T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 20-12-2011, n. 9 885 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 14 novembre 1997 e depositato il successivo 10 dicembre il sig. G.S., infermiere professionale psichiatrico dipendente dell’US RM 12, ha impugnato, tra l’altro, la delibera n. 1019 del 20 giugno 1997 dell’AULS RM E, notificata l’1 agosto 1997, con la quale l’Azienda sanitaria ha recepito il parere negativo espresso dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie e dal proprio settore di medicina Legale (nonostante il parere favorevole della C.m.o.) e ha negato la dipendenza da causa di servizio dell’infermità "laringectomia totale per carcinoma C.V.V. sinistra".

2. Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente è insorto deducendo:

a) Violazione e falsa applicazione artt. 3 ss D.P.R. n. 349 del 1994 – Violazione e falsa applicazione art. 3 L. n. 241 del 1990 – Eccesso di potere – Sviamento – Travisamento dei fatti – Difetto di presupposti – illogicità – Carenza di istruttoria – Difetto di motivazione.

Il parere del C.p.p.o. è scarsamente motivato, soprattutto se posto a raffronto con le argomentazioni svolte dalla Commissione medico ospedaliera a supporto del parere favorevole al riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

b) Violazione e falsa applicazione artt. 3 ss D.P.R. n. 349 del 1994 – Eccesso di potere – Sviamento – Difetto di istruttoria – Difetto di motivazione – Omessa valutazione della ragionevolezza del procedimento – Omessa considerazione di presupposti necessari – illogicità – Travisamento dei fatti.

L’Azienda sanitaria non ha svolto un’accurata istruttoria e non ha congruamente motivato il diniego di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

c) Violazione e falsa applicazione artt. 3 L. n. 241 del 1990 e 9 D.P.R. n. 349 del 1994 – Eccesso di potere – Sviamento – Difetto di istruttoria e di motivazione – Errore nei presupposti – Travisamento dei fatti – Evidente illogicità ed irrazionalità del procedimento.

L’Azienda sanitaria non ha rispettato i termini previsti dall’art. 9 D.P.R. n. 349 del 1994 per chiudere il procedimento.

3. Si sono costituiti in giudizio il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il C.p.p.o., con memoria depositata il 9 febbraio 2010, ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. Si è costituita in giudizio la A.S.L. RM E, che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.

5. Con sentenza n. 92345 del 14 settembre 2010 è stata dichiarata l’interruzione del giudizio per morte del difensore della A.U.S.L. RM E.

6. Con atto definito "ricorso per riassunzione" il ricorrente ha "chiesto la riassunzione" del giudizio; ha altresì domandato al Tribunale di fissare "la data dell’udienza in cui la convenuta AUSL RM E possa costituirsi per la prosecuzione del processo, fissando all’uopo il termine per la notifica del presente ricorso e dell’emettendo decreto".

7. All’udienza del 19 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso deve ritenersi estinto per mancata formale riassunzione del giudizio ex art. 80, comma 3, c.p.a. a seguito della sentenza dichiarativa dell’interruzione n. 92345 del 14 settembre 2010 della Sezione III quater del Tar Lazio, conseguente alla morte del difensore dell’ASL RM E.

Ed invero, ai sensi del comma 2 del cit. art. 80 il giudizio interrotto prosegue se la parte, nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, presenta nuova istanza di fissazione di udienza. Ove ciò non accada è la parte più diligente che può "riassumere" il giudizio entro novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, "con apposito atto notificato a tutte le altre parti".

Nel caso all’esame del Collegio l’Azienda sanitaria non ha presentato nuova istanza di fissazione d’udienza. In data 7 dicembre 2010 il ricorrente ha presentato "ricorso per riassunzione" non notificato, chiedendo "la riassunzione" del giudizio. Ha altresì domandato al Tribunale di fissare "la data dell’udienza in cui la convenuta AUSL RM E possa costituirsi per la prosecuzione del processo, fissando all’uopo il termine per la notifica del presente ricorso e dell’emettendo decreto". Non ha dunque rispettato l’iter procedimentale dettato dal comma 3 dell’art. 80 c.p.a. che lo onerava di notificare l’atto di riassunzione a tutte le parti del giudizio.

Solo alla vigilia dell’udienza di discussione, in date 56 dicembre 2011, il ricorrente ha provveduto alla predetta notifica, ma palesemente in ritardo rispetto ai termini perentori previsti dall’art. 80, comma 2, c.p.a. (novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, "con apposito atto notificato a tutte le altre parti".).

Né può essere idonea a sanare tale omissione la richiesta, rivolta al Tribunale, di fissare un termine per la notifica del ricorso, dovendo tale notifica dell’atto di riassunzione avvenire entro 90 giorni dalla conoscenza della sentenza n. 92345 del 14 settembre 2010.

2. Preme peraltro precisare – anche in considerazione del lungo tempo trascorso dalla proposizione del gravame – che a prescindere da detto rilievo assorbente il ricorso sarebbe comunque infondato nel merito.

Rileva brevemente il Collegio che deve escludersi che nel procedimento finalizzato alla liquidazione dell’equo indennizzo l’Amministrazione disponga, ope legis, di due pareri (della C.m.o. e del C.p.p.o.) da valutare agli effetti della determinazione da assumere e fra i quali scegliere, motivatamente, ove di segno opposto. Si tratta invece di due pareri resi nel corso di due distinti procedimenti, il primo finalizzato al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità, il secondo alla liquidazione dell’equo indennizzo per l’invalidità permanente che da essa è derivata. In quest’ultimo, quindi, la C.m.o. non ha alcun titolo ad intervenire, con la conseguenza che il parere da essa reso nel primo procedimento costituisce solo un elemento di conoscenza di cui il C.p.p.o. deve tener conto, unitamente agli altri elementi forniti dallo stesso dipendente e dall’Amministrazione, nell’esprimere il giudizio conclusivo di sua esclusiva competenza (Cons.Stato, VI Sez., 28 gennaio 2009, n. 481; 13 novembre 2001 n.5808; 29 gennaio 2001 n.286; 22 gennaio 2001 n.183; T.A.R. Lazio, II Sez., 2 dicembre 2010 n. 35030; T.A.R. Basilicata 6 marzo 2003 n. 191; T.A.R. Bari, I Sez., 20 luglio 1999 n. 931). In effetti ad analoga conclusione era già pervenuta la Corte costituzionale (21 giugno 1996 n.209), la quale aveva chiarito che "il provvedimento dell’Amministrazione (reso sull’istanza di liquidazione dell’equo indennizzo) ha alla sua base una valutazione più complessa di quella necessaria per l’accertamento della causa di servizio agli altri effetti per i quali tale accertamento rileva, non dovendosi soltanto appurare se l’infermità trovi origine nella causa di servizio, ma anche se e in quale misura essa abbia dato luogo ad un effetto invalidante; valutazione che appare necessaria anche alla luce delle rilevanti conseguenze di queste decisioni sulla spesa pubblica. A ciò sovviene il comitato (C.p.p.o,), con pareri non vincolanti per l’Amministrazione, ma tali da obbligarla a motivare le ragioni per le quali ritenga eventualmente di discostarsene. Trattasi di un organo la cui imparzialità è garantita dalla sua stessa composizione, poiché ne fanno parte membri provenienti dalle tre magistrature, ordinaria, amministrativa e contabile, dalla dirigenza del Ministero del tesoro e dagli ufficiali generali e superiori medici, e che svolge una funzione consultiva di natura medico legale, volta a verificare, nel merito, l’operato delle singole commissioni mediche ospedaliere, onde garantire la tutela dell’interesse del singolo e, nel contempo, quella non meno importante dell’Erario".

Segue da ciò che l’Amministrazione non ha alcun obbligo di motivare le ragioni per cui in sede di esame dell’istanza di liquidazione dell’equo indennizzo, in presenza di pareri discordanti, aderisce a quello del C.p.p.o. anziché a quello della C.m.o.; in detto procedimento essa dispone infatti di un solo parere, quello del C.p.p.o., prima di assumerlo a fondamento della propria determinazione deve solo verificare che esso è stato reso sulla base di una completa istruttoria e che non sia affetto da macroscopici vizi logici ovvero da un palese travisamento dei fatti.

In altri termini, come insegna da tempo una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, VI Sez., 21 giugno 2001 n.3313; IV Sez., 19 aprile 2001 n.2367; VI Sez., 3 giugno 1998 n.887; VI Sez., 25 marzo 1998 n.386; VI Sez., 23 settembre 1997 n.1368; V Sez., 25 febbraio 1997 n.196; IV Sez., 27 aprile 1993 n.483), l’Amministrazione non è tenuta a spiegare le ragioni per le quali aderisce al parere del C.p.p.o. ma deve solo verificare se detto Comitato, nel pronunciare, ha tenuto conto delle argomentazioni, eventualmente di segno opposto, svolte dagli altri organi tecnici già intervenuti nella precedente procedura. Detta conclusione risponde anche a canoni di logica giacché chiedere all’Amministrazione di motivare specificatamente le ragioni tecnicosanitarie per cui ritiene un parere più fondato di un altro significherebbe riconoscerle una competenza tecnica di cui non dispone.

Legittimamente dunque l’Amministrazione ha motivato il diniego rinviando per relationem al parere negativo espresso dal C.p.p.o., con la conseguenza che è con riferimento a detto parere che occorre verificare la sufficienza della motivazione. Il Comitato pensioni privilegiate ordinarie ha escluso la dipendenza perché "nei precedenti di servizio del’interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a poter dar luogo ad una genesi neoplastica". Si tratta, con tutta evidenza, di una motivazione che spiega in modo esaustivo le ragioni della determinazione adottata e che comunque, costituendo espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell’assoluta carenza istruttoria o della palese irragionevolezza, situazioni che nel caso in esame non ricorrono affatto (Cons.Stato, IV Sez., 13 gennaio 2010 n. 35).

Quanto al mancato rispetto, da parte dell’Azienda sanitaria, dei termini per chiudere il procedimento rileva il Collegio che l’art. 9, secondo comma, D.P.R. n. 349 del 1994 dispone che l’Amministrazione si pronuncia sulla concessione dell’equo indennizzo con provvedimento da adottare entro un mese dalla data di ricevimento del parere del C.p.p.o. e, comunque, in ogni caso entro diciannove mesi dalla data di ricevimento della domanda.

E’ vero, in punto di fatto, che nel caso in esame detti termini non sono stati rispettati. Questa circostanza non comporta però, come sostiene il ricorrente, l’invalidità dell’impugnata delibera, non avendo i termini in questione natura perentoria. E’ noto infatti che, in assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’Amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, lo stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio, con la conseguenza che il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto, ma una semplice irregolarità non viziante (C.si 29 dicembre 1997 n. 603; T.A.R. Basilicata 1 dicembre 2010 n. 968; T.A.R. Napoli, sez. III, 15 dicembre 2009 n. 8768; T.A.R. Basilicata 6 marzo 2003 n. 191; T.A.R. Lazio, II Sez., 23 ottobre 1999 n.1998; T.A.R. Lazio, III Sez., 15 maggio 1998 n.1094; T.A.R. Lazio, I Sez., 10 novembre 1997 n.1723). Nel caso in esame alcuna conseguenza è prevista dall’art. 9 per l’ipotesi in cui il provvedimento, che decide sull’istanza di liquidazione o di riliquidazione dell’equo indennizzo, intervenga dopo i prescritti termini.

3. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato estinto.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara l’estinzione del giudizio.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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