Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 15-11-2011, n. 42006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di S.F. avverso la sentenza emessa in data 27.9.2010 dalla Corte di Appello di Catania che confermava quella del Tribunale di Catania in data 10.3.2010 con la quale lo S. era stato dichiarato colpevole del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e condannato alla pena di anni dieci di reclusione ed Euro 45.000,00 di multa. Deduce i seguenti motivi:

1. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 125 c.p.p., comma 3, assumendo il travisamento del contenuto delle deposizioni testimoniali, tra loro divergenti in ordine al ruolo svolto dall’imputato, rese dai verbalizzanti in sede dibattimentale;

2. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta impossibilità di applicare l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, attesa la quantità della sostanza (gr. 0,039, pari ad 1,6 dosi medie di Cannabis Sativa);

3. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 99 c.p., comma 4, assumendo l’erroneità dell’aumento di pena di 2/3 applicato tale titolo e la carenza di adeguata motivazione in relazione al rigetto della richiesta di esclusione della recidiva formulata con i motivi di appello;

4. il vizio motivazionale in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Quanto alla prima censura, la stessa è manifestamente infondata e, persino, non consentita in sede di legittimità.

Infatti, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo" (nel caso di specie, nemmeno allegati, in violazione del principio di "autosufficienza del ricorso" costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale), non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito (Cass. pen. Sez. 4, 19.6.2006, n. 38424), giacchè, attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri Inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi (Cass. pen. Sez. 4, 12.2.2008, n. 15556, rv. 239533; conformi: n. 27518 del 2006 Rv. 234604, n. 30440 del 2006 Rv. 236034, n. 4675 del 2007 Rv.

235656). Tale possibilità, peraltro, varrebbe nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme (in cui le sentenze di primo e secondo grado s’integrano completamente a vicenda in un unicum inscindibile, come nel caso di specie, in cui, anzi, la ricostruzione dei fatti è stata operata nuovamente e con minuziosa accuratezza, escludendo, in particolare, l’inattendibilità dei testi e la non convergenza delle loro deposizioni con spiegazione dei diversi punti di vista dei verbalizzanti), il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (cfr. Cass., pen., sez. 4, 3.2.2009, n. 19710; conformi: n. 5223 del 2007 Rv. 236130, n. 24667 del 2007 Rv. 237207).

Quanto al secondo motivo di ricorso, se deve rilevare la manifesta infondatezza. Invero, la Corte ha fatto corretta applicazione della normativa di settore, come costantemente interpretata dalla Corte di legittimità: in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa):

dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di "lieve entità" (di recente, Sez. 4, n. 43399 del 12/11/2010 Rv. 248947), Peraltro è stato persino affermato che non è qualificabile come fatto di lieve entità l’ipotesi di singolo spaccio di modesta quantità della sostanza, se esso costituisca l’apprezzabile reiterazione, antecedentemente programmata o meno, di altri simili atti. (Sez. 4, n. 10764 del 25/05/1992, Rv. 192325).

Ma nel caso di specie il giudice di merito ha valutato sia le modalità esecutive dei fatti rilevando una ben organizzata attività di spaccio in luogo pubblico di droga in modo "seriale", sia la condotta specifica dello S. tesa alla diretta partecipazione al momento della consegna dello stupefacente agli acquirenti nonchè alla frapposizione di ostacoli all’attività investigativa e repressiva degli inquirenti: da ciò è stata correttamente tratta la non episodicità e non irrilevanza della fattispecie.

E’ stato evidenziato che il modesto quantitativo dello stupefacente sequestrato è riconducile alla fuga di tre concorrenti nel reato dello S. che risultavano agli atti essere riusciti ad allontanarsi portando seco le buste contenenti la droga che veniva spacciata e da cui venivano viste prelevare le "dosi" di droga cedute agli acquirenti durante l’attività di osservazione diretta svolta dagli acquirenti.

Sicchè non può nemmeno ritenersi che la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità sia stata esclusa "sulla base del mero presupposto che l’imputato abbia posto in essere una pluralità di condotte di cessione della droga reiterate nel tempo, prescindendo in tal modo da una vantazione di tutti i parametri dettati in proposito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5" (Cass. pen. Sez. 6, n. 29250 del 1.7.2010, Rv. 249369).

Deve, dunque, riconoscersi come sia stata considerata con adeguata motivazione, per escludere la sussistenza dell’invocata attenuante, anche la modestia del quantitativo dello stupefacente repertato e ceduto.

Quanto alle ultime due censure concernenti le circostanze attenuanti generiche e la recidiva, le stesse si appalesano del manifestamente infondate. Infatti, comunque la Corte distrettuale ha addotto una sufficiente motivazione laddove ha evidenziato l’assenza di qualsiasi deduzione difensiva atta a giustificare l’esclusione dell’aumento di legge ovvero una diversa applicazione dei alteri di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p., evidenziando che gli elementi processuali desumibili dagli atti non consentivano di pretermettere la grave recidiva specifica reiterata e che gli specifici precedenti penali erano ostativi alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Del resto, la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche – ovvero In ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonchè per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena – rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p. è censurabile In cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico: circostanze che nel caso di specie devono escludersi alla luce della congrua motivazione sopra indicata.

Infine, quanto alla recidiva (specifica e reiterata ex art. 99 c.p., comma 4), va evidenziato che, benchè a seguito della riforma dell’art. 99 c.p., ad opera della L. 5 dicembre 2005, n. 251, l’aumento di pena per effetto della recidiva (facoltativo in modo pacifico nel sistema precedente) è rimasto discrezionale in tutti i casi descritti dall’art. 99 c.p., salvo quello contemplato dal comma 5, è anche vero che in tema di recidiva facoltativa, il giudice ha l’obbligo di puntuale motivazione soltanto quando esclude la circostanza, non anche quando la ritiene (Cass. pen. Sez. 4, 2.7.2009 n. 36915 Rv. 244987), ma nel caso di specie, come sopra rimarcato, una motivazione del tutto adeguata e corretta comunque vi è e non merita censura alcuna.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00. In favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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