Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-05-2012, n. 8270 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato improcedibile – ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54 conv., con modif., in L. 6 agosto 2008, n. 133, per omessa presentazione dell’istanza (c.d. di prelievo) ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51 – la domanda di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 proposta dall’attuale ricorrente, indicato in epigrafe, con ricorso depositato il 4 novembre 2009, riguardante la irragionevole durata di un processo amministrativo dai medesimi introdotto con ricorso al TAR del Lazio depositato il 5 giugno 1993 e definito con sentenza del 15 aprile 2009.

Il soccombente ha impugnato il predetto decreto con ricorso per cassazione contenente due motivi di censura, illustrati anche con memoria. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è difeso con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che l’improponibilità della domanda di equa riparazione per difetto di istanza di prelievo, ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54 cit., non può essere dichiarata ove il processo amministrativo presupposto sia stato introdotto in epoca anteriore al 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del citato D.L..

2. – Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, si censura l’affermazione della medesima Corte secondo cui non risultava essere stata presentata l’istanza di prelievo.

3. – Quest’ultimo motivo – che precede logicamente gli altri e va dunque esaminato per primo – è inammissibile.

Il ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia "travisato i fatti di causa, come allegati al giudico, in quanto nel dettaglio del ricorso è riportata chiaramente la circostanza del deposito dell’istanza di prelievo in data 17.02.2003 (V. allegati al fascicolo di 1^ grado; all. 2 pag, 3) e in data 21.11.2008 (V. allegati al fascicolo di 1^ grado; all. 2, pag. 2", e "il mancato esame dei documenti allegati, nonchè la mancata verifica della effettiva sussistente o non sussistenza di circostanze ritenute imprescindibili ai fini dell’accoglimento-rigetto del ricorso, da luogo ad un travisamento che si riflette sulla congruità della motivazione, viziandola".

Il richiamo del "dettaglio del ricorso" e degli altri documenti è inammissibile perchè i ricorrenti non indicano se tali documenti siano stati prodotti con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (cfr. Cass. Sez. Un. 28547/2008, 7161/2010 e successive conformi). Per il resto la censura si risolve in una pura e semplice critica di merito.

4. – Il primo motivo è fondato nei sensi che seguono.

La presente fattispecie è caratterizzata da ciò: che il giudizio di equa riparazione è stato promosso con ricorso del 4 novembre 2009, quando era vigente il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, che il processo amministrativo presupposto, iniziato con ricorso del 5 giugno 1993, era ancora pendente a detta data, e che in tale processo non era stata presentata la cosiddetta istanza di prelievo.

Per decidere se in tale fattispecie spetti ed in quale misura, oppure no, il diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, devono premettersi, da un lato, il quadro normativo di riferimento e, dall’altro, i consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, finora seguiti.

Quanto al quadro normativo di riferimento – deve precisarsi quanto segue: a) il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) – in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 1, comma 1 – in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma 1, non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2 nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all’art. 4, comma 1 ter, lett. b);

b) in sede di conversione in legge, sono state apportate all’art. 54 le seguenti modifiche: al comma 2, dopo le parole "art. 2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della L. 24 marzo 2001, n. 89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all’art. 4, comma 1 -ter, lett. b)" sono soppresse; c) conseguentemente, il testo definitivo del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, quale convertito in legge dalla L. n. 133 del 2008, risulta il seguente: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudico dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2; d) successivamente, l’art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44 recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) – in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, le parole "un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2" sono sostituite dalle seguenti: "l’istanza di prelievo di cui all’art. 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"; e) ancora successivamente, il D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 1, comma 3, lett. a), n. 6), (Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, comma 4) – in vigore dall’8 dicembre 2011 -, ha disposto che: al comma 23, le parole "81, comma 1" sono sostituite dalle seguenti "71, comma 2"; f) conclusivamente, la disposizione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2,- in vigore dal 16 settembre 2010 – risulta del seguente testuale tenore:

La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui all’art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione".

Questo essendo il quadro normativo di riferimento, è del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art 54, comma 2, nel seguente testo: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudico dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica – invece – il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, nel seguente testo: La domanda di equa riparazione non e proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 non è stata presentata l’istanza diprelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione".

Dunque, alla fattispecie in esame è applicabile – ratione temporis (ricorso per equa riparazione depositato in data 4 novembre 2009) – il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, nel testo dianzi riprodotto sub 1), vale a dire nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal cosiddetto codice del processo amministrativo (cfr., supra, sub 2), sicchè restano estranee al presente giudizio tutte le questioni che, relativamente alla disposizione attualmente in vigore, possono eventualmente porsi.

Quanto ai consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte finora seguiti, i principi rilevanti finora enunciati sono i seguenti: a) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole durata di detto processo a far data dal 25 giugno 2008, ma può far valere e realizzare tale diritto per il periodo precedente a tale data.

In particolare, questa soluzione si fonda sui seguenti argomenti: a) la ratio del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, sta in ciò, che la presentazione dell’istanza di prelievo ha la funzione di sollecitare il giudice del processo amministrativo alla sua definizione in tempi più brevi rispetto al tempo già trascorso, al fine o di impedire tout court la violazione del termine di ragionevole durata dello stesso o, comunque, di ridurre l’entità della durata irragionevole e, quindi, la misura dell’indennizzo eventualmente dovuto; b) la formulazione della disposizione (La domanda di equa riparazione non è proponibile se … non è stata presentata un’istanza …) mostra inequivocabilmente che la (previa) presentazione dell’istanza di prelievo nel processo amministrativo è prefigurata dal legislatore siccome "presupposto processuale" della domanda di equa riparazione, presupposto che deve quindi sussistere al momento del deposito del ricorso per equa riparazione; c) tale qualificazione, tuttavia, non comporta necessariamente che l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo – cioè la mancanza di detto presupposto processuale – determini la vanificazione del diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo amministrativo con riferimento al periodo precedente al 25 giugno 2008: ciò, per la decisiva ragione che, altrimenti opinando – posto che con riferimento al periodo già trascorso sarebbe del tutto inattuabile la funzione sopra indicata alla lettera a), costituente a un tempo ratio ma anche giustificazione del presupposto processuale in esame – questo si risolverebbe in un mero espediente legislativo per cancellare la responsabilità dello Stato per l’irragionevole durata del processo ed il corrispondente diritto all’equa riparazione del cittadino, riconosciuto e garantito dall’art. 6, par. 1, della Convenzione durata di detto processo a far data dal 25 giugno 2008, ma può far valere e realizzare tale diritto per il periodo precedente a tale data.

In particolare, questa soluzione si fonda sui seguenti argomenti: a) la ratio del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, sta in ciò, che la presentazione dell’istanza di prelievo ha la funzione di sollecitare il giudice del processo amministrativo alla sua definizione in tempi più brevi rispetto al tempo già trascorso, al fine o di impedire tout court la violazione del termine di ragionevole durata dello stesso o, comunque, di ridurre l’entità della durata irragionevole e, quindi, la misura dell’indennizzo eventualmente dovuto; b) la formulazione della disposizione (La domanda di equa riparazione non è proponibile se … non è stata presentata un’istanza …) mostra inequivocabilmente che la (previa) presentazione dell’istanza di prelievo nel processo amministrativo è prefigurata dal legislatore siccome "presupposto processuale" della domanda di equa riparazione, presupposto che deve quindi sussistere al momento del deposito del ricorso per equa riparazione; c) tale qualificazione, tuttavia, non comporta necessariamente che l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo – cioè la mancanza di detto presupposto processuale – determini la vanificazione del diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo amministrativo con riferimento al periodo precedente al 25 giugno 2008: ciò, per la decisiva ragione che, altrimenti opinando – posto che con riferimento al periodo già trascorso sarebbe del tutto inattuabile la funzione sopra indicata alla lettera a), costituente a un tempo ratio ma anche giustificazione del presupposto processuale in esame – questo si risolverebbe in un mero espediente legislativo per cancellare la responsabilità dello Stato per l’irragionevole durata del processo ed il corrispondente diritto all’equa riparazione del cittadino, riconosciuto e garantito dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1; d) nessun principio processuale d’ordine generale osta a che la domanda di equa riparazione possa essere esaminata e decisa per "parti" di essa e, quindi, essere accolta per una parte e dichiarata improponibile per l’altra (cfr., ad esempio, l’art. 277 cod. proc. civ.).

Nella specie, i giudici a quibus, in violazione del su enunciato principio di diritto, hanno dichiarato tout court improcedibile (rectius, improponibile) tutta la domanda, omettendo in particolare di operare la distinzione tra la durata del processo amministrativo presupposto fino al 25 giugno 2008, e quella successiva a tale data.

5. – Il decreto impugnato va dunque cassato.

La causa può peraltro essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Posto che, secondo gli standard consolidati della Corte europea dei diritti dell’uomo, la durata qui rilevante – per quanto sopra detto – del processo presupposto, pari a 15 anni, ha certamente superato i limiti della ragionevolezza, può liquidarsi, a titolo di equa riparazione, sempre in base agli standard della medesima Corte, la somma di Euro 7.500,00, oltre interessi dalla domanda.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 7.500,00, oltre interessi legali dalla domanda, in favore del ricorrente, nonchè alle spese dell’intero giudizio, che liquida in Euro 600,00 per onorari, Euro 490,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, quanto al giudizio di merito, e in Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.

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