Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 15-11-2011, n. 41711

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 12 novembre 2010, ha respinto il reclamo proposto da B. S. avverso il decreto del Ministro della Giustizia, in data 11 marzo 2010, di proroga del regime penitenziario differenziato, a lui applicato ai sensi dell’art. 41-bis Ord. Pen. dal 15 marzo 2007, per altri due anni.

A ragione ha addotto: il profilo criminale del detenuto in relazione alla sua biografia (ruolo apicale rivestito, insieme al fratello D., nell’ambito dell’omonimo sodalizio di tipo mafioso, operante in (OMISSIS) e zone limitrofe, alleato del clan dei cutoliani); le condanne riportate dal B. per plurimi delitti di estorsione, sequestro di persona e lesioni, con la circostanza aggravante del metodo mafioso di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, convertito nella L. n. 203 del 1991; l’attuale operatività del sodalizio criminale di appartenenza; la condotta tenuta dal B. nel corso della carcerazione sofferta (tentativo posto in essere, corrompendo medici e personale interno all’istituto penitenziario, di ottenere perizie false attestanti l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime detentivo); elementi tutti indicativi, nel loro insieme, della capacità del B. di mantenere i collegamenti con l’omonimo clan, tuttora operante nel territorio di (OMISSIS), e di conservare inalterato il suo ruolo direttivo anche dal carcere.

2. Avverso la predetta ordinanza il B. ricorre per cassazione tramite il suo difensore, avvocato Anacleto Dolce del foro di Caserta, denunciando la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 41-bis Ord. Pen..

La motivazione del rigetto del reclamo avverso il provvedimento di proroga del regime carcerario differenziato sarebbe solo apparente, perchè si limiterebbe a recepire acriticamente le informazioni della Direzione investigativa e della Procura nazionale antimafia e non indicherebbe concreti elementi da cui desumere l’attuale pericolosità del B..

In particolare, essa si fonderebbe sui medesimi elementi già valutati in senso opposto dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, che, con provvedimento emesso nel 2003, revocò il trattamento penitenziario di rigore applicato allo stesso B..

Il Tribunale capitolino, inoltre, avrebbe omesso di considerare l’incidenza sulle condizioni psichiche del B., già seriamente compromesse, del prolungato regime di trattamento differenziato.

3. Ha presentato motivi aggiunti l’avvocato Paolo Federico del foro di Reggio Calabria, il quale denuncia, a sua volta, che la proroga del regime penitenziario previsto dall’art. 41 bis Ord. Pen. risulta fondata sui medesimi elementi che avevano indotto, invece, il Tribunale di sorveglianza di Perugia, con provvedimento emesso nel 2003, a revocare il medesimo trattamento, e che gli asseriti elementi nuovi, sopravvenuti alla detta revoca, non erano tali in realtà, trattandosi di sentenze emesse per fatti commessi in epoca remota;

osserva, altresì, che il Tribunale capitolino ha arbitrariamente ritenuto di valenza insignificante alcune assoluzioni da gravi reati recentemente pronunciate nei riguardi del B..

Ad avviso del ricorrente, pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato è meramente apparente e stereotipata, eludendo il chiaro principio affermato dalla Corte costituzionale, nel cui alveo deve essere letto anche il comma 2 bis dell’art. 410 bis Ord. Pen., come sostituito dalla recente L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 2, secondo cui ogni provvedimento di proroga deve contenere congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza che le misure penitenziarie restrittive mirano a prevenire e non possono ammettersi motivazioni inidonee a giustificare, in termini di attualità, le misure disposte, come quelle che richiamano informazioni e relazioni datate, già prese in considerazione per precedenti applicazioni e proroghe.

Motivi della decisione

4. I motivi di ricorso sono inammissibili perchè manifestamente infondati.

Sia i motivi originari sia quelli aggiunti postulano, infatti, che alla base del provvedimento prorogante la sospensione dell’applicazione delle normali regole di trattamento penitenziario nei riguardi del B., vi siano gli stessi elementi che indussero, nel lontano 2003, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ad annullare analogo regime carcerario differenziato.

Il ricorrente mostra così di ignorare la discontinuità tra quel precedente e l’attuale regime differenziato, che risulta applicato per la prima volta con decreto ministeriale del 15 marzo 2007 e prorogato con analogo decreto dell’11 marzo 2010, oggetto del procedimento di reclamo sfociato nel provvedimento qui impugnato.

I fatti elencati dal Tribunale di sorveglianza di Roma, a sostegno della diagnosi di attuale pericolosità del B., contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, sono tutti successivi all’anno 2003.

Si tratta della sentenza irrevocabile di condanna, emessa dal Tribunale di Napoli il 5 novembre 2007, per plurimi fatti di estorsione, sequestro di persona e lesioni, aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, convertito nella L. n. 203 del 1991, commessi fino al (OMISSIS); di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse il 29 giugno 2007, il 10 dicembre 2007 e il 10 aprile 2008, per fatti reato-violazione della legge sulle armi, estorsioni e corruzione in atti giudiziari – aggravati dall’art. 7 cit., commessi fino al (OMISSIS); di due decreti di sequestro aventi per oggetto beni immobili, società e relativi beni strumentali: il primo emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 14 ottobre 2009, e il secondo – relativo alle quote di otto società – dal Tribunale di Napoli il 17 novembre 2009.

Sulla base dei predetti dati documentali il Tribunale di sorveglianza ha analiticamente esaminato tutti i parametri elencati nell’art. 41 bis, comma 2-bis, Ord. Pen., offrendo una motivazione puntuale e coerente della ritenuta attuale capacità del B. di mantenere collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza (c.f.r. pag. 5-6 dell’ordinanza impugnata).

Dopo aver richiamato la storia penitenziaria del ricorrente, già detenuto per numerosi reati scopo dell’associazione (estorsioni e violazioni della legge sulle armi), anche in regime di cui all’art. 41 bis Ord. Pen. (dal 1999 al 2003) fino al 19 agosto 2006, allorchè fu scarcerato per applicazione dell’indulto, il Tribunale ha rilevato che il B., immediatamente dopo la liberazione, ha riassunto il suo ruolo apicale nell’ambito dell’organizzazione criminale, in realtà mai dismesso, ponendo in essere condotte criminose aggravate dal contesto mafioso, cui avrebbero preso parte attiva i suoi stretti familiari, tra cui la cognata e la moglie, rispettivamente già esattrice e contabile delle tangenti di denaro estorte dall’omonimo sodalizio B., durante la detenzione del ricorrente, come dichiarato da alcuni collaboratori di giustizia e ritenuto provato nella sentenza della Corte di appello di Napoli in data 26 novembre 2008.

A seguito della più recente carcerazione del B., a partire dall’anno 2007, sarebbe emerso il pervicace tentativo dello stesso, nella prima come nell’attuale detenzione, di ricevere benefici penitenziari corrompendo medici e personale interno dell’istituto, oltre alle condotte tese ad inquinare le prove da parte dei congiunti dello stesso B., in occasione del suo ultimo arresto, di cui da conto la predetta sentenza della Corte di appello di Napoli, donde il ritenuto carattere familistico dell’associazione, che accentua, secondo il coerente giudizio del Tribunale, il pericolo che il detenuto mantenga i contatti con i sodali liberi del clan, utilizzando i colloqui in istituto con i suoi familiari (c.f.r., ancora, la pag. 6 dell’ordinanza impugnata).

La predetta motivazione a sostegno del rigetto del reclamo, fondata su elementi successivi al 2006, non è, dunque, apparente ed è incensurabile in questa sede, essendo il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza, in materia di applicazione del regime penitenziario differenziato, ammesso solo per violazione di legge ex art. 41 bis, comma 2-se&xigrave;es, Ord. Pen..

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non essendo la determinazione della causa di inammissibilità immune da profili di colpa, anche al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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