Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-05-2012, n. 8256 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato improcedibile (rectius, improponibile) – ai sensi del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54 conv., con modif., in L. 6 agosto 2008, n. 133, per omessa presentazione dell’istanza (c.d. di prelievo) ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51 – la domanda di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 proposta dagli attuali ricorrenti indicati in epigrafe, con ricorso depositato il 10 novembre 2009, riguardante la irragionevole durata di un processo amministrativo dai medesimi introdotto con ricorso al TAR del Lazio depositato il 3 agosto 2001 e definito con sentenza del 17 maggio 2008.

I soccombenti hanno impugnato il predetto decreto con ricorso per cassazione contenente due motivi di censura. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non si è difeso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che l’istanza di prelievo era stata invece presentata nel giudizio amministrativo, come da documenti prodotti alla Corte d’appello.

1.1. – Il motivo è inammissibile perchè si configura come pura e semplice censura di merito.

2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che l’improponibilità della domanda di equa riparazione per difetto di istanza di prelievo, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 cit., non può essere dichiarata ove il processo amministrativo presupposto sia stato già definito prima del 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del citato D.L..

2.1. – Il motivo è fondato.

Questa Corte, invero, ha già avuto occasione di affermare che l’innovazione introdotta dal citato D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, è inapplicabile – in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie ed in ossequio al principio tempus regit actum – a quei procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell’entrata in vigore della predetta normativa (cfr., ex plurimis, l’ordinanza n. 115 del 2011). A tale giurisprudenza va senz’altro data continuità, ad avviso del Collegio, con riferimento ai processi amministrativi che – come quello di cui qui si tratta e quelli cui si riferiscono i richiamati precedenti di questa Corte – siano stati non solo iniziati ma anche definititi prima dell’entrata in vigore della medesima normativa (diversamente dovendo, in parte, ritenersi con riferimento ai processi protrattisi oltre tale entrata in vigore).

3. – Il decreto impugnato va dunque cassato, ma la causa può essere decisa nel merito in questa sede, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Posto che, secondo gli standard consolidati della Corte europea dei diritti dell’uomo, la durata del processo amministrativo presupposto, pari a 6 anni e 9 mesi, ha certamente superato i limiti della ragionevolezza, può liquidarsi, a titolo di equa riparazione, sempre in base agli standard della medesima Corte, la somma di Euro 3.000,00, oltre agli interessi dalla domanda.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, di Euro 3.000,00, oltre interessi legali dalla domanda, nonchè delle spese dell’intero giudizio in favore dei ricorrenti in solido, liquidate in Euro 801,00 per onorari, Euro 378,00 per diritti ed Euro 100,00 per esborsi, quanto al giudizio di merito, e in Euro 1.180,00, di cui Euro 1.080,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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