Cassazione civile anno 2005 n. 1306

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Nell’anno 2000 X X, proprietario di terreni destinati alla coltivazione di piante di ulivo, convenne in giudizio innanzi al giudice di pace di Taranto l’X (cui è poi succeduta ex lege l’X – Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e l’X (Unione nazionale tra le associazioni di produttori di olive) chiedendone la condanna solidale al pagamento, anche a titolo di risarcimento del danno, di L. 1.888.755, oltre agli interessi, quale aiuto comunitario per la produzione di olio di oliva alla cui corresponsione aveva diritto per le campagne relative agli anni 1993/1994 e 1995/1996. Affermò di avere tempestivamente presentato la denunzia di coltivazione e le domande di erogazione del contributo tramite l’associazione di appartenenza X (Associazione jonica produttori di olive), dalla quale aveva appreso che la liquidazione dell’aiuto comunitario non era stata tuttavia disposta a causa dell’omessa trasmissione della documentazione all’X. Le convenute resistettero. L’X, che aveva anche eccepito l’incompetenza territoriale del giudice di pace adito a favore di quello di Roma, chiamò in causa l’X, che indicò come unica responsabile nei confronti dell’attore e dalla quale chiese comunque di essere tenuta indenne nel caso di propria condanna. Anche l’X resistette.
Assunte le prove richieste, con sentenza n. 2039 del 2002 il giudice di pace accolse la domanda nei confronti dell’X, che condannò anche alle spese processuali in favore dell’attore e della chiamata in causa.
Avverso la sentenza ricorre per Cassazione l’X affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria, cui resistono con distinti controricorsi l’X ed il X.
L’X non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione
1.1. Col primo motivo è dedotta violazione delle norme sulla competenza per territorio, in riferimento all’art. 360, n. 2, c.p.c., per non avere il giudice di pace ritenuto – come la ricorrente aveva tempestivamente eccepito – che unico giudice territorialmente competente era quello di Roma (dove l’X ha sede e dove svolge la propria attività) in relazione al criterio di collegamento di cui all’art. 19 c.p.c., non potendo trovare applicazione nessuno dei criteri alternativi di cui all’art. 20 c.p.c., volta che era assolutamente certa l’inesistenza di qualsivoglia rapporto obbligatorio tra l’attore e l’X, infatti condannata al risarcimento del danno.
D’altronde, anche l’X ha sede in Roma ed a Roma dispone il pagamento previo accertamento dei presupposti per l’erogazione del contributo (viene citata, in ordine alla regolazione della competenza in fattispecie analoga, Cass., n. 14375 del 2000, nonchè Cass., 11.1.1990, n. 33 e Cass., 5.6.1981, n. 6381).
1.2. Oppone il controricorrente X che l’attore aveva in via principale domandato la condanna dei convenuti in base al rapporto obbligatorio sorto tra produttore ed X con la presentazione della domanda di aiuto e che solo in via gradata era stato chiesto il pagamento delle stesse somme a titolo di risarcimento del danno. Era dunque alternativamente competente, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., anche il giudice del luogo dove era sorta o doveva essere eseguita l’obbligazione. E tale luogo era da identificarsi col domicilio del creditore a mente dell’art. 17 del d.m. 2 gennaio 1985 (attuativo dei regolamenti comunitari), il quale prevede che "le unioni di associazioni di produttori riconosciute sono tenute ad effettuare, a favore dei propri associati, il pagamento dell’anticipo e del saldo dell’aiuto a mezzo di bonifici bancari oppure di assegni circolari non trasferibili emessi da un istituto di credito prescelto dalle associazioni stesse, da inviarsi con lettera raccomandata al domicilio degli aventi diritto". 1.3. Il motivo è infondato.
Dopo aver eccepito l’incompetenza del giudice di pace adito indicando come competente quello di Roma in relazione alla sede ed al luogo dove l’X svolge la propria attività (con riguardo, dunque, al criterio di collegamento di cui all’art. 19 c.p.c.), l’eccipiente ha testualmente rilevato in comparsa di risposta che tale criterio "risulta inderogabile in relazione alla richiesta di condanna a titolo di risarcimento del danno formulata da controparte, mentre non può trovare ingresso il criterio alternativo (e facoltativo) del forum obligationis di cui all’art. 20 c.p.c. perchè non è dimostrato nè dimostrabile – come si evidenzierà in seguito – che sia insorto alcun rapporto di obbligazione fra l’attore e l’Unione convenuta".
Va però osservato che anche una domanda di risarcimento da illecito extracontrattuale rientra nell’ambito delle "cause relative a diritti di obbligazione" cui è applicabile l’art. 20 c.p.c. e che, dunque, l’erroneo assunto dell’X che tale norma abbia riguardo solo alle obbligazioni contrattuali preclude di ritenere che la competenza sia stata contestata in relazione a tale possibile criterio di collegamento, contemplante il forum contractus ed il forum destinatae solutionis; quantomeno non in conformità al disposto dell’art. 38 c.p.c., costantemente interpretato nel senso che il convenuto, al fine di evitare che la causa resti radicata presso il giudice adito, ha l’onere di eccepire l’incompetenza di quest’ultimo sotto tutti i profili ipotizzabili, in relazione a ciascuno dei quali deve indicare il giudice ritenuto competente con motivazione articolata ed esaustiva.
Ne consegue che la competenza si è definitivamente radicata innanzi al giudice di pace di Taranto.
2. Col secondo motivo è denunciata "violazione ed errata applicazione della normativa di settore, e dell’art. 2043 c.c., insussistenza della responsabilità dell’X, errata ed incompleta valutazione delle prove, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente si duole che il giudice di pace abbia fondato la condanna sull’assunto che l’anomalia in ragione della quale l’X non aveva erogato il contributo richiesto dall’attore fosse imputabile esclusivamente all’Unione, mentre era pacificamente risultato che l’X aveva trasmesso all’X la denuncia di coltivazione dell’interessato, in forma cartacea, solo in data 14.1.1994 e dunque oltre il termine del 31.12.1993 espressamente concesso all’Unione dalla normativa comunitaria di settore per la trasmissione del documento stesso all’X. Sostiene, in particolare, che del tutto erronea ed inadeguatamente motivata appare la motivazione della sentenza laddove afferma che l’Associazione aveva trasmesso la documentazione cartacea all’Unione sulla base di indicazioni diramate con circolare dalla stessa X, volta che il dichiarato fine di rappresentare all’X eventuali problemi insorti in fase di prima applicazione del programma informatico non poteva sotto alcun profilo essere considerato quale concessione di un nuovo termine (da parte dell’X, in deroga alle previsioni della legislazione comunitaria) ai fini della presentazione della denuncia di coltivazione che l’X non aveva potuto tempestivamente inserire nel sistema informatico X "per mancanza di tempo" (e non, quindi, per problemi tecnici insorti nel sistema di nuova adozione).
Nella sentenza impugnata, secondo la ricorrente "certamente non emessa secondo equità", totalmente difettava dunque l’analisi del nesso causale tra la condotta dell’Unione ed il danno lamentato dall’attore, che non aveva offerto la relativa prova nonostante le contestazioni dell’X anche in ordine alla corrispondenza fra l’importo vantato e quello indicato in atto di citazione.
3. col terzo motivo è denunciata violazione dell’art. 1218 c.c. in punto di negata sussistenza della responsabilità dell’X anche per inadempimento contrattuale nei confronti del proprio associato", essendo emerso che l’Associazione aveva accettato la denuncia di coltivazione l’ultimo giorno utile (il 3.0.11.1993), che non l’aveva inserita nel sistema informatico per mancanza di tempo, che il 14.1.1994 aveva trasmesso in copia ben 187 denunce e che solo nell’ottobre del 1994 aveva poi rimesso all’X gli originali (il che costituiva l’unica possibile alternativa all’inserimento nel sistema informatico), sicchè non sussistevano elementi per escludere che la tardività della presentazione era imputabile solo all’X, la quale non aveva adempiuto l’obbligazione assunta col proprio associato all’atto dell’accettazione della denuncia di coltivazione.
4. I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati per la connessione tra le questioni prospettate, sono infondati.
Con sentenza necessariamente emessa secondo equità in relazione al valore della controversia (inferiore ai due milioni di lire) il giudice di pace ha ritenuto che "il mancato funzionamento delle procedure automatizzate era stato previsto ed erano stati indicati sistemi sostitutivi, talchè, se la trasmissione della documentazione cartacea fosse avvenuta con il rispetto dei termini prefissati, le integrazioni sarebbero state corrisposte", com’era avvenuto per altri produttori.
Ha anche affermato che "l’art. 7 della Convenzione stipulata il 20 settembre 1993 tra l’X (ora X) e l’X espressamente prevede la responsabilità dell’Unione per l’esatto espletamento degli adempimenti di pertinenza e delle attività affidate alle proprie Associazioni", che l’X aveva trasmesso le denunce di coltivazione non inserite nel sistema informatico X "per motivi tecnici e per mancanza di tempo" in data 13.1.1994 a mezzo di corriere e che l’X, ricevuto il plico, "aveva confermato che le pratiche sarebbero state evase positivamente". Ha affermato, ancora, che l’X non aveva provato le ragioni per le quali aveva richiesto un’ulteriore trasmissione delle denunce, effettuata dall’Associazione in data 11 ottobre 1994, sicchè risultava dimostrato che l’X aveva rispettato il termine di consegna, "tenuto conto che l’X aveva partecipato alla riunione con l’X in data 4.1.1994 e che la circolare del 5.1.1994 non era che il risultato di detta riunione organizzativa".
Ha dunque concluso che unica responsabile della mancata erogazione del contributo (non contestato nella indicata entità) era l’X per "il colpevole inadempimento dei propri obblighi".
E allora evidente che, nella ricostruzione della vicenda, il giudice di pace ha ritenuto provato, con motivazione niente affatto carente o contraddittoria, che se la documentazione cartacea inviata dall’X all’X il 13.1.1994 fosse stata da questa immediatamente trasmessa all’X, il contributo non sarebbe stato negato in relazione alle assicurazioni che l’X aveva offerto all’X e che questa aveva a sua volta dato ai produttori tramite l’X. La diversa valenza assegnata dalla ricorrente alla propria lettera circolare evidenzia solo la non condivisione da parte del giudice di pace delle prospettazioni dell’X e non anche un vizio di motivazione che, com’è noto, nelle sentenze emesse dal giudice di pace secondo equità in tanto assume rilievo in quanto si risolva in una motivazione meramente apparente, ovvero insanabilmente contraddittoria. La ricorrente del resto non chiarisce – come avrebbe dovuto in relazione al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione – se e con quali modalità era stato provato che l’X aveva rappresentato che le denunce non inserite nel sistema informatico avrebbero, dovuto essere trasmesse in originale e che a tanto l’X non aveva provveduto con la trasmissione del 13.1.1994.
Nè le invocate previsioni delle leggi comunitarie in ordine alla tassatività del termine entro il quale la denuncia di coltivazione andava effettuata e, di riflesso, l’asserita impossibilità per l’X di prorogarlo valgono ed evidenziare la violazione di norme di rango sopranazionale, giacchè la denuncia delle norme poste dei regolamenti CEE è prospettata solo in funzione asseritamente rivelatrice dell’erroneità delle (in questa sede insindacabili) valutazioni del fatto da parte del giudice di pace. Il quale non era tra l’altro tenuto all’osservanza delle norme di diritto sostanziale ordinarie in relazione alla natura equitativa della decisione demandatagli, sicchè risulta inammissibile la dedotta violazione dell’art. 2043 c.c.; mentre va radicalmente escluso che sia nella specie configurabile la violazione dei principi informatori della materia della responsabilità civile, nel senso che la soluzione equitativa non si ispiri a quei medesimi principi che pervadono la disciplina positiva (cfr. Corte costituzionale, sentenza 5 luglio 2004, n. 206).
5. Il ricorso va dunque rigettato con la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità sostenute dal controricorrenti.

P. Q. M.
LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida per ognuno dei controricorrenti in E. 450, di cui E. 400 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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