Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-05-2012, n. 8269 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Firenze ha respinto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 proposta dal sig. C.F. con ricorso depositato il 30 aprile 2009, riguardante la irragionevole durata di un processo amministrativo, ancora pendente alla data della domanda, introdotto da un terzo con ricorso al TAR del Lazio e nel quale il C. era intervenuto ad opponendum il 13 settembre 2000.

La Corte di merito ha dichiarato proponibile la domanda ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54 conv., con modif., in L. 6 agosto 2008, n. 133, essendo stata presentata, nel processo amministrativo, l’istanza (c.d. di prelievo) ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51; ma, sulla premessa che dal richiamato D.L. n. 112 del 2008, art. 54 sia "desumibile una presunzione d’inesistenza del danno morale in difetto di istanza di prelievo", ha ritenuto che il ritardo con cui detta istanza era stata nella specie presentata – il 18 febbraio 2009, soltanto due mesi prima del ricorso per equa riparazione – "non consente di presumere che fino a quel momento il C. avesse sofferto per la durata pregressa del procedimento presupposto, sicchè la domanda di equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001 va respinta per mancata prova del danno morale".

Il soccombente ha impugnato il predetto decreto con ricorso per cassazione contenente due motivi di censura, illustrati anche con memoria. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è difeso con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di legge, si contesta l’affermata insussistenza del danno morale soggettivo, osservando che la Corte d’appello ha errato nel far scaturire da una previsione normativa di ordine meramente processuale, quale l’improponibilità della domanda ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 cit., conseguenze di ordine sostanziale, sulla sussistenza, cioè, del danno morale risarcibile per l’irragionevole durata del processo.

2. – Con il secondo motivo la medesima affermazione viene censurata sotto il profilo del vizio di motivazione.

3. – I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.

La giurisprudenza di questa Corte, in accordo con quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, è ferma nel ritenere che l’omissione dell’istanza di prelievo non comporta, di per sè, esclusione del danno morale soggettivo derivante dall’irragionevole durata del processo amministrativo, ma può incidere soltanto sull’entità della riparazione (e pluribus Cass. 14753/2010, 24438/2006, 28507/2005, quest’ultima resa a sezioni unite).

Questa acquisizione non è posta in crisi dalla previsione di improponibilità della domanda di equa riparazione, per effetto della predetta omissione, contenuta nel D.L. n. 112 del 2008, art. 54 cit.

Ratio di tale previsione, correttamente qualificata dal ricorrente come meramente processuale, non è infatti lo scarso interesse – e i riflessi del medesimo sulla fondatezza della pretesa riparatoria – dimostrato dalla parte per la sollecita definizione del processo presupposto, bensì dar modo al giudice amministrativo di valutare, ricevuta la sollecitazione della parte, la possibilità di abbreviare i tempi di definizione del giudizio, in modo da evitare il danno per la parte stessa e, di riflesso, per lo Stato tenuto al suo risarcimento.

4. – Il decreto impugnato va dunque cassato.

La causa può peraltro essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Posto che, secondo gli standard consolidati della Corte europea dei diritti dell’uomo, la durata del processo presupposto sino alla data del ricorso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 pari a 10 anni e 3 mesi, ha certamente superato i limiti della ragionevolezza, può liquidarsi, a titolo di equa riparazione, sempre in base agli standard della medesima Corte, la somma di Euro 6.250,00, oltre interessi dalla domanda.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 6.250,00, oltre interessi legali dalla domanda, in favore del ricorrente, nonchè alle spese dell’intero giudizio, che liquida in Euro 600,00 per onorari, Euro 490,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, quanto al giudizio di merito, e in Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.
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