Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-05-2012, n. 8099 Assegno di invalidità Pensione di inabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Ancona, confermando la statuizione di primo grado, ha negato il diritto di C.S. – azionato nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze – all’assegno mensile di assistenza di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13 sul rilievo che la ricorrente, pur avendo presentato la relativa domanda amministrativa quando ancora non aveva compiuto il 65 anno di età, aveva superato la prescritta età anagrafica alla data – 1 ottobre 2005 – in cui si era perfezionato il diritto alla provvidenza assistenziale; conseguendone che non poteva operare, nella specie, il meccanismo previsto dal disposto della L. n. 118 del 1971, art. 19 e del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 8 e non spettava, quindi, alla ricorrente il diritto, dalla stessa rivendicato, alla conversione (automatica) della provvidenza economica in parola nell’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 6.

Per la cassazione di questa sentenza C.S. ha proposto ricorso fondato su un unico motivo illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Resistono con distinti controricorsi l’INPS e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Motivi della decisione

Nell’unico motivo la ricorrente denuncia violazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12, 13 e 19. Sostiene che il giudice d’appello ha indebitamente dato rilievo al momento dal quale viene erogato l’assegno mensile di assistenza invece che a quello del perfezionamento del relativo diritto, sorto necessariamente in data precedente, al verificarsi, cioè, delle condizioni invalidanti e spettante, pertanto (in caso di esito positivo della procedura di accertamento della invalidità), fin dalla data della domanda diretta a tale accertamento; domanda che, nel caso di specie, era stata presentata dalla C. quando ancora non aveva compiuto i 65 anni, così da aver diritto all’assegno (sussistendone tutti i requisiti) e, per ciò stesso, alla conversione automatica del detto beneficio economico nell’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6.

Il ricorso non è fondato.

La soluzione della questione dibattuta esige una rilettura delle norme relative al riconoscimento delle provvidenze economiche destinate agli invalidi civili che tenga conto,principalmente, nel ricostruirne il significato, del loro in equivoco tenore letterale, coerente, peraltro, con la complessiva "ratio" dell’intervento legislativo in questa specifica materia.

Orbene, se si ha riguardo al disposto della L. n. 118 del 1971, art. 12 che disciplina la pensione di inabilità, nonchè all’analoga regola dettata per l’assegno mensile di assistenza dal successivo art. 13 (essendo il suddetto beneficio economico concesso – anche dopo le modifiche apportate all’art. 13 dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, – "con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’articolo precedente") risulta, testualmente, che le suddette provvidenze economiche sono "concesse, a carico dello Stato … con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda per l’accertamento della inabilità" (ovvero, nel caso dell’assegno, di una riduzione della capacita lavorativa in misura superiore ai due terzi).

Quando una norma di carattere assistenziale, con riferimento al beneficio economico da essa apprestato, ne fa, esplicitamente, coincidere la "concessione" (termine, quest’ultimo, usuale specialmente nei primi interventi legislativi in materia ed equivalente, nei medesimi, a "riconoscimento del diritto") con una certa data, se ne impone una lettura nella quale i due elementi vanno ritenuti coesistenti e inseparabili; conseguendone che la data stabilita dalla legge come quella di "decorrenza" del beneficio diventa, anch’essa, elemento costitutivo del diritto, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura la data in questione (nel caso delle provvidenze previste dalla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda di accertamento della inabilità o dell’invalidità civile).

Significativo dell’aderenza della riferita interpretazione alla struttura letterale e logica dell’enunciato normativo appena considerato è quanto il legislatore ha successivamente – ed esplicitamente – disposto al momento di apprestare, a favore degli invalidi civili totalmente inabili, l’ulteriore provvidenza economica costituita dall’indennità di accompagnamento. Stabilisce, infatti, in questo caso, testualmente, la L. n. 18 del 1980, art. 1, comma 3, ultima parte, che "il diritto all’indennità di accompagnamento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale viene presentata la domanda".

Che il tempo indicato dalla legge come quello di decorrenza dei benefici economici previsti per gli invalidi civili rilevi integri gli altri (prescritti) requisiti ai fini del perfezionamento del relativo diritto è, del resto, specificamente argomentabile anche dalla formulazione del D.P.R. n. 698 del 1994, ari. 5, comma 1, ossia del "Regolamento recante norme sul riordinamento dei procedimenti in materia di riconoscimento delle minorazioni civili e sulla concessione dei benefici economici", il quale stabilisce che i benefici in questione decorrono dal mese successivo alla data della domanda di accertamento sanitario, ovvero dalla "diversa successiva data" eventualmente indicata dai organismi sanitari competenti (come quella del venir in essere del prescritto requisito sanitario).

Invero, la disposizione secondo cui le provvidenze economiche possono eventualmente decorrere dalla "diversa successiva q data" indicata dalle competenti commissioni sanitarie – disposizione costantemente interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che da tale data deve considerarsi sorto il diritto e dovuti i benefici economici – risulterebbe asistematica e priva di logica se identico rilievo – vale a dire di elemento integrativo necessario alla nascita del diritto – non si desse anche alla data per prima indicata nello stesso testo normativo.

Fornisce ulteriori elementi di riscontro alla interpretazione su esposta la comparazione della disciplina propria delle provvidenze economiche apprestate per gli invalidi civili con quella dettata, per le prestazioni previdenziali di invalidità (pensione di inabilità ed assegno ordinario), dal D.P.R. n. 488 del 1968, art. 18 norma alla quale, ai sensi della L. n. 222 del 1984, art. 12 deve continuare a farsi riferimento per le prestazioni liquidate ai sensi della medesima legge e che esplicitamente distingue – almeno come regola generale – il momento di perfezionamento del diritto da quello della decorrenza dell’obbligo di corresponsione delle prestazioni medesime, facendo coincidere quest’ultimo con il primo giorno del mese successivo a quello in cui, appunto, si è perfezionato il relativo diritto.

In conclusione, da una lettura delle disposizioni degli artt. 12 e 13 della cit. Legge doverosamente effettuata tenuto conto delle finalità ispiratrici del più ampio complesso normativo in cui esse si inseriscono, deve desumersi che la volontà del legislatore sia quella di esigere, tra gli altri requisiti cui è subordinata la "concessione" delle ivi previste provvidenze economiche, anche il decorso di un certo periodo di tempo; in tal modo, il momento di perfezionamento del diritto alle provvidenze medesime diventa il momento in cui questo tempo è decorso, costituito dalla indicata data di decorrenza.

Ne consegue, sia per la pensione di inabilità civile (la cui attribuzione del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 8 – che ha modificato in tal senso la L. n. 118 del 1971, art. 12 – ha limitato ai soggetti che non abbiano compiuto i 65 anni di età), sia per l’assegno mensile di assistenza (dovuto ai soli soggetti di età compresa tra i 18 e i 64 anni di età) che il relativo diritto è riconoscibile soltanto se tutti i requisiti per essi richiesti sussistano nel primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità (ovvero nella successiva data indicata dalle competenti autorità sanitarie a norma del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 1); con l’ulteriore conseguenza che le indicate provvidenze economiche non spettano ai soggetti che, alle date in questione, non posseggano il prescritto requisito anagrafico.

Non vale a fornire ulteriori e divergenti criteri di interpretazione quanto è stato affermato dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12270 del 2004, la quale occupandosi specificamente di una richiesta di indennità di accompagnamento in un caso nel quale il requisito sanitario si era concretizzato nel corso del procedimento giurisdizionale, ha riconosciuto il diritto all’attribuzione del beneficio dalla data in cui era stata verificata (dal CTU) la sussistenza del requisito in questione. Per questa ipotesi, invero – in quanto assimilabile a quella, di cui al D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5 più volte citato – la decisione in esame è pienamente condivisibile, così come condivisibile è la considerazione che la durata del processo non può tradursi in un danno per la parte che ha ragione, pregiudicandone i diritti. Non può condividersene, invece, l’affermazione secondo cui la indicazione del primo giorno del mese successivo a quello della domanda dell’accertamento sanitario come data di decorrenza delle provvidenze per l’invalidità civile risponderebbe "verosimilmente" ad "opportunità di natura contabile" (mentre il diritto sorgerebbe al momento del concretizzarsi dello stato invalidante), perchè, se così fosse, identico criterio dovrebbe valere anche quando le condizioni di assistibilità si realizzino in una data successiva a quella di presentazione della domanda di accertamento sanitario, laddove, come già detto, il D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 1, (e la stessa citata sentenza) affermano che, in questo caso, il diritto alle provvidenze economiche sussiste fin dalla data in questione.

Per tutte le ragioni su esposte ritiene il Collegio di dissentire dalla sentenza di questa Corte n. 7043 del 2009 – richiamata dalla parte ricorrente a conforto della propria tesi difensiva e sostanzialmente motivata ripercorrendo le argomentazioni delle citate Sezioni unite – solo dovendo aggiungere , sotto il profilo della compatibilità delle norme di legge, come sopra interpretate, con l’art. 38 Cost., comma 1, che il precetto in questione, nel prevedere il diritto dei soggetti inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all’assistenza sociale, ne impone la tutela, ma non ne prescrive le modalità, restando quindi affidato al legislatore stabilire le condizioni e i limiti di accesso alle provvidenze di volta in volta apprestate, in rapporto alla (altrettanto) doverosa esigenza di tener conto delle risorse finanziarie disponibili per i fini di assistenza sociale.

In definitiva, la sentenza impugnata è da ritenere giuridicamente corretta laddove ha considerato rilevante, ai fini della nascita del diritto all’assegno di invalidità civile, il primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda per l’accertamento del requisito sanitario; e, in ragione di ciò, ha ritenuto insussistente il diritto in parola, avendo l’interessata – a tale data – superato l’età prevista dalla legge come limite massimo alla attribuibilità del richiesto beneficio economico. Ne deriva ( come altrettanto correttamente ha affermato la Corte territoriale) che alla C. – in base alla disciplina di legge vigente ratione temporis – poteva spettare solamente l’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, (ovviamente se in possesso dei relativi requisiti) non operando, a suo favore, il meccanismo della conversione automatica (in pensione o assegno sociale) dei benefici economici di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 – così come previsto e regolamentato dalla L. n. 118 del 1971, art. 19 poi dalla L. n. 854 del 1973, art. 11 e, successivamente, dal D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 8 – tale operatività essendo subordinata, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla titolarità dei benefici in questione (tra tante, da ultimo, Cass. n. 23481 del 2010).

Il ricorso va, quindi, rigettato.

Considerata la problematicità della questione controversa, si compensano tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa fra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2012

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