Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 15-11-2011, n. 42011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di O.K. avverso la sentenza emessa in data 5.3.2010 dalla Corte di Appello di Napoli che, in parziale riforma di quella in data 16.6.2009 del GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, riduceva la pena inflitta al detto O. per il delitto sub A) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis) ad anni cinque di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa e quella inflitta per il delitto sub capo B) ( D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter) a mesi cinque e giorni dieci di reclusione.

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, poichè la Corte, pur avendo la difesa rinunciato a tutti i motivi di appello diversi da quelli concernenti la misura della pena, aveva pretermesso l’esame dei motivi di gravame relativi alla esclusione della contestata recidiva, al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quella della collaborazione ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7, richiesta con i motivi aggiunti) e al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti (ivi comprese quelle generiche) sulla recidiva, concernendo tali richieste esclusivamente alla "misura della pena".

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va respinto.

L’allocuzione "motivi relativi alla misura della pena" si deve intendere con stretto riferimento all’entità della pena, a prescindere da ogni altra censura il cui accoglimento possa, direttamente o indirettamente, influire sulla sua misura finale e ciò tanto più che dai motivi d’appello, quali riportati nella sentenza impugnata, si evince che per entrambi i reati contestati era stato espressamente ed autonomamente richiesto il minimo della pena e, addirittura, per quello sub A) nemmeno era stata adombrata l’ipotesi assolutoria, sicchè, in tale ultimo caso, se i motivi attinenti alla misura della pena dovessero essere intesi estensivamente, come prospettato dalla difesa, si dovrebbe concludere che nessuna vera rinuncia ai motivi diversi da quelli predetti sarebbe stata formulata.

Orbene, la rinuncia ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla riduzione di pena ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità.

Pertanto, poichè, ex art. 597 c.p.p., comma 1, l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione, nè può farlo il giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorchè unilaterali (Cass. pen. Sez. 2^, n. 3593 del 3.12.2010, Rv. 249269), nè tanto meno può farlo sulla base di un’interpretazione estensiva di quelli non rinunciati, pena la superfluità stessa della rinuncia intervenuta fin dal 2009.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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