Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-06-2011) 15-11-2011, n. 41995

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9/4/2009 F.V., medico primario dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale (OMISSIS), veniva condannato per il delitto di cui all’art. 590 c.p. per lesioni colpose in danno della partoriente Fe.Fr., che aveva patito l’indebolimento dell’apparato della digestione (acc. in (OMISSIS)).

All’imputato veniva irrogata la pena di giorni 20 di reclusione, convertita in Euro 760 di multa; nonchè veniva condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidare in separato giudizio, concedendo una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 25.000.

All’imputato veniva addebitato che durante l’intervento del (OMISSIS) aveva in modo imperito determinato una perforazione iatrogena del cieco; inoltre nella fase successiva al parto cesareo, aveva omesso di attuare e comunque disporre tempestivi accertamenti strumentali al fine di escludere la presenza di una patologia occlusiva intestinale – pure in presenza di disturbi e sintomi evidenzianti un addome acuto, quali gonfiore abnorme e dolori addominali marcati. Il grave ritardo nell’iter diagnostico dell’occlusione intestinale e la dimissione della paziente nonostante la ingravescenza dei sintomi, causava l’instaurarsi di lesioni necrotiche-ischemiche della parete intestinale che sfociavano nella perforazione dell’intestino cieco: con necessità di un intervento chirurgico di urgenza presso l’ospedale di Lucca implicante l’asportazione di segmento dell’intestino cieco.

Con sentenza del 16/9/2010 la Corte di Appello di Firenze confermava la pronuncia di condanna.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione, laddove il giudice di merito non aveva tenuto adeguatamente conto in sentenza dell’esito degli esami ematochimici che erano risultati normali e della deposizione del prof. M. da cui si evinceva che il giorno della dimissione della paziente non era possibile diagnosticare una patologia di pseudo ostruzione, piuttosto che un ileo paralitico post operatorio. Peraltro dalle stesse cartelle cliniche fidei facenti, non risultavano annotati sintomi particolarmente allarmanti;

2.2. il difetto di motivazione, laddove il giudice di merito non aveva tenuto conto che la difficoltà diagnostica escludeva la configurabilità di una colpa penalmente rilevante.

Con memoria depositata in cancelleria il 10/6/2011 il difensore della parte civile chiedeva la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

La Corte di merito è giunta alla pronuncia di osservando che:

– il quadro sintomatologico dopo l’intervento (mancata canalizzazione, compressione intestinale, addome gonfio, spossatezza) deponeva per la grave patologia in atto e doveva sconsigliare la immediata dimissione della paziente, ciò indipendentemente dalla normalità degli esiti degli esami ematochimici;

– il quadro sintomatologico non poteva essere confuso con un fisiologico ileo paralitico post operatorio ed in ogni caso consigliava approfondimenti diagnostici strumentali non effettuati per grave superficialità;

– la perizia svolta e l’analisi dei reperti istologici indicavano con certezza l’avvenuta perforazione intestinale;

– dagli accertamenti tecnici svolti dai C.T. del P.M. e della parte civile, nonchè dai periti, risultava che la tempestività della diagnosi avrebbe evitato la lesione patita con altro grado di probabilità (90%);

– sussistente era l’indebolimento della funzione digestiva, tenuto conto della resezione e successiva sutura del cieco.

Sulla base di tali considerazioni il giudice di merito è giunto alla conferma della condanna, valutando che la negligente condotta dell’imputato, il quale aveva omesso approfonditi accertamenti a fronte di una facile diagnosticabile occlusione intestinale (mancata canalizzazione e gonfiore marcato) ed aveva intempestivamente dimesso la paziente, aveva determinato la causa delle lesioni patite.

Va ricordato, quanto alla causalità della condotta dell’imputato, che questa Corte di legittimità, in un caso analogo, ha statuito che "Risponde di lesioni personali colpose il medico ospedaliero che, omettendo di effettuare i dovuti esami clinici, dimetta con la diagnosi errata di gastrite un paziente affetto da patologia tumorale, così prolungando per un tempo significativo le riscontrate alterazioni funzionali ed uno stato di complessiva sofferenza, di natura fisica e morale, che favorivano un processo patologico che, se tempestivamente curato, sarebbe stato evitato o almeno contenuto" (Cass. Sez. 4, sentenza n. 2474 del 14/10/2009 Ud. (dep. 20/01/2010), Vancheri), Rv. 246161).

Quanto al profilo colposo della condotta del F., va richiamato l’insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo il quale in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (Fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale) (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46412 del 28/10/2008 Ud. (dep. 17/12/2008), Calò, Rv.

242250).

Le censure mosse dalla difesa alla sentenza su tali punti, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000= in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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