Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-11-2011) 16-11-2011, n. 42383 Associazione per delinquere Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.A. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 10 marzo 2011 del Tribunale dì Catanzaro che ha rigettato il riesame contro l’ordinanza 10 febbraio 2011 del G.I.P. di Catanzaro (dispositiva della custodia cautelare in carcere per i delitti di cui ai capi 16 e 24 della rubrica, con riferimento ai delitti D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 74 e 73), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) la decisione del Tribunale del riesame.

Per la gravata ordinanza il "compendio intercettivo" proverebbe lo stabile inserimento del prevenuto nel sodalizio in contestazione, attuato tramite la sua operosa partecipazione all’attività di smercio di stupefacenti e mediante l’affiancamento" di una figura di vertice dell’organizzazione qual è P.G., oltre che di altro affiliato, P.L., detto " N.", con conseguente partecipazione alla ripartizione dei proventi illeciti distribuiti tra tutti i sodali.

A conferma di ciò il Tribunale pone la conversazione (n. 3871) del 21 gennaio 2009, da cui si evince che P.L. e M.A. stanno "contando" tantissimo denaro, ricavato dalla vendita di droga e da reinvestire nello stesso commercio, sintomo questo considerato come dato inequivoco di una continuata e stabile adesione alla compagine dedita al narcotraffico per cui è procedimento.

In proposito il Tribunale del riesame valorizza tutta una serie di conversazioni telefoniche (tra le altre: n,3871, 3964, 4080, 4419, 1035, 4108, 3973, 3980, 3984, 3997, 4044, 4047, 10973) dalla cui correlazione logica e coordinamento critico i giudici cautelari evincono la stabilità dell’inserimento dell’indagato nel sodalizio del capo 16, la sua efficace funzione nell’articolazione organizzativa, il suo preciso e sistematico impegno nel traffico di droga, la protrazione degli illeciti per lungo tempo e senza soluzioni di continuità.

Circostanze tutte apprezzate per fondare la misura carceraria, a prescindere dal titolo offerto dal reato associativo, considerata anche la personalità dell’indagato il concreto pericolo di reiterazione delle condotte ed il carattere professionale della gestione dell’illecito ed i reciproci collegamenti tra i sodali stessi.

1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e art. 292 c.p.p., comma 2.

Si contesta in particolare:

a) che l’associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 sia stata desunta dall’alto numero di episodi di cessione di sostanza stupefacente e dall’interessamento di una pluralità di persone, in assenza di un impegno permanente e continuativo nell’ambito dell’organizzazione e del relativo vincolo di collegamento;

b) che non si siano stati precisati gli indicatori del ruolo partecipativo del M., non bastando in proposito la rilevata cointeressenza con P. e la reciproca frequentazione telefonica, dato che il M. è rimasto estraneo alla relazioni personali ed agli "intrecci" delittuosi del P. con altre persone;

c) che dalle captazioni non è affatto uscita la veste ed il ruolo dell’indagato come "braccio destro" del P.;

d) che il sodalizio non è neppure sostenibile attraverso la valutazione dei reati fine posti in essere dal M. unitamente al P.;

e) che la conversazione 3871 non è affatto sintomatica nè inequivoca;

f) che il Tribunale ha diversamente trattato la posizione dell’odierno indagato rispetto a quella dello S. (pagg. 8.9).

Con un secondo motivo si lamenta assoluta assenza di motivazione in ordine alle accuse D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 73 e 80, accuse che erano state oggetto di critica puntuale nella richiesta di riesame, con la conseguenza che il Tribunale del riesame ha presunto la commissione dei reati fini, dalla asserzione della partecipazione al sodalizio D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74, dando così vita ad una forma anomala di responsabilità da posizione o da riscontro d’ambiente.

Con un terzo motivo si prospetta vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 274 c.p.p., comma 1, art. 275 c.p.p. e art. 292 c.p.p., comma 2 considerato che la sussistenza delle esigenze cautelari è stata formulata senza la necessaria considerazione dell’ambito cronologico dell’accusa, della risalenza ad oltre due anni fa, e con l’erronea affermazione di "collegamenti con tutti gli altri sodali".

Il primo ed il secondo motivo sono fondati per le ragioni di seguito indicate ed il loro accoglimento assorbe la terza censura.

Nella specie invero, come rilevato nel ricorso, la realtà associativa D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 è stata sì desunta dall’elevato numero di episodi di cessione di sostanza stupefacente e dall’interessamento di una pluralità di persone nel traffico, ma ciò che è mancato e l’indicazione ulteriore e precisa della presenza nel ricorrente di un impegno permanente e continuativo nell’ambito dell’organizzazione e del relativo vincolo di collegamento, sintomatico appunto del suo ruolo partecipativo, ben diverso da una mera cointeressenza sia pure illecita con il P..

Va invero rammentato che le condotte punite dal D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, pur potendo essere connesse, sono ontologicamente diverse, di modo che una fattispecie concreta inidonea ad integrare gli elementi costitutivi dell’una può presentare quelli dell’altra; ne consegue che la commissione di reati ex art. 73 cit., non può, da sola ed automaticamente, costituire prova della commissione del reato associativo, costituendo al più indice sintomatico dell’esistenza dell’associazione (cfr. ex plurimis: Cass. Pen. Sez. 4, 23518/2008 Rv. 240843 Saracini).

Inoltre, ai fini della configurabilità del delitto associativo, l’elemento dell’organizzazione assume un rilievo secondario, nel senso che la sua sussistenza è richiesta nella misura in cui serva per dimostrare che l’accordo illecito "permanente", teso alla realizzazione di un numero indeterminato di reati (che costituisce l’essenza della fattispecie associativa e l’elemento distintivo di questa rispetto al concorso di persone nel reato), può dirsi seriamente integrato, considerato che la mancanza assoluta di un supporto strumentale priverebbe il delitto del requisito dell’offensività.

Ciò significa, sotto il profilo ontologico, che è sufficiente anche un’organizzazione minima perchè il reato si perfezioni e, sotto il profilo probatorio, che la ricerca dei tratti organizzativi è essenzialmente diretta a provare, attraverso tale dato sintomatico, l’esistenza dell’accordo indeterminato a commettere più delitti che di per sè concreta il reato associativo (Cass. Pen. Sez. 4, 22824/2006 Rv. 234576, Oose).

Quanto alla prova del vincolo, essa può essere data anche per mezzo dell’accertamento di "facta concludentia", quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, gli investimenti, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 4, 25471/2007, Rv. 237002, Cirasole), peraltro è evidente che tali tratti qualificanti – anche nella fase cautelare – devono trovare compiuta espressione nella giustificazione che ha legittimato il provvedimento de libertate. Nella specie, la prova gravemente indiziaria dell’organico inserimento del M. nel sodalizio esigeva un rigoroso accertamento della materialità delle condotte illecite da lui poste in essere, al fine precipuo di verifìcare che esse fossero state o meno realizzate, avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione criminosa, con la coscienza e volontà dell’autore stesso di farne parte e di contribuire funzionalmente al suo mantenimento.

La gravata ordinanza va quindi annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro il quale, nella piena libertà delle valutazioni di merito di competenza, porrà rimedio al rilevato deficit argomentativo nel rispetto delle regole di diritto dianzi indicate.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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