli".

Non di un diritto soggettivo si tratta, bensì di un interesse legittimo, condizionato com’è all’esistenza di appositi stanziamenti e, più in generale, all’ampia valutazione di opportunità che presiede le scelte afferenti alla politica economica e finanziaria dello Stato sulla scorta delle risorse disponibili nell’anno finanziario (cfr., per un caso analogo, Cons. Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008 n. 3781, in materia di rimborso delle spese sostenute dal personale della Polizia di Stato per la frequenza dell’asilo nido da parte dei propri figli).

Non vi è dunque alcun obbligo dell’Amministrazione di garantire in ogni caso l’istituzione di mense obbligatorie di servizio, cui possa corrispondere la pretesa del dipendente al pagamento di somme a titolo sostitutivo.

Ciò posto, il ricorso è infondato anche sotto altro profilo.

Poiché i diritti patrimoniali rivendicati in questa sede non trovano – come detto – titolo diretto ed immediato nella legge n. 203 del 1989, occorre fare riferimento agli atti adottati in materia dall’Amministrazione e segnatamente, alle circolari del Comando generale della Guardia di finanza n. 136300/5540/E2 del 17 aprile 2004 e n. 120301/08 del 12 aprile 2008, che all’art. 11 hanno concretamente individuato il personale avente diritto al trattamento vitto, sostituendo l’art. 11 della circolare n. 375000/92 del 22 dicembre 1992.

Dalle disposizioni settoriali oggi deriva che:

A) aspiranti al beneficio sono solo i militari inseriti in servizi esterni in turnazione per 24 ore, che hanno il diritto ad un pasto da consumarsi fuori dall’orario di servizio;

B) questi militari, solo dall’entrata in vigore della circolare del 2008 e quindi dal 12 aprile 2008 possono consumare il pranzo al di fuori dell’orario di servizio, non potendo utilizzare la c.d. pausa pranzo;

C) il diritto è limitato alla sola fruizione del pasto ma non anche ad ottenere un servizio sostitutivo del pasto, vale a dire il c.d. buono pasto.

In altri termini, il buono pasto può essere usufruito dal militare della Guardia di finanza solo se l’utilizzo di tale strumento di sostituzione del pasto da consumarsi presso le mense istituite nelle varie sedi è espressamente e preventivamente autorizzato dal Comando regionale della Guardia di finanza.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.

Sussistono, nondimeno, in ragione della complessità della questione contenziosa e delle peculiari regole interne che governano l’assetto della materia, motivate ragioni equitative che inducono a compensare tra le parti costituite le spese di giudizio

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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