Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-10-2011) 15-11-2011, n. 42017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Procuratore Generale della Repubblica di Trieste ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in data 8.11.2010, con la quale, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., il Tribunale di Gorizia ha applicato la pena concordata dalle parti, in ordine ai reati di tentato furto aggravato e lesioni che si ascrivono a P. R. e F.M.. Il ricorrente eccepisce la violazione di legge in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, rilevando che una recente decisione della Suprema Corte, difforme da precedenti pronunce, ha affermato che ricorre la fattispecie di rapina impropria tentata, e non tentato furto ed altro reato concorrente, quale le lesioni volontarie, quando l’agente mantenga una condotta violenta dopo l’azione diretta ad impossessarsi della cosa altrui, che non si riuscito a sottrarre. Rileva poi la mancata contestazione del reato di cui all’art. 337 c.p..

2. Vi è memoria in atti per F.M..

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Come noto, questa Suprema Corte ha affermato il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5777 del 27.03.1992, dep. 15.05.1992, Rv. 191134). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, riguardanti precipuamente la qualificazione giuridica del fatto – questione che viene in rilievo nel caso di specie – la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purchè risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni.

3.2 Non sfugge che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte hanno pure rilevato che deve ritenersi censurabile in cassazione ogni errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), quale, ad esempio, l’errore nella qualificazione giuridica del fatto, pure contenuto nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5 del 19.01.2000, dep. 28.04.2000, Rv. 215826).

Preme, peraltro, rilevare che nel caso di specie la questione dedotta dal Procuratore ricorrente non sembra sussumibile nell’ambito della nozione di errore di diritto.

Invero, il Tribunale ha indicato le ragioni poste a fondamento della propria determinazione, con specifico riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, osservando che secondo l’orientamento pure espresso dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi sussistente il tentativo di rapina impropria soltanto nel caso in cui la condotta di sottrazione della cosa risulti completata e l’agente, dopo l’impossessamento del bene, ponga in essere una condotta violenta o minacciosa e non nelle ipotesi, come quella per cui si procede, in cui alla mancata sottrazione della cosa ha fatto seguito l’esercizio della violenza.

L’assunto non appare censurabile, dovendo rilevarsi che effettivamente la questione che occupa non risulta aliena da margini di opinabilità; la Suprema Corte ha, invero, di recente affermato che è configurabile il tentativo di rapina impropria quando la condotta di sottrazione della cosa venga completata, ossia quando si realizzi il suo impossessamento; e che deve di converso ritenersi integrato il tentativo di furto, in concorso con la minaccia o la resistenza a pubblico ufficiale, quando manchi il presupposto della sottrazione (Cass. Sezione 6, sentenza n. 25100 del 29.04.2009, dep. 16.06.2009, Rv. 244366). Resta assorbita ogni altra questione relativa alla completezza delle contestazioni.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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