Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 25-08-2011) 15-11-2011, n. 41740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 9 novembre 2010, ha parzialmente confermato la sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Udine in data 25 gennaio 2010 nei confronti di C. S., amministratore unico della Euroservice s.r.l., dichiarata fallita il (OMISSIS), riducendo a mesi otto la pena di mesi dieci di reclusione inflitta dal primo Giudice per i seguenti reati:

C.S. ( B.M. – stralciato al n. 214/10 R.G. GIP, CA.En. – proc. N. 4953/07 R.G. GIP, S.S. – proc. N. 4953/07 R.G. GIP) "Del delitto di bancarotta semplice patrimoniale p. e p. dall’art. 110 c.p., art. 217, comma 1, n. 2, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 219 e art. 224, comma 1, (L Fall.), perchè, nella rispettive qualità e ruoli oltre precisati, in concorso tra loro e previo concerto, consumavano parte rilevante del patrimonio della società EUROSERVICE srl, con sede in (OMISSIS), dichiarata fallita dal Tribunale di Udine con sentenza n. 20/04 del 5.03.2004 a mezzo la destinazione di disponibilità finanziarie sociali alla società CEIT srl, corrente in Montegrotto Terme (PD) in assenza di reale ed effettiva contropartita o corrispettivo, ma nell’interesse della società CEIT srl e dei soci della stessa, società che gestiva una operazione immobiliare in Croazia, alla quale erano direttamente interessati esponenti di rilievo della LEGA NORD; valutazione incongrua, imperita e imprudente della fattibilità e redditività complessiva della operazione immobiliare estera che induceva all’acquisizione di consistente finanziamento da istituto bancario, finanziamento costituente sostanzialmente l’intero patrimonio sociale, che veniva consumato per il perseguimento del progetto immobiliare estero, gestito dalla CEIT srl, la cui reale consistenza, rischiosità e redditività era stata valutata con approssimazione e grave e manifesta imprudenza e imperizia; in particolare EUROSERVICE SRL otteneva, grazie al diretto interessamento personale dello S., cliente conosciuto dalla banca, un finanziamento dalla filiale di Vicenza di Cassamarca spa (ora Unicredit Banca d’Impresa spa) nel gennaio del 2001 per l’importo complessivo di lire 1.000.000.000 a fronte di garanzie personali prestate all’Istituto bancario da B.M. – deputato della Repubblica, tesoriere (segretario federale amministrativo) della LEGA NORD, amministratore e socio di CEIT srl;

da S.S. – deputato della Repubblica della LEGA NORD, amministratore e socio di CEIT srl; da CA.En. ò Presidente del Consiglio della Regione Veneto, appartenente alla LEGA NORD, amministratore e socio di CEIT srl; da C. S., presidente del consiglio di amministrazione della CEIT srl, e BO.Um. – Senatore della Repubblica e Segretario Generale della LEGA NORD, non amministratore nè socio della CEIT srl, di cui comunque alcune quote erano detenute dalla moglie M. E.. A fronte di detto finanziamento Euroservice srl provvedeva ad erogare anticipazioni finanziarie direttamente a CEIT srl per complessive lire 560.000.000 (di cui lire 500.000.000 milioni in data 18/01/2001, lire 50.000.000 in data 15/02/2001, e lire 10.000.000 in data 06/04/2001) ed a utilizzare l’ulteriore importo di lire 420.000.000 in favore dei signori M. e O.A. per l’acquisto di una quota di partecipazione in CEIT srl del valore nominale di lire 1.000.000 e per il subentro in un credito per finanziamento nei confronti di CEIT srl di lire 420.000.000, pagamento effettuato in adempimento di un’obbligazione (di acquisto di proprie quote) assunta nei confronti degli O. da CEIT srl, la quale non poteva provvedervi direttamente per ragioni sia di natura finanziaria (impossibilità di ottenere affidamenti) sia di natura giuridica (impossibilità di acquisto di proprie quote per una società a responsabilità limitata), esecuzione dell’operazione di interesse immediato per CEIT in considerazione dell’obbligo da assolvere con O. e delle proprie condizioni finanziarie; non altrettanto per Euroservice. La società EUROSERVICE srl veniva così utilizzata quale strumento per acquisire disponibilità finanziarie ed eseguire pagamenti afferenti a una iniziativa immobiliare in corso di realizzazione in Croazia – cd. "progetto (OMISSIS)" – gestita direttamente da esponenti della LEGA NORD o dalla LEGA NORD direttamente tramite i suoi maggiori esponenti politici, che non volevano apparire, tramite la società CEIT srl, che aveva acquistato la totalità delle partecipazioni nella società croata KEMKO d.o.o. con sede in (OMISSIS), proprietario dei terreni sui quali doveva essere realizzato il villaggio turistico. Essendosi accertato che la società CEIT srl, beneficiario dei finanziamenti da parte della EUROSERVICE srl era società con una struttura finanziaria fortemente squilibrata, incompatibile con la dimensione del progetto immobiliare previsto che avrebbe richiesto mezzi propri ben più consistenti, in condizioni di illiquidità strutturale – non temporanea – e per di più dipendente da un unico istituto bancario finanziatore HYPO ALPEADRIA BANK, e quindi in condizione di non poter restituire i finanziamenti ricevuti e di non poter conseguire dalla operazione immobiliare i profitti ipotizzati ed anche enfaticamente rappresentati in sede di richiesta di finanziamento alla CASSA MARCA spa tramite la EUROSERVICE srl, pur a fronte di chiari sintomi dell’aggravarsi della situazione finanziaria e delle tensioni manifestate con l’istituto bancario estero finanziatore HYPO ALPE ADRIA fin dal 30.06.2000 e di una analisi economico -finanziaria del cd. "progetto (OMISSIS)" elaborato da società COIN d.o.o. di Pota che evidenziava una situazione ben diversa da quella ipotizzata.

Avendo posto in essere le condotte sopra indicate; il C., quale amministratore unico della EUROSERVICE srl; lo S., il B. e il CA., quali soci occulti della EUROSERVICE srl, amministratori e soci della CEIT srl, soggetti direttamente interessati alla gestione della operazione immobiliare in Croazia e quindi organizzatori della condotta distrattiva ai danni della EUROSERVICE. Con l’aggravante di avere commesso più fatti di bancarotta. In Udine.

Solo C..

Del delitto di bancarotta semplice documentale p. e p. dall’art. 110 c.p. e art. 224 in rif. al R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, comma 2 ( L.F.) per avere, in concorso tra loro e previo concerto, il C. quale amministratore unico della società EUROSERVICE srl, con sede in (OMISSIS), dichiarata fallita dal Tribunale di Udine con sentenza n. 20/04 del 5.03.2004, irregolarmente tenuto, durante i tre anni antecedenti il fallimento, le scritture contabili, provvedendo a registrare falsamente in contabilità in data 10/05/2001 un’entrata di Cassa di lire 560.000.000 come "apporto socio x fin. a CEIT" nel conto "debiti verso soci" (libro giornale, pagina 17 anno 2001 -mastro di contabilità Euroservice anno 2001 conto "debiti verso soci") e quindi in data 11/05/2001 – a registrare il credito per "finanziamento a CEIT’ con contropartita un’uscita dal conto Cassa per lire 560.000.000 (libro giornale, pagina 17 anno 2001), entrata ed uscita in realtà inesistente, essendosi accertato che il finanziamento erogato alla CEIT srl proveniva direttamente da vaglia cambiali richiesti da B.M. con provvista sul c/c (OMISSIS) intestato alla LEGA NORD e accreditati direttamente sul conto corrente della CEIT srl presso la Banca Popolare FriulAdria di Udine. In Udine". 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo dei propri procuratori, lamentando:

a) violazione di legge, per la incompatibilità del Giudice di primo grado, con eventuale rimessione alla Corte Costituzionale della questione sulla legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p.p., comma 2 e artt. 33 e 34 c.p.p.;

b) violazione di legge e l’insufficienza della motivazione in merito alla sussistenza sia della bancarotta semplice patrimoniale che di quella documentale;

c) illogicità della motivazione in ordine alla commisurazione della pena ed alla mancata concessione dell’attenuante di cui alla L. Fall., art. 219, u.c..

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento essendo, peraltro, ai limiti della inammissibilità, vertendo su motivi già presentati e disattesi dalla Corte di Appello di Trieste secondo la pacifica e più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte.

2. Il primo motivo del ricorso è del tutto infondato, innanzitutto perchè, in fatto, lo stesso Giudice di prime cure ha conosciuto di fattispecie diverse e imputabili a soggetti diversi e neppure unificabili sotto un vincolo di continuazione di cui si afferma soltanto l’esistenza, senza dimostrazione alcuna (v. pagina 21 della motivazione).

Secondariamente in quanto, questa volta in diritto, l’esistenza di cause d’incompatibilità del Giudice, non incidendo sulla sua capacità, non determina la nullità del provvedimento adottato dal Giudice ritenuto incompatibile ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione che deve essere ritualmente fatto valere ai sensi dell’art. 37 c.p.p., così come correttamente affermato dalla Corte territoriale sulla scorta della pacifica giurisprudenza di legittimità (v. le sentenze citate nella motivazione della sentenza impugnata).

Dalla suddetta infondatezza non può che derivare, quanto alla richiesta di rimessione al Giudice delle leggi della questione sulla conformità alla norma base degli artt. 33 e 34 c.p.p., l’inammissibilità della richiesta stessa.

3. Il secondo motivo, con il quale si contesta sostanzialmente la sussistenza, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo degli reati ascritti, e si deduce, in ogni caso, l’assenza di "danno" dei creditori, è infondato.

3.1 Quanto al primo delitto, giova premettere come il Giudice del merito abbia, correttamente e logicamente, chiarito che l’odierno ricorrente, con l’avallo di garanzie personali di personaggi di spicco della vita politica del Nord Italia – che di per sè non possono costituire indice di "un’operazione del tutto appetibile e vincente" (per usare le medesime parole del ricorrente) -avesse posto in essere, a) da un lato, un’operazione di finanziamento per rilevante importo attraverso una società non operativa, priva di mezzi strumentali e di risorse proprie, b) d’altro canto, a vantaggio di altra società sottocapitalizzata ed in grave pericolo d’insolvenza.

Del tutto condivisibili sono, in proposito, le seguenti, puntuali considerazioni dei Giudici di merito:

"Il C. ha posto in essere una operazione di finanziamento per un importo rilevante:

– Attraverso una società, la EUROSERVICE, non operativa, priva di mezzi strumentali e risorse proprie (come riferito dalle uniche due dipendenti Z. e Co.) ed incapace, dunque, sia di sanare autonomamente la rilevante esposizione debitoria con l’Istituto di credito Cassamarca che di conseguire ulteriori finanziamenti, in caso di necessità" (pag. 24 sent. imp.).

Sul punto, già la sentenza di 1^ grado poneva in risalto che "non poteva che valutarsi negativamente la circostanza che Euroservice si assumesse, con una struttura ridotta all’osso, un’operatività quasi inesistente, un esiguo capitale sociale, un impegno finanziano così gravoso e repentino sapendo di non poter contare, per il riequilibrio della sofferenza derivante dalla esposizione bancaria, nè su attività diverse nè su asset finale" (pag. 6 sent. 1^ grado).

Evidenziava, ancora, il Tribunale come "con tale operazione finanziaria, Euroservice rimetteva l’intero suo destino nell’operazione immobiliare croata e, quindi, nelle mani di CEIT, pur non essendo proprietario del terreno sul quale il villaggio era in costruzione nè avendo alcuna possibilità di incidere direttamente sulle vicende contrattuali relative a tale operazione, della quale non era parte, nè avendo la capacità di elargire ulteriori finanziamenti, ove ne fosse emersa l’esigenza" (pag. 6 sent. cit).

A favore di una società sottocapitalizzata, la CEIT s.r.l. – (che, secondo quanto dichiarato dallo stesso imputato, aveva investimenti per 20 miliardi di lire a fronte di un capitale sociale di 20,000.000: non ha neanche una penna biro. Non ha un dipendente:

verbale d’interrogatorio 20 giugno 2006) – che si trovava in gravissimo ed evidente pericolo di insolvenza essendosi obbligata, soltanto il mese precedente, ad un rientro finanziario nei confronti della Hypo Bank entro tempi strettissimi (90 giorni) di quasi tre miliardi di lire, dei quali oltre un miliardo e mezzo entro un termine che sarebbe decorso ancor prima della richiesta di finanziamento" (pag. 24, sent. 2^ grado).

Sulla base di tali accertati elementi, i Giudici di merito sono pervenuti alle seguenti, logiche e convincenti conclusioni:

"Si è trattato dell’assunzione di un rischio del tutto sproporzionato rispetto alle concrete capacità economiche ed operative della Euroservice srl ed ai suoi specifici interessi, oltretutto in una situazione ben nota al C. che era amministratore di entrambe le società, in cui tutti gli elementi a disposizione inducevano a ritenere altamente improbabile la prospettiva del conseguimento di un risultato positivo, subordinato a fattori incerti e non dominabili dalla Euroservice srl, sprovvista di poteri negoziali nell’operazione immobiliare in corso (pag. 24 sent. cit.).

Del resto, l’intero organo amministrativo di Ceit era al corrente della fragilità della società, soprattutto se posta in relazione al pesante impegno economico che la stessa aveva già assunto nei confronti di Hypo Bank e che, già a fine 2000, lo costringeva a muovere velocemente verso una proposta di aumento del capitale sociale che sarebbe stata formulata il 23 giugno 2001, appena alcuni attimi prima al definitivo tracollo finanziario conseguente all’esercizio da parte dell’istituto di credito del diritto di proprietà fiduciaria Kemco" (pag. 6 sent. 1^ grado).

Conclusivamente, "Gli elementi negativi di giudizio, in ordine alla valutazione della manifesta imprudenza dell’operazione oggetto di contestazione, nel momento in cui è stata posta in essere, sono pertanto rappresentati dalla rilevanza dell’impegno finanziario e dalle capacità economiche della Euroservice e della Ceit, nonchè dalla contingenza e dalla criticità della situazione finanziaria in cui si trovavano le società, in quel preciso momento storico"……

"D’altronde, a proposito di quale fosse la valutazione dell’imputato, in epoca di poco successiva alla operazione, oggetto di contestazione, va evidenziato quanto rilevato dai consulenti tecnici del P.M. a proposito di una comunicazione dell’imputato del 19/04/2001 e diretta B.M., Ca.M. e S.S., in cui C. rammenta che, allo stato, Euroservice ha finanziato CEIT come quotista per 219 milioni e come socio finanziatore per 70 milioni (somme tutte a rischio)", (pagg. 24 – 25 sent. 2^ grado).

Correttamente, quindi, è stata ritenuta la sussistenza del reato in questione per la cui configurazione – attesa la natura di reato di pericolo – non è necessario che, all’esito della procedura concorsuale, si verifichi un danno di natura patrimoniale, essendo sufficiente che, al momento del compimento delle operazioni manifestamente imprudenti, sussista il pericolo che queste determinino il dissesto della società, esattamente ciò che si è verificato, nel caso di specie, portando la società al fallimento.

3.2 Infondati sono anche i motivi con cui si contesta la sussistenza della fattispecie della bancarotta documentale.

Sul punto, giova premettere che il reato di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2, va, senz’altro, riferito alle scritture contabile "obbligatorie" di cui all’art. 2214 c.c., comma 1, (e art. 2421 c.c. in caso di società).

Riguardo alle scritture di cui all’art. 2214 c.c., comma 2, l’affermazione della loro obbligatorietà, in concreto, presuppone infatti la valutazione dell’esistenza di una stringente esigenza dell’ulteriore e più articolato sistema d’informazione e distensione dei dati aziendali che si assume mancante.

Deve, altresì, osservarsi che il fatto che la norma incriminatrice equipari alla "omessa tenuta" la tenuta "irregolare e incompleta" impone una rigorosa delimitazione della fattispecie commissive, la cui equipollenza sotto il profilo sanzionatorio alle emissive trova razionale giustificazione solo ove si ravvisi omogeneità nell’offesa alla divulgazione delle vicende patrimoniali e aziendali tutelata.

Di conseguenza, poichè la regolarità formale (secondo le prescrizioni di cui agli artt. 2215 – 2217 c.c.) afferisce alla osservanza delle forme "prescritte a garanzia di genuinità e datazione veritiera"; la regolarità intrinseca (ex art. 2219 c.c.) è funzionale alla leggibilità delle scritture;

la completezza serve la necessità che dalle scritture risulti ordinatamente e senza lacune il quadro del patrimonio e degli affari;

la violazione penalmente rilevante di siffatti obblighi deve essere idonea ad incidere, quantomeno sotto il profilo della loro potenziale messa in pericolo, su siffatte garanzie.

Che la ipotesi di reato considerata sia punibile anche a titolo di colpa si desume, inoltre, dalla struttura della norma che punisce l’imprenditore che non tenga le scritture sociali e contabili secondo le norme, senza che sia necessaria la deliberata volontà di violare le norme in materia e/o di arrecare pregiudizio ai creditori.

Si tratta a seconda dei casi di negligenza o imperizia dell’imprenditore e/o amministratore; non basta, infatti, assumere di essere ignoranti per non incorrere nella affermazione di responsabilità, perchè l’imprenditore è persona che deve conoscere le norme che regolano la tenuta dei libri sociali.

La legge, infatti, impone agli amministratori di società di tenere le scritture sociali in modo regolare proprio per consentire un facile controllo del movimento degli affari (v. Cass. Sez. 5, 4 febbraio 2004 n. 27515 e 9 luglio 2009 n. 38583).

Il che non è avvenuto nel caso di specie in cui un’annotazione contabile (rappresentazione di un’entrata di cassa e susseguente finanziamento ad altra società) non ha trovato corrispondenza con la realtà: mancata negoziazione di titoli da parte della società poi decotta ed estraneità di quest’ultima ai rapporti obbligatori tra società finanziata e terzo.

Puntuale e corretta è, invero, la motivazione adottata, in proposito, dalla sentenza impugnata là dove afferma (pagg. 26 – 27):

"è, infatti, innegabile che l’annotazione contabile in contestazione (rappresentazione dell’entrata di cassa in Euroservice di 560 milioni e finanziamento a Ceit con fondi provenienti in reaitò da B.) non trovi alcuna corrispondenza con la realtà: i titoli non sono stati negoziati dalla Euroservice; quest’ultima era estranea ai rapporti obbligatori tra B. e Ceit, non avendo contratto debiti verso soci per il finanziamento di queste ultime e non avendo acquisito dalla stessa alcun credito"…… "La rappresentazione contabile di Euroservice, pertanto, non può ritenersi conforme al vero e configura la fattispecie di cui alla L. Fall., art. 217, secondo quanto contestato".

Ma oltre all’elemento materiale, la Corte territoriale ha puntualmente motivato anche in ordine all’elemento soggettivo; ed, invero – dopo aver richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui "Il reato di bancarotta semplice documentale è punibile a titolo tanto di dolo quanto di colpa, come appare desumibile dalla struttura della norma incriminatrice la quale, nel punire l’imprenditore che non tenga o tenga irregolarmente le prescritte scritture sociali e contabili, non prevede come necessaria ai fini della sussistenza dell’illecito la deliberata volontà di violare le disposizioni vigenti in materia e/o di arrecare pregiudizio ai creditori". (Sez. 5, Sentenza n. 27515 del 04/02/2004 Ud. (dep. 18/06/2004) Rv. 228701); nello stesso senso, la già citata Sez. 5, Sentenza n. 11294 del 02/10/1998 Ud. (dep. 27/10/1998) Rv. 211518) – il Giudice di 2^ grado ha rilevato (pag.

28) come "nel caso di specie, il C. ha dichiarato di aver agito, su espressa richiesta del B.), il quale non voleva apparire come diretto finanziatore della Ceit srl, e dovendo pertanto rappresentarsi la falsità dell’operazione contabile oggetto di contestazione, la sua condotta deve ritenersi posta in essere, quantomeno, in violazione degli obblighi di diligenza cui era tenuto, nella sua qualità di amministratore unico della Euroservice". 3.3 Ancora infondata è la pretesa difensiva della esclusione dei reati in questione per difetto di danno. Osserva, in proposito, questa Corte di legittimità che non solo un deficit fallimentare, per quanto modesto, incide sulle ragioni dei creditori (che con il fallimento subiscono inoltre il congelamento dei propri crediti subendo la perdita di interessi e la svalutazione con il decorso del tempo), ma l’assenza o la successiva riparazione di un "danno" patrimoniale non incide sulla esistenza dei reati contestati che costituiscono, per consolidata affermazione, illeciti di pericolo ovvero di mera condotta.

Anche su tale aspetto, del tutto corretta si appalesa la sentenza impugnata che non solo ha richiamato la costante giurisprudenza di questa Corte – secondo cui si è in presenza di reati di pericolo presunto che prescinde dall’accertamento del danno perseguendo la norma la finalità di consentire ai creditori con l’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale, sulla quale possono soddisfarsi, di talchè del tutto irrilevante è il fatto della mancanza di un effettivo pregiudizio economico per i creditori in conseguenza della omissione suddetta (Cass. Sez. 5, n. 11294/1998, RIV 211518; id. n 4727/2000, RIV 215985) – quanto ha ulteriormente precisato (pag. 28) che "In ogni caso, la falsa rappresentazione contabile addebitata al C. era idonea ad incidere negativamente sull’interesse dei creditori alla conoscenza del patrimonio della società, posto che, in contabilità Euroservice, veniva rappresentata, contrariamente al vero, l’acquisizione, da parte di Euroservice, di un credito di 560 milioni di lire verso la Ceit srl (mentre, ai fini che qui interessano, non rilevano le decisioni assunte nel corso della procedura fallimentare sulla base di elementi diversi da quelli acquisiti in sede penale)". 4. Anche l’ultimo motivo del ricorso non è meritevole di accoglimento.

L’elevato limite della pena base è stato giustificato dalla evidente gravità dei fatti, per cui la Corte di merito ha congruamente motivato sul punto, proprio in ossequio alla giurisprudenza citata dal ricorrente stesso.

Del pari correttamente, non è stata applicata l’attenuante del danno di speciale tenuità.

Essa ricorre, infatti, quando le omissioni accertate abbiano prodotto un danno particolarmente tenue, o addirittura inesistente, ai creditori collettivamente e non singolarmente considerati, danno ovviamente da non confondere con l’entità del passivo fallimentare (v. proprio la citata sentenza: Cass. Sez. 5, 15 marzo 2000 n. 4727).

Anche in questo caso il Giudice del merito, alla luce dell’entità dell’operazione manifestamente imprudente, ha dato correttamente conto della mancata concessione di quanto richiesto.

Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Suprema Corte di Cassazione, sezione feriale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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