Cassazione civile anno 2005 n. 1237 Competenza e giurisdizione Indennità di anzianità e buonuscita

IMPIEGO PUBBLICO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
X X, ispettore tecnico presso il Ministero della Pubblica Istruzione, con decreto del 24 gennaio 1996 veniva collocata a riposo, per raggiunti limiti di età, a far data dal 19 settembre 1996. Su ricorso della X il T.A.R. del Lazio disponeva la sospensione del provvedimento con ordinanza n. 994 del 7 novembre 1996; in esecuzione della pronunzia cautelare l’Amministrazione, con decreto in data 8 gennaio 1997, riammetteva l’ex dipendente in servizio.
Successivamente, avendo il T.A.R. respinto il ricorso (sent. n. 2054 del 26 ottobre 1998), il Ministero sollevava definitivamente la X dall’incarico dirigenziale con decreto in data 21 dicembre 1998, nel quale stabiliva che "il periodo prestato in ottemperanza dell’ordinanza 994/1996 del T.A.R. Lazio deve intendersi come servizio di fatto, con salvezza di tutti gli effetti dal medesimo derivati…".
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio (notificato il 16.12.1999) la X ha nuovamente adito il T.A.R. del Lazio chiedendo che l’indennità di buonuscita, liquidatale all’atto del collocamento a riposo, le fosse riliquidata considerando come periodo di servizio quello da essa materialmente prestato sin dal giorno 11 novembre 1996 – data della sua effettiva ripresa – e non già dalla data del 10 gennaio 1997, indicata dall’Amministrazione.
Il T.A.R. dichiarava irricevibile il ricorso per tardività, mentre il Consiglio di Stato, adito in sede di appello, con sentenza 11 dicembre 2001, lo ha respinto nel merito, ritenendo carente la prova della effettiva e continuata permanenza in ufficio della ricorrente nel periodo precedente la data del 10 gennaio 1997.
Contro questa sentenza la X ha proposto ricorso alle Sezioni Unite della Corte, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca resiste con controricorso.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 45, comma 17, del d.lvo. 31 marzo 1998 n. 80, nonchè dell’art. 68 d.lvo. 3 febbraio 1993 n. 29 e di ogni altra norma o principio in tema di riparto di giurisdizione in materia di rapporto di lavoro del pubblico dipendente, sostiene che, in base al disposto dell’art. 45, comma 17, d.lvo n. 80/98, così come costantemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la controversia deve ritenersi devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, sia che si abbia riguardo alla data di emanazione degli atti amministrativi dai quali è scaturita la pretesa avanzata (tutti pacificamente successivi al 30 giugno 1998), sia che si prenda a riferimento il tempo dell’avverarsi del fatto materiale sul quale la medesima si fondava, questo consistendo nella cessazione del rapporto di lavoro, anch’essa pacificamente successiva al 30 giugno 1998.
Il ricorso è fondato.
L’art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall’art. 29 del d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, recante "Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), nel prevedere la devoluzione al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, delle controversie "relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni", espressamente include in tale devoluzione le controversie concernenti" le indennità di fine rapporto comunque denominate e corrisposte".
Questa disposizione, peraltro, non opera in modo immediato, in quanto la disciplina transitoria contenuta negli indicati provvedimenti legislativi (art. 45, comma 17, dello stesso d.lgs. n. 80 del 1998 e, oggi, art. 69, comma 7, del citato d.lgs. n. 165 del 2001) dispone una riserva di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, legata a criteri di riferimento temporale dell’oggetto della contestazione e, nel richiamare a questo fine le controversie menzionate, rispettivamente, dagli artt. 68 e 63 dei medesimi provvedimenti, specifica che la riserva stessa opera allorchè queste siano relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998.
Le Sezioni Unite di questa Corte, interpretando questa disciplina, hanno rilevato (tra le più recenti, Cass. sez. un., sent. 11 giugno 2001 n. 7856, ord. 30 gennaio 2003 n. 511, ord. 19 febbraio 2004 n. 3347, sent. 29 aprile 2004 n. 8213 e numerose altre conformi) che essa, facendo menzione di "questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998" (sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo) ovvero "anteriore a tale data" (conservate alla giurisdizione amministrativa), utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, sì che risulta inadeguata una opzione ermeneutica che colleghi rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell’amministrazione, dell’atto di gestione del rapporto che abbia determinato l’insorgere della questione litigiosa, oppure l’arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto, o, infine, il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa, l’accento va posto sul dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze – così come posti a base della pretesa avanzata – in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia; il momento corrispondente a questo dato è l’elemento da valutare ai fini dell’operatività della riferita disciplina transitoria e, quindi, della distribuzione delle controversie fra giudice ordinario e giudice amministrativo.
Nella specie, il petitum sostanziale della domanda della X è inequivocabilmente individuabile nel diritto alla corresponsione di somme imputabili al titolo della integrazione della indennità di buonuscita, conseguente alla sua avvenuta liquidazione in misura non corrispondente a quella che le sarebbe spettata sulla base della complessiva durata del periodo di servizio da essa (asseritamente) prestato a vantaggio dell’amministrazione convenuta.
Ora, per i dipendenti dello Stato – qual era l’odierna ricorrente – il fatto generatore di un tale diritto, come di ogni altra pretesa riguardante l’indennità di buonuscita, è costituito dalla cessazione del rapporto di lavoro, in tal senso deponendo in modo inequivoco la disciplina legale dell’istituto contenuta nel d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, come modificato dall’art. 7 della legge 29 aprile 1976 n. 177 e poi dagli artt. 6 e 7 della legge 20 marzo 1980 n. 75, che sinteticamente esprime questo imprescindibile collegamento nella formula secondo cui (art. 3, primo comma, del d.p.r. n. 1032 del 1973, come novellato dall’art. 7 della legge n. 177 del 1976) consegue il diritto alla indennità di buonuscita il dipendente "che cessi dal servizio per qualunque causa".
Questo essendo l’assetto normativo di riferimento – da considerare tuttora vigente ai sensi della disposizione transitoria di cui all’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 – risulta evidente che, al fine di individuare la giurisdizione di pertinenza della controversia in esame, occorre avere riguardo al dato storico costituito dal momento in cui il menzionato periodo di servizio ebbe termine, per la cessazione del rapporto di lavoro provvisoriamente ricostituito in ottemperanza al provvedimento giurisdizionale di sospensione dell’atto di collocamento a riposo. E poichè questo momento, per quanto risulta dalle stesse deduzioni delle parti dell’odierno giudizio, è certamente posteriore al 30 giugno 1998, dovendo identificarsi nella data del 21 dicembre 1998, a partire dalla quale la ricorrente fu definitivamente sollevata dall’incarico ricoperto, ne consegue che, alla stregua del riferito criterio di ripartizione, deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, restando, naturalmente, del tutto impregiudicata la questione (di merito) relativa alla effettiva sussistenza del diritto in contestazione.
In accoglimento del ricorso va, dunque, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, con conseguente cassazione della impugnata sentenza.
Ritiene la Corte, in considerazione della complessità della questione, che sussistano giusti motivi di compensazione delle spese relativamente all’intero processo, ivi compresa cioè la fase svoltasi davanti al giudice amministrativo, alla quale la propria pronuncia regolatrice mette definitivamente termine.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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