Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-05-2012, n. 8100 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17.9/10.10.2009 la Corte di appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che rigettava la domanda proposta da C.R. per fare accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla società S.S.C. – Società Sviluppo Commerciale, di cui era dipendente.

Osservava la corte territoriale che la contestazione dei fatti posti a fondamento del licenziamento era da ritenersi tempestiva e specifica, per essere i comportamenti addebitati puntualmente individuati non solo nella loro dinamica, ma anche con riferimento alle relative circostanze di tempo e di luogo, e che gli stessi erano, altresì, idonei a pregiudicare l’elemento fiduciario, trattandosi di fatti commessi intenzionalmente, minacciosi e plateali.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso C.R., affidandolo a quattro motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso la società intimata, che ha proposto incidentale condizionato.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 24 Cost., comma 2, e art. 111 Cost., commi 1 e 2, dell’art. 6 della CEDU, nonchè degli artt. 210 e 421 c.p.c., ed, al riguardo, osserva che la corte territoriale aveva omesso di pronunciare sulle istanze istruttorie avanzate nel processo, cosi determinando una grave violazione del diritto alla prova, quale garanzia fondamentale del diritto di difesa, anche alla luce dei principi del giusto processo e del contraddittorio.

Con il secondo motivo, prospettando vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente rileva che i giudici di appello avevano erroneamente disatteso la richiesta di esibizione dei filmati registrati dal sistema di videosorveglianza a circuito chiuso presente all’interno dei locali aziendali, sebbene ciò consentisse di stabilire con certezza l’insussistenza dei fatti addebitati, e precisamente che il dipendente non era stato presente nei locali aziendali il 10.4.2006 (allorchè, secondo quanto contestatogli, avrebbe minacciato di morte due guardie giurate), e che il successivo giorno 12 non aveva affatto tenuto i comportamenti addebitati (e precisamente, che, alla presenza di varie persone, avrebbe compiuto atti disdicevoli nei confronti dei dipendenti della Hunter Security, addetti alla vigilanza).

Con il terzo motivo, prospettando ancora vizio di motivazione, il ricorrente lamenta che i giudici di appello avevano del tutto ignorato anche la richiesta di prova orale in ordine alle medesime circostanze.

Con l’ultimo motivo, infine, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 115, 116, 420 e 421 c.p.c., la sentenza impugnata viene censurata per aver ritenuto del tutto irrilevante la produzione di un certificato medico attestante lo stato di malattia del ricorrente dal 6 al 10 aprile 2006, sulla base della considerazione che lo stesso avrebbe potuto essere, comunque, presente "sul luogo quale sindacalista", sebbene fossero stati prodotti gli statini dello stipendio dai quali risultava che in tali giorni il C. era assente per malattia.

2. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

3. Il primo motivo è infondato.

Fermo restando quanto in prosieguo si preciserà in ordine all’ammissibilità e congruità delle singole censure, basta sul punto rilevare che la corte territoriale, lungi dal non pronunciarsi sulle istanze istruttorie avanzate dal ricorrente, ha, piuttosto, operato una motivata valutazione di adeguatezza del quadro probatorio già acquisito, di per sè insindacabile in questa sede di legittimità.

Ed, in proposito, va ribadito, in conformità all’insegnamento costante di questa Suprema Corte, che non compete al giudice di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (così per tutte SU n. 5802/1998), non incontrando, al riguardo, il giudice di merito alcun limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le allegazioni che, sebbene non menzionati specificatamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. ad es. Cass. n. 11933/2003; Cass. n. 9234/2006).

4. Infondato è anche il secondo motivo.

E’ comune, nella giurisprudenza di legittimità, l’ affermazione che i provvedimenti, positivi o negativi, emessi dal giudice di merito sulla richiesta di esibizione costituiscono esercizio di un potere discrezionale, rimesso al prudente apprezzamento del magistrato, si ritenga poi tale potere di per sè insindacabile, pur in assenza di motivazione (v. ex plurimis Cass. n. 375/2010, Cass. n. 5908/2004, Cass. n. 19054/2003), ovvero soggetto a sindacato nei limiti della sufficienza ed adeguatezza della relativa motivazione (ad es, Cass. n. 17149/2008).

Con riferimento a quest’ultimo punto di vista, si precisa, comunque, che il mancato ordine di esibizione si traduce in un vizio della sentenza quante volte la Suprema Corte, in sede di controllo, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, dell’esame compiuto dal giudice di merito cui è riservato l’apprezzamento della relativa istanza, riconosca che il ragionamento da quest’ultimo seguito si riveli incompleto, incoerente o irragionevole con riferimento a punti decisivi della controversia (cfr. da ultimo Cass. n. 6439/2010).

Nel caso in esame, il mancato accoglimento dell’istanza di esibizione, che, come noto, costituisce, comunque, un rimedio istruttorio residuale, utilizzabile solo quando la prova del fatto non sia acquisibile in altro modo o non abbia finalità solo esplorative (v. ad es. Cass. n. 5908/2004; Cass. n. 12997/2004), rinviene, nel contesto della decisione impugnata, coerente giustificazione nella asserita completezza del quadro istruttorio acquisito e nella sua idoneità a fornire adeguato supporto alle ragioni della decisione, rendendo, sotto questo aspetto, incensurabile la relativa motivazione.

5. Il terzo motivo è inammissibile.

Premesso che i giudici di appello non hanno ignorato la prova testimoniale richiesta dal ricorrente, ma solo ritenuto la stessa irrilevante, in considerazione della ritenuta non necessità dell’acquisizione di ulteriori prove, si deve rammentare come, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, la parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla relativa trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisi vita dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. ad es. per tutte Cass. n. 10913/1998; Cass. n. 12362/2006; Cass. n. 14938/2009; Cass. n. 18375/2010).

Nel caso, la richiesta istruttoria, per come documentata in seno al ricorso, si palesa del tutto incompleta, facendo la stessa riferimento a circostanze (e precisamente, alle "circostanze di fatto di cui alla narrativa del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado da A) a G) e da 1) a 3) da intendersi in questa sede – per brevità – ripetute e trascritte integralmente…") che non sono, a loro volta, per nulla individuate, così come non sono affatto documentate le dichiarazioni rese dagli informatori, sebbene ritenute del tutto decisive dai giudici di appello.

6. Eguali considerazioni vanno svolte anche con riferimento alìultimo motivo, almeno per ciò che riguarda i documenti (gli statini di stipendio) ivi menzionati, non essendo tali documenti nè indicati nella loro collocazione fra gli atti di causa, nè, comunque, trascritti, in conformità al canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, per come previsto dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (v. Cass. n. 18854/2010; SU ord. n. 7161/2010;

SU n. 22726/2011).

Per il resto, si deve rilevare che la corte di merito ha ritenuto irrilevante la produzione del certificato medico non solo sulla base della considerazione che il ricorrente poteva trovarsi sui luoghi nella sua qualità di sindacalista, ma anche in forza del rilievo che lo stesso non aveva dedotto, nel l’immediatezza dei fatti, in sede di giustificazioni conseguenti alla contestazione disciplinare, l’assenza dal luogo di lavoro per ragioni di malattia, nonostante si trattasse di situazione ictu oculi influente rispetto alla giustificazione dei fatti addebitati.

Trattasi di motivazione logicamente plausibile e non contraddittoria, che non risulta censurabile in sede di legittimità. 7. Il ricorso principale va, pertanto, rigettato, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato, relativo alla rituale notifica dell’atto introduttivo del processo.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale condizionato, condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 2500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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