Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-05-2011) 15-11-2011, n. 41708

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 24 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in data 21 luglio 2009, all’esito di giudizio abbreviato, ha ridotto la pena inflitta a P.A., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ad anni nove di reclusione per il delitto di tentato omicidio di S.S., contro il quale, il (OMISSIS), aveva esploso otto colpi con la sua pistola, calibro 9 x 21, regolarmente detenuta, a causa della relazione sentimentale trattenuta dallo stesso S. con la moglie del P., G.S..

In motivazione, la Corte ha respinto la critica difensiva delle valutazioni del perito d’ufficio, il quale aveva escluso che l’imputato, al momento del fatto, versasse in condizioni di psicosi reattiva breve, mentre il consulente di parte aveva ritenuto che egli avesse agito in preda ad una regressione psicotica transitoria.

Ad avviso del giudicante, il P. non aveva fornito elementi tali da imporre la richiesta rinnovazione della perizia psichiatrica sia con riferimento alla sua condotta antecedente il reato, oggetto di ampia e precisa valutazione da parte del perito, sia con riferimento alla sua condotta successiva, poichè il mero riferimento alla circostanza che l’imputato, dal carcere, scriveva anche due volte al giorno alla moglie non costituiva elemento significativo della pretesa psicosi.

La Corte territoriale ha anche escluso la ricorrenza della circostanza attenuante della provocazione, in quanto dal luglio- agosto 2008 era cessata la relazione tra la signora P. ed il S., era ripresa la convivenza tra i coniugi, e la persona offesa non aveva tenuto alcun comportamento provocatorio nei confronti dell’imputato, il quale si era deliberatamente recato sul posto di lavoro dell’antagonista e gli aveva sparato.

La Corte di merito ha, tuttavia, riconosciuto all’imputato le richieste attenuanti generiche in considerazione del suo comportamento nell’immediatezza del fatto (rientro a casa e costituzione spontanea ai Carabinieri, ai quali aveva consegnato la pistola e confessato il delitto); della sua positiva condotta processuale; dell’avvenuto risarcimento del danno a favore della persona offesa prima dell’udienza di appello e della mancanza di precedenti penali, donde la riduzione della pena, già inflitta in primo grado nella misura di anni dieci e mesi otto di reclusione, a quella di anni nove.

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il P. tramite il suo difensore, avvocato Roberto Lassini del foro di Milano, riproponendo la richiesta di rinnovazione della perizia psichiatrica, che, a suo avviso, sarebbe stata superficiale, perchè basata su soli due colloqui dell’esperto con l’imputato, in carcere;

la perizia, inoltre, sarebbe indifferente a quanto dichiarato dalla moglie del P. circa le difficoltà psicologiche del marito, ossessionato dall’idea del tradimento coniugale, proprio nelle settimane antecedenti il delitto; la valutazione peritale, infine, non sarebbe stata posta in confronto dialettico con la relazione, del tutto diversa, del consulente tecnico di parte.

Censura, inoltre, il ricorrente la mancata concessione dell’attenuante della provocazione, ravvisando nell’adulterio consumato dalla G. col S. il fatto ingiusto, scatenante la reazione violenta del P..

Il rilievo che la relazione fosse cessata da alcuni mesi e che fu l’imputato a cercare il S. sul suo luogo di lavoro, presso l’esercizio commerciale "Il Gigante" di (OMISSIS), non varrebbe ad escludere l’invocata attenuante, tenuto anche conto delle modalità del fatto, contraddistinto da una prima fase in cui il P. entrò nell’autovettura dove il S. era già al posto di guida, pronto a ripartire, e da un secondo momento nel quale l’aggressore, dall’esterno del veicolo, iniziò a sparare contro il rivale, il quale, uscito dall’autovettura, gli si era parato di fronte per affrontarlo anche fisicamente, amplificando in tal modo l’originaria provocazione.

Denuncia, ancora, il ricorrente il mancato riconoscimento dell’attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno, nonostante la revoca della costituzione del S. come parte civile per il conseguito integrale risarcimento.

Contesta, infine, il ricorrente la determinazione eccessiva della pena per essere la Corte territoriale partita dalla sanzione base di anni 24, anzichè di anni 21 di reclusione, diminuita per il tentativo di un solo terzo anzichè del massimo previsto di 2/3, e con riduzione inferiore ad un terzo per le applicate circostanze attenuanti generiche, il tutto senza una idonea giustificazione dell’operato calcolo non favorevole all’imputato.

Motivi della decisione

3. I motivi di ricorso non meritano accoglimento.

3.1. La mancata rinnovazione della perizia psichiatrica trova adeguata e coerente giustificazione, nella sentenza di appello, a norma dell’art. 603 c.p.p., comma 1, per la ritenuta esaustività della valutazione tecnica disposta d’ufficio nel primo giudizio e per non avere il P. rappresentato specifici elementi di criticità idonei ad imporre una rivisitazione del giudizio tecnico, che affermava la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto.

La consulenza psichiatrica di parte, con la quale la perizia espletata nel primo giudizio non si sarebbe dialetticamente confrontata, è stata solo genericamente richiamata dal ricorrente, senza alcuna specificazione del suo contenuto per consentire a questa Corte di verificarne la dichiarata portata criticamente alternativa a quella della perizia d’ufficio, e, pertanto, essa non assume rilievo al fine di sostenere il vizio di motivazione dell’opzione dei giudici di merito a favore del qualificato parere del perito d’ufficio, ovvero per denunciare l’indebito rifiuto della rinnovazione di una prova (rectius: di uno strumento tecnico – la perizia – per l’interpretazione e la soluzione di specifica questione postulante competenze extragiuridiche), la cui rilevanza decisiva, che si assume ingiustamente disconosciuta in sentenza, non è controllabile da questa Corte per le anzidette ragioni.

Segue l’infondatezza del motivo.

3.2. Non risulta illegittimo nè privo di motivazione il negato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 2, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, pur non richiedendo una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, postula comunque l’adeguatezza della risposta rispetto alla gravita del fatto ingiusto, occorrendo un nesso causale tra il secondo e la prima che va escluso in presenza di una sproporzione molto consistente (c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 1214 del 06/11/2008, dep. 14/01/2009, Sanchez, Rv. 242622).

Nella fattispecie, insieme alla vistosa sproporzione esistente tra offesa e reazione, la Corte di merito ha sottolineato che la relazione sentimentale tra la moglie dell’imputato e il S. era cessata da alcuni mesi e che fu lo stesso imputato ad andare a cercare la vittima sul suo luogo di lavoro, entrando arbitrariamente nell’automobile del rivale, per poi uscirne e sparare al suo indirizzo ben otto colpi della pistola legittimamente detenuta, svolgendo il P. l’attività di guardia giurata.

In proposito, va precisato che il discrimine tra la condotta illecita, attenuata dalla provocazione, e quella ispirata dal desiderio di vendetta o rivalsa risiede proprio nella contestualità, seppure non rigidamente interpretata, tra il fatto ingiusto altrui – che può anche protrarsi nel tempo con accumulo di tensione emotiva in chi lo subisce – e la reazione criminosa di risposta, in connessione causale tra loro, cosicchè in difetto di attualità dell’offesa, ormai esauritasi e temporalmente distante rispetto all’azione illecita, non può sussistere l’attenuante in esame che postula uno stato d’ira, ossia l’alterazione dei freni inibitori quale conseguenza immediata di un fatto scatenante avvertito, nel medesimo frangente, come ingiusto (conforme: Sez. 1, n. 16790 del 08/04/2008, dep. 23/04/2008, D’Amico, Rv. 240283).

Segue la legittima e motivata esclusione della circostanza attenuante della provocazione nella sentenza impugnata.

3.3. Parimenti infondata è la doglianza di mancato riconoscimento dell’attenuante dell’integrale risarcimento del danno, di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 6, posto che, per l’integrazione di essa, è necessario che il risarcimento intervenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, mentre, nel caso in esame, esso è avvenuto nelle more del giudizio di appello con la revoca, il 20 maggio 2010, della costituzione del S. come parte civile (conforme tra le molte: Sez. 4, n. 1528 del 17/12/2009, dep. 14/01/2010, Iacchelli, Rv. 246303).

3.4. E’, infine, inammissibile la censura in tema di omessa motivazione dell’entità della pena inflitta che risulta, invece, determinata dai giudici di merito – con possibile integrazione motivazionale, sul punto, delle due conformi sentenze di primo e secondo grado – secondo una ponderata valutazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., immune da vizi giuridici e logici, come tale insindacabile nel giudizio di legittimità.

La graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra, infatti, nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicchè è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, dep. 11/01/2008, Cilia, Rv. 238851).

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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