T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 20-12-2011, n. 9940

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con i ricorsi nn. 4442 del 1998, 5012 del 1998 e 7183 del 1998, notificati, rispettivamente, il 31 marzo 1998, il 16 aprile 1998 e il 30 maggio 1998, la ricorrente, dipendente dell’INAIL, appartenente alla V qualifica funzionale, impugna i provvedimenti con i quali le viene irrogata la sanzione della sospensione dal servizio nonché viene disposto il licenziamento con preavviso e ne chiede l’annullamento.

La ricorrente ha subito le sanzioni disciplinari di cui ai provvedimenti impugnati per mancata comunicazione all’Ufficio, nell’orario stabilito, della insorgenza improvvisa della malattia.

Nei ricorsi nn. 4442 e 5012 del 1998 deduce i medesimi motivi:

1. violazione dell’art. 7, par. 1, del Codice disciplinare; della Circolare n. 42 del 14.7.1995, nonché dell’art. 7, co. 6, ultimo periodo, della legge n. 300 del 1970; eccesso di potere.

La ricorrente lamenta che non le è stato consentito di fruire della sospensione della sanzione, come previsto dall’art, 7, par. 1, del Codice disciplinare, avendo l’Amministrazione provveduto alla notifica della sanzione stessa contestualmente alla comunicazione della sua esecuzione, a partire dal giorno successivo.

2. Violazione degli artt. 2045 c.c. e 54 c.p.

La ricorrente, in ragione della patologia da cui è affetta, si trova nella impossibilità di prevedere quando non può recarsi presso la sede di lavoro;

3. violazione dell’art. 1, lett. q) del Codice disciplinare.

Anche la norma rubricata fa obbligo al dipendente di dare tempestiva comunicazione in caso di malattia, tuttavia aggiunge: "salvo comprovato impedimento". Ed è ciò che ricorre nel caso di specie.

In relazione al recupero delle ore lavorative, la ricorrente assume la impossibilità, in ragione della patologia che la affligge, ad effettuare l’imposto recupero.

Con il successivo ricorso rubricato al n. 7183/1998, la ricorrente impugna il provvedimento del 12 maggio 1998, con cui le è stata comminata la sanzione disciplinare del licenziamento in ragione della reiterata inosservanza del termine stabilito per comunicare le assenze per malattia e per il mancato recupero delle ore di flessibilità, per ritardi e permessi precedentemente accumulati (art. 2, comma 7, del Codice disciplinare).

Deduce al riguardo:

1. violazione dell’art. 9 della legge n. 300 del 1970, nonché del punto 2.3 dell’allegato alla Circolare n. 47 del 1991 e dell’art. 4 della Costituzione; eccesso di potere.

La ricorrente afferma che il Direttore della sede provinciale ha rigettato la sua domanda volta ad ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, non tenendo conto dello stato di salute in cui versa l’istante, patologia riconosciuta e documentata;

2. violazione degli artt. 2045 c.c. e 54 c.p.

La ricorrente richiama lo stato di necessità, causato dalla grave, cronica patologia cui è affetta. Ciò comporta la impossibilità per l’interessata di comunicare tempestivamente la propria assenza dall’Ufficio.

D’altro canto, a dire della ricorrente, tale situazione di stato di necessità in ragione della malattia giammai potrebbe determinare il licenziamento, costituendo la comunicazione una mera formalità;

3. violazione dell’art. 1, lett. q) del Codice disciplinare.

Anche la norma rubricata fa obbligo al dipendente di dare tempestiva comunicazione in caso di malattia, tuttavia aggiunge: "salvo comprovato impedimento". Ed è ciò che ricorre nel caso di specie.

Anche in relazione al recupero delle ore lavorative, la ricorrente assume la impossibilità, in ragione della patologia che la affligge, ad effettuare l’imposto recupero.

4. violazione dell’art. 7 della Circolare n. 42 del 14.7.1995 e dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970.

L’Amministrazione nell’adottare il provvedimento impugnato, non ha tenuto conto che identici provvedimenti disciplinari già adottati sono stati sospesi dal TAR, sicché non avrebbe potuto procedere all’odierno licenziamento;

5. violazione dell’art. 9 L. 300/1970 e 32, 1° comma, Cost.;

Ribadisce il principio che il dipendente deve dare comunicazione all’ufficio dell’assenza per malattia, tuttavia "salvo comprovato impedimento";

6. violazione degli art. 3 e 5 della legge n. 604 del 1966.

Assume la ricorrente che non le sono mai stati contestati inadempimenti contrattuali. Di contro, l’Amministrazione ha creato una inesistente recidiva al solo scopo di ledere, dimostrando l’incapacità di utilizzare al meglio le risorse.

D’altro canto non esiste alcuna prova circa il ritardo con cui la dipendente ha comunicato la propria assenza dal lavoro, avendo a ciò provveduto sempre telefonicamente;

7. violazione dell’art. 1, lett. f), nonché dell’art. 2. p. 7, lett. a) del Codice di disciplina

Il motivo è volto a censurare il comportamento del Dirigente, il quale avrebbe artatamente creato una situazione di recidiva, mentre in realtà si tratterebbe di continuazione per il medesimo motivo patologico. Comunque, chiaramente il Dirigente, nel respingere la richiesta della ricorrente di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale, ha voluto ledere la dipendente.

Aggiunge, infine, che il provvedimento di licenziamento impugnato è illegittimo, in quanto manca la seconda sanzione disciplinare di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per poter procedere al licenziamento.

In tutti i ricorsi si è costituito l’INAIL, il quale ha concluso per la infondatezza degli stessi.

All’Udienza del 23 novembre 2011 le cause sono passate in decisione.

Motivi della decisione

Attesa l’evidente connessione i tre ricorsi in epigrafe possono essere riuniti ai fini della loro decisione con un’unica pronuncia.

Come esposto in narrativa sono oggetto di contestazione le sanzioni disciplinari della sospensione dal servizio irrogate alla ricorrente per inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro nonchè il conseguente licenziamento in ragione della reiterata inosservanza del termine stabilito per comunicare le assenze per malattia e per il mancato recupero delle ore di flessibilità, per ritardi e permessi, precedentemente accumulati.

In proposito osserva il Collegio che i motivi dedotti con il primo ed il secondo ricorso, che essendo identici possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

In sostanza la ricorrente, con il primo motivo, lamenta di non aver potuto fruire della sospensione della sanzione per aver ricevuto la comunicazione contestualmente alla irrogazione della sanzione stessa, avvenuta il giorno successivo.

Peraltro l’immediata decorrenza della sanzione non era ostativa all’esercizio del diritto di difesa della ricorrente, in quanto non inibiva alla stessa di impugnare il provvedimento sanzionatorio innanzi al Collegio Arbitrale, ai sensi dell’art. 7 del Codice disciplinare.

Con il secondo e terzo motivo, dedotti anche nel ricorso n. 7183/1998, la ricorrente invoca lo stato di necessità in ragione dell’affezione che la tormenta, che le impedirebbe non solo di recarsi al lavoro, ma anche di comunicare l’insorgenza improvvisa della malattia. Anche l’art. 1, lett. q) del Regolamento prevede, quale dovere del dipendente, in caso di malattia di dare tempestiva comunicazione "salvo comprovato impedimento. Ciò giustificherebbe anche il mancato recupero delle ore lavorative.

L’assunto non può essere condiviso.

Invero, il Collegio non può non rilevare che la ricorrente è incorsa, nell’ambito del biennio precedente, nelle sanzioni della censura, delle multe di due e quattro ore di retribuzione, ed ora, con i provvedimenti impugnati, della sospensione dal servizio per cinque giorni ed ancora per dieci giorni cui ha fatto seguito, da ultimo, il licenziamento.

Il comportamento recidivante tenuto dalla istante costituisce circostanza aggravante e giustifica le sanzioni irrogate.

Peraltro, nella specie, mancano i presupposti per l’esimente dello stato di necessità di cui all’art. 2045 c.c., invocata dall’interessata.

Infatti, non pare configurabile lo stato di necessità ovvero l’esistenza di un giustificato motivo che possa giustificare il recidivante comportamento, inconciliabile con i doveri d’ufficio, tenuto dalla ricorrente nel corso degli anni, poiché la malattia da cui è affetta la medesima non può essere ritenuta ragionevolmente impeditiva del doveroso compito di comunicare con tempestività all’Amministrazione la propria assenza dal lavoro per ragioni di salute. In tema di esclusione della responsabilità perché possa operare l’esimente dello stato di necessità è necessario che sussistano circostanze oggettivamente rilevanti che impediscano assolutamente di porre in essere quella minima attività che consente di informare l’Amministrazione dell’assenza dal lavoro del proprio dipendente. Nel caso di specie, tenuto conto che l’infermità da cui è affetta la ricorrente consiste in "cefalea cronica", patologia delle più diffuse, appare esclusa l’esistenza di un fatto ostativo di rilevanza tale da impedire l’invio delle necessarie comunicazioni all’Ufficio circa lo stato morboso in atto.

Quanto sopra vale anche in relazione al mancato recupero delle ore lavorative, che la ricorrente fa derivare dallo stato di necessità.

Del pari infondato è il ricorso n. 7182 del 1998, proposto avverso il provvedimento di licenziamento.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta che il Direttore della sede provinciale, nel rigettare la richiesta di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, non avrebbe tenuto conto del precario stato di salute della dipendente.

Il motivo è infondato, posto che il lavoratore non può esigere la conversione del suo rapporto di lavoro a tempo pieno con quello a tempo ridotto, in quanto l’opportunità o la convenienza di adottare tale regime rientra nel potere organizzatorio dell’Amministrazione, consistente nella facoltà di operare le scelte organizzative sulla base delle esigenze del servizio.

Per il secondo, terzo e quinto motivo volgono le stesse argomentazioni più sopra svolte.

In relazione alla violazione dell’art. 7 della Circolare INAIL n. 42 del 1995, va dichiarata la inammissibilità per genericità ed in conferenza della censura. Comunque, si osserva che la circostanza della sospensione di altri provvedimenti di irrogazione della sanzione da parte del TAR non inibisce il potere dell’Amministrazione di adottate provvedimenti di analogo contenuto e fondati su circostanze nuove ancorché analoghe.

Le argomentazioni addotte a sostegno della presunta violazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604 del 1966 appaiono inconferenti e pretestuose in ordine ai fatti i causa.

Dalla documentazione in atti emerge chiaramente la ripetuta e sistematica violazione degli obblighi d’ufficio posti in essere dalla ricorrente che hanno dato luogo a ripetuti provvedimenti disciplinari sino alla sanzione più grave del licenziamento.

Non sono mancati, nella specie, i richiami ad un corretto comportamento cui l’istante non si è adeguata né è stato in alcun modo comprovato dall’interessata che la sua infermità è stata causa sufficiente a determinare un effettivo impedimento ad inviare le previste comunicazioni di malattia entro i termini stabiliti dal regolamento.

Il tentativo di addossare al Dirigente la responsabilità di aver artatamente creato la situazione di recidiva al solo fine di ledere la ricorrente appare pretestuosa a fronte del comportamento tenuto dalla dipendente come emerge dalla lettura degli atti di causa.

Da ultimo costei lamenta la illegittimità del disposto licenziamento con preavviso, in quanto adottato in violazione dell’art. 2, p. 7, lett. a) del Codice disciplinare, poiché mancherebbe, ai fini della recidiva, "l’applicazione della seconda sanzione di dieci giorni".

Osserva il Collegio che il punto 7 dell’art. 2 dispone che il licenziamento con preavviso può essere disposto "per violazioni di gravità tale da compromettere gravemente il rapporto di fiducia con l’Amministrazione e da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, tra queste sono da ricomprendersi in ogni caso: a)… recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione…"

Da quanto sopra emerge che sulla base di un comportamento posto in essere in violazione di disposizioni della medesima natura e abbia comportato nel biennio l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio, consegue, come nella specie, il licenziamento con preavviso.

Per le suesposte argomentazioni i ricorsi devono essere respinti.

In ragione del lungo tempo trascorso per la definizione della vicenda, può disporsi la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, in epigrafe, previa riunione degli stessi, li respinge.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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