Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-10-2011) 15-11-2011, n. 42012 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale della Spezia, con sentenza in data 22.06.2006 dichiarava W.T.B. colpevole dei delitti tentati di favoreggiamento reale e personale, in tali termini riqualificato il fatto come originariamente contestato sub D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80, per avere introdotto illegalmente in Italia, in concorso con altra persona, una ingente quantità di sostanza stupefacente. Avverso la richiamata sentenza interponevano appello sia la difesa, sia il Procuratore Generale territoriale.

2. La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 29.06.2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riteneva sussistente l’ipotesi del tentativo rispetto al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, originariamente contestato.

La Corte di Appello riteneva pure sussistente l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, avuto riguardo alla partita di droga oggetto del tentativo (pari a 72 chili di cocaina); il Collegio rilevava che, anche dopo l’incendio, era residuato un chilogrammo di sostanza stupefacente pura, e che ciò consentiva di configurare la sussistenza della aggravante, tenuto conto della diffusività della sostanza. Concesse le attenuanti generiche in termini di equivalenza rispetto alla contestata aggravante, la Corte rideterminava il trattamento sanzionatorio in anni sei di reclusione oltre la multa.

3. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Genova ha proposto ricorso per cassazione l’imputato W., a mezzo del difensore, deducendo il travisamento del fatto processuale; la parte rileva che il prevenuto si recò due volte presso il carrozziere ove era ricoverato il camper; ed afferma che W. seppe della presenza della droga solo dopo la prima visita presso la carrozzeria.

L’esponente rileva che in occasione del secondo accesso presso la depositerà, effettuato per recuperare il serbatoio contente la droga, W. seppe che la Polizia aveva già sequestrato il serbatoio. Ritiene che possa, allora, configurarsi l’ipotesi del tentativo di favoreggiamento reale e non di concorso nella violazione della disciplina sugli stupefacenti.

Sotto altro aspetto, la parte rileva che dopo l’incendio nel serbatoio venne recuperata sostanza stupefacente, pari ad un chilogrammo, non commerciabile, perchè ormai deteriorata; assume, pertanto, che sussista la fattispecie di cui all’art. 49 c.p., comma 2, per inesistenza dell’oggetto; ed osserva di non avere in precedenza spiegato tale eccezione, avendo il primo giudice qualificato il fatto come ipotesi di favoreggiamento.

Il ricorrente osserva poi che non sussiste la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, poichè lo stupefacente sequestrato risultava non commerciabile; e rileva che le attenuanti generiche dovranno considerarsi prevalenti.

3.1 L’esponente ha proposto motivi nuovi. La parte ribadisce che la sostanza rinvenuta nel camper non era commerciabile e che risulta perciò violato il disposto di cui all’art. 49 c.p., comma 2.

A sostegno dell’assunto la parte allega perizia chimica – datata 8 aprile 2011 – e rileva l’insussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, trattandosi di droga non commerciabile.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Giova primieramente sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità, nelle sue varie e concrete espressioni – contraddittorietà, illogicità, etc. – deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali;

con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, "ex plurimis", Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272). Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, dopo aver già in passato precisato che "esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Cass. Sez. 4, sentenza n. 32911 in data 11.05.2004, dep. 29.07.2004, Rv. 229268).

4.2 Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono – con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie – esauriente e persuasiva risposta ai rilievi che erano stati mossi alla sentenza di primo grado.

Invero, la Corte di Appello ha evidenziato che il primo giudice aveva, in punto di fatto, correttamente osservato che W. intendeva collaborare con gli originari detentori e trasportatori dello stupefacente, al fine di recuperare la partita di droga. Il Collegio ha considerato, peraltro, che il Tribunale aveva errato nel ritenere interrotta la detenzione dello stupefacente da parte degli originari detentori, a causa dell’incendio del veicolo utilizzato per il trasporto della droga: il mezzo si era, infatti, incendiato ed era stato ricoverato presso una depositeria. La Corte di Appello ha evidenziato che si era verificata solo una perdita contingente di contatto fisico tra il detentore e la droga e che proprio per ricostruire tale contatto W. si era recato presso la depositeria, per procedere al materiale recupero della droga.

L’imputato, secondo la Corte territoriale, aveva così posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco, alla ricostituzione del contatto fisico con la sostanza stupefacente, la cui collocazione era perfettamente nota all’incaricante H. ed all’imputato e non alle forze dell’ordine. Sulla scorta di tali rilievi, la Corte di Appello ha rilevato, secondo un conferente percorso logico- argomentativo, immune dalle dedotte censure, che l’imputato aveva posto in essere un tentativo di detenzione di sostanza stupefacente;

e che l’evento non si era verificato per motivi indipendenti dalla volontà dell’agente: ciò in quanto il depositario, insospettito, aveva richiesto l’intervento della Polizia Stradale. La Corte territoriale ha inoltre escluso che potesse configurasi il reato impossibile – pure evidenziando che la questione non era stata dedotta dalla difesa – attesa l’idoneità dell’azione poste in essere al fine di realizzare il recupero della droga e l’esistenza dell’oggetto dell’azione medesima. Al riguardo, deve pure rilevarsi che detta questione, oggi prospettata diffusamente nei motivi nuovi, non venne effettivamente proposta con l’atto di appello, di talchè la stessa risulta inammissibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 606 c.p.p., comma 3, (in termini, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40240 del 22/11/2006, dep. 06/12/2006, Rv. 235504).

4.3 Infine, con specifico riferimento alla doglianza riguardante la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, in relazione al tentativo di importazione di una partita di 72 chilogrammi di cocaina, si osserva che questa suprema Corte ha chiarito che "la disciplina del reato tentato coinvolge tutti gli aspetti della tipicità compresi quelli inerenti alle circostanze: ne consegue che è configurabile, in materia di delitti concernenti gli stupefacenti, l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 allorchè vi sia prova che, se l’operazione illecita di traffico di droga fosse riuscita, essa avrebbe riguardato un quantitativo ingente di sostanza" (Cass. Sez. 4, sentenza n. 2631 del 23.11.2006, dep. 25.01.2007, Rv. 235937).

5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *