Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-05-2012, n. 8250

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le ricorrenti indicate in rubrica propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri avverso il decreto in data 28 settembre 2009, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato detta presidenza al pagamento in favore di ciascuna delle ricorrenti della somma di Euro 4.000,00, senza interessi, a titolo di equa riparazione, L. n. 89 del 2001, ex art. 2 per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio introdotto davanti al Tar Lazio nell’ottobre 1996, deciso con sentenza di primo grado del 17 luglio 2000 e definito in appello con sentenza del Consiglio di Stato del 10 giugno 2006. La Presidenza intimata non ha svolto difese.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

La Corte di merito ha determinato in sei anni la durata ragionevole del doppio grado di giudizio e in quattro anni il periodo di durata non ragionevole, stabilendo un indennizzo di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo non ragionevole, e non ha conteggiato gli interessi legali sulla somma di Euro 4.000,00 liquidata per ciascuna avente diritto.

Le ricorrenti censurano il decreto impugnato, deducendo che:

– l’equo indennizzo è stato liquidato in misura inferiore ai parametri stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (primo motivo);

– sull’importo liquidato non sono stati conteggiati gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda (secondo motivo);

– le spese processuali sono state liquidate in misura inferiore ai minimi inderogabili e in violazione dei criteri stabiliti per le cause riunite (terzo motivo).

Il primo motivo è infondato, in quanto la liquidazione dell’indennizzo nella misura di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo è superiore a quella applicata in casi simili da questa Corte, sulla scorta dei principi fissati dalla giurisprudenza della CEDU, per un ammontare di Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni di ti tirata non ragionevole e di Euro 1.000,00 per ogni ulteriore anno successivo (Cass. 2009/16086; 2009/21840; 2010/819).

Il secondo motivo è manifestamente fondato, in quanto la Corte d’appello non ha previsto nel decreto impugnato la corresponsione degli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di equa riparazione, laddove per giurisprudenza costante su tale somma detti interessi vanno riconosciuti dal momento della domanda (Cass. 2003/2382; 2005/18105).

Resta assorbito il terzo motivo relativo alla insufficiente liquidazione delle spese processuali, dovendosi comunque procedere ad una loro nuova liquidazione in conseguenza del prospettato accoglimento del secondo motivo.

Il ricorso merita pertanto accoglimento con riferimento al secondo motivo, rigettato il primo e assorbito il terzo, e il decreto impugnato deve essere di conseguenza annullato in ordine alla cestirà accolta. Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, disponendosi che sull’indennizzo liquidato a ciascuna delle ricorrenti devono essere conteggiati gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, compensate per due terzi quelle del giudizio di cassazione in considerazione dell’accoglimento parziale del ricorso e limitatamente alla decorrenza degli interessi legali, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352) e tenuto conto della pluralità di ricorrenti, che però nel giudizio presupposto – come risulta dallo stesso ricorso per cassazione, che fa riferimento al giudizio amministrativo n. 12920/96 promosso dalle ricorrenti e definito con sentenza n. 3685/2006 del Consiglio di Stato – avevano agito unitariamente (cfr. Cass. 2010/10634), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del difensore delle ricorrenti, avv. Angelo Giuliani, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbito il terzo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, dispone che sull’importo già liquidato in favore di ciascuna delle ricorrenti siano conteggiati gli interessi legali dalla domanda al saldo.

Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del procuratore delle ricorrenti, avv. Giuliani Angelo, dichiaratosi antistatario.

Condanna inoltre la Presidenza soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano per l’intero in Euro 665,00, di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del difensore delle ricorrenti, avv. Angelo Giuliani, dichiaratosi antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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