Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 15-11-2011, n. 42010

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di F.D. avverso la sentenza emessa in data 1.12.2010 dalla Corte di Appello di Napoli che confermava quella del GUP del Tribunale di Napoli in data 11.5.2010 che aveva condannato il F. alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa, per il delitto di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (cessione in diverse occasioni a terzi di cocaina di cui 2 involucri di peso netto pari a gr. 0,73 ceduti a N. V., svolgendo anche il ruolo di sentinella ai suoi complici;

fatto commesso in data 8.12.2009).

La Corte territoriale condivideva le osservazioni del Giudice di primo grado circa la penale responsabilità del F., fondata sugli esiti delle operazioni di osservazione, perquisizioni e sequestro di stupefacente, sulle dichiarazioni del teste N. (acquirente di sostanza stupefacente sequestrata), sull’accertata organizzazione di un’attività di spaccio e sulla constatazione che il F., prima intento al controllo delle auto in procinto di entrare nel complesso edilizio ove si svolgeva il traffico illecito, all’avvicinarsi delle forze dell’ordine, ebbe a gridare intenzionalmente " T., T.", consentendo ai complici di allontanarsi e sottrarsi all’arresto.

Il ricorrente deduce i motivi di seguito sinteticamente riportati:

1. la violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p., commi 1 e 2 concernente la valutazione delle prove, dolendosi delle argomentazioni addotte a fondamento del giudizio di responsabilità in capo al ricorrente;

2. il vizio motivazionale, dolendosi della motivazione per relationem e del ragionamento seguito per escludere l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 378 c.p., evidenziando anche l’apparenza della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche;

3. la violazione di legge, ancora in relazione all’art. 62 bis c.p..

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse aspecifiche e manifestamente infondate.

Anzitutto è palese la sostanziale aspecificità dei motivi che hanno riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Ed è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4^, 29.3.2000, n. 5191 Rv.

216473 e successive conformi, quale: Sez. 2^, 15.5.2008 n. 19951, Rv.

240109).

Inoltre, quanto alla prima censura, si osserva che il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo" (nel caso di specie, nemmeno allegati, in violazione del principio di "autosufficienza del ricorso" costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale), non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito (Cass. pen. Sez. 4^, 19.6.2006, n. 38424), giacchè, attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi (Cass. pen. Sez. 4^, 12.2.2008, n. 15556, rv. 239533; conformi: n. 27518 del 2006 Rv. 234604, n. 30440 del 2006 Rv. 236034, n. 4675 del 2007 Rv.

235656).

Tale possibilità, peraltro, varrebbe nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme (in cui le sentenze di primo e secondo grado s’integrano completamente a vicenda in un unicum inscindibile, come nel caso di specie), il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. 4^, 3.2.2009, n. 19710; conformi: n. 5223 del 2007 Rv.

236130, n. 24667 del 2007 Rv. 237207).

Corretta ed esaustiva è la motivazione addotta dalla Corte territoriale a supporto dell’infondatezza delle doglianze addotte in sede di appello, laddove ha richiamato e condiviso la motivazione del giudice di primo grado. Infatti, questa Suprema Corte ha affermato che, in tema di motivazione della sentenza di appello, si deve ritenere consentita quella "per relationem" con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate contro quest’ultima non contengano (come nel caso di specie) elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi; il giudice di appello non è infatti nemmeno tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni riferite solo sommariamente dall’appellante nei motivi di gravame, questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni ritenute esatte ed esenti da vizi logici dal giudice di appello e non apparendo il richiamo alla motivazione di primo grado effettuata in termini apodittici (cfr. Cass. pen. Sez. 4^, 17.9.2008, n. 38824, Rv. 241062; Sez. V, 22.4.1999, n. 7572, Rv.

213643).

Inoltre, con i motivi il ricorrente, pur denunziando formalmente violazioni di legge in riferimento ai principi di valutazione della prova, ex art. 192 c.p.p., comma 2, non critica in realtà la violazione di specifiche regole preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì pretende la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile in sede di verifica della legittimità del percorso giustificativo della decisione, quando – come nel caso in esame – la struttura razionale della motivazione della sentenza ha una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata alle risultanze del quadro probatorio.

Invero, le argomentazioni addotte si sostanziano in deduzioni di puro fatto tese a sovrapporre una propria ricostruzione della vicenda rispetto a quella operata dai giudici di merito come tale, preclusa nella presente sede di legittimità. E tanto con particolare riferimento ai presupposti del ragionamento seguito per ritenere il concorso nel reato di spaccio di stupefacenti e non già il mero favoreggiamento personale e, cioè, alla qualificabilità del proferimento del nome " T." come allarme convenzionale diretto agli spacciatori.

Infatti, in forza dell’espressa clausola "fuori dei casi di concorso" contenuta nell’art. 378 c.p., il delitto di favoreggiamento personale presuppone che il soggetto attivo non sia stato coinvolto, nè oggettivamente nè soggettivamente, nella realizzazione del reato presupposto, e nel caso di specie è chiaro che, come evidenziato dal Giudice a quo, l’aiuto prestato nel corso dell’azione criminosa (allarme lanciato durante l’operazione dei Carabinieri) rientra nella fattispecie del concorso di persone nel reato – e non nel favoreggiamento personale -, essendo da ciò evincibile la consapevolezza di contribuire alla realizzazione di una condotta ben organizzata con altri soggetti (altra vedetta e il pusher che riuscirono a sottrarsi all’arresto).

Quanto alle denegate circostanze attenuanti generiche, si osserva che la motivazione addotta dalla Corte territoriale in ordine alla circostanza che l’applicazione delle stesse non rappresenta un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi (come i precedenti penali) ma richiede elementi di segno positivo, non solo rispecchia l’orientamento più recente di questa Corte di legittimità, ma ormai rappresenta una precisa indicazione di legge con l’introduzione del comma 3 dell’art. 62 bis c.p. (con D.L. n. 92 del 2008, e quindi già in vigore al momento del fatto).

Invero, la concessione delle attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.

Tali attenuanti non vanno intese come oggetto di una benevola concessione da parte del giudice, nè l’applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro concessione deve avvenire come riconoscimento della esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di positivo apprezzamento (Cass. pen. Sez. 1^, 4.11.2004 n. 46954 Rv. 230591; Sez. 6^, 28.10.2010, n. 41365, non massimata dal CED).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1,000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *