Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-11-2011) 16-11-2011, n. 42378 Associazione per delinquere Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.L. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 18 novembre 2010 della Corte di appello di Messina, sezione per i minorenni (che, in parziale riforma della sentenza 14 luglio 2010 del Tribunale per i minorenni di Messina, ha ridotto la pena ad anni 3 mesi 9 di reclusione ed Euro 400 di multa, per i reati D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 73 e 74 e artt. 624 e 625 cod. pen.), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) le accuse.

Le accuse conseguono ad attività di intercettazione svolta in ambito carcerario, a seguito della fondata previsione degli inquirenti i quali ipotizzarono che, dopo l’arresto di S.C., il redditizio affare in tema di stupefacenti, che la donna aveva organizzato, sarebbe continuato ad opera dei congiunti e sotto le sue direttive e che, pertanto, i parenti (ed in particolare, dopo la rimessione in libertà, il figlio T.G., che era stato arrestato con la S.) si sarebbero al più presto recati in carcere a colloquio con la detenuta stessa per ricevere istruzioni:

circostanza effettivamente verificatasi il 14 ottobre 2008 nel colloquio, appunto intercettato, tra la S., il marito B. L., il figlio T.G. e la cognata C.F..

T.L., minorenne all’epoca dei fatti, è accusato ai capi che seguono:

a) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2 per avere partecipato insieme a S.C., B.L., B.A., T.G., C.F., N. R., Ce.Da., Ca.Na. e P.N., ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina, hashish ed ecstasy; in (OMISSIS);

b) del reato p. e p. dall’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere, in concorso con T.G., illecitamente detenuto a fine di spaccio; ed effettivamente poi ceduta a L. F., una quantità imprecisata di sostanza stupefacente; in (OMISSIS);

c) del reato p. e p. dall’art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 5, art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 5 e 7 per essersi, in concorso con il maggiorenne B.A. e con tale D., non identificato, impossessato, al fine di trarne profitto per sè, dei pneumatici di un’autovettura non identificata, sottraendoli al legittimo proprietario, con le aggravanti di aver commesso il fatto agendo in tre persone, su cosa esposta per consuetudine alla pubblica fede e nottetempo; in (OMISSIS);

d) del reato p. e p. dall’art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 5, art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7 per essersi, in concorso con il maggiorenne B.A., impossessato, al fine di trarne profitto per sè dello stereo di un’autovettura non identificata, sottraendolo al legittimo proprietario, con le aggravanti di aver commesso il fatto, agendo con violenza sulle cose mediante l’utilizzo di strumenti atti a tagliare i vetri come "le candelette", su cosa esposta per consuetudine alla pubblica fede e nottetempo, in (OMISSIS).

1.1) le decisioni dei giudici di merito in punto di responsabilità.

Il GUP del Tribunale per i Minorenni di Messina, con sentenza 14 luglio 2010 ha dichiarato l’imputato colpevole dei reati ascrittigli, ritenuta la continuazione tra i delitti di cui ai capi a) e b) e tra gli addebiti di cui ai capi e) e d), e, con la diminuente della minore età e le attenuanti generiche, equivalenti alle contestate aggravanti, lo ha condannato con la riduzione per il rito abbreviato, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro seicento di multa.

Il minore è stato invece assolto dal reato di cui al capo a), limitatamente alle condotte contestatigli successivamente al mese di novembre 2008, per non aver commesso il fatto.

La Corte di appello con la sentenza 18 novembre 2010, impugnata, ha ribadito la pronuncia di colpevolezza del T., riducendo la pena che era stata inflitta e confermando le argomentazioni a supporto della decisione di condanna per i reati contestati.

La corte distrettuale ha ritenuto la legittimità delle intercettazioni rispondendo alle censure formulate dalla difesa, sia sotto il profilo della inidoneità degli impianti di Procura, sia sotto quello dell’urgenza di provvedere.

Quanto al merito la Corte ha ribadito la decisione di responsabilità del minore, valutato l’ambito strettamente familiare in cui gli illeciti si sono ideati e portati a compimento ed il ruolo in tale ambito assunto dal giovane.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta, negli stessi termini prospettati nell’atto di appello, inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’art. 268 c.p.p., n. 3 e art. 271 c.p.p., difettando nella specie sia il requisito dell’urgenza che quello della inidoneità.

In ordine al secondo profilo, la difesa sostiene che per la "multiforme possibilità di atteggiarsi del presupposto dell’inidoneità", la motivazione del P.M., che si limita ad affermare che gli impianti sono inidonei, si rivelerebbe del tutto insoddisfacente.

Il primo giudice non avrebbe infatti applicato i principi ermeneutici che egli stesso ha enunciato, finendo col colmare le lacune del provvedimento del P.M., contenente una mera formula di stile, con "un’interpretazione piuttosto libera e non condivisibile".

Le censure, per come prospettate non possono essere accolte, a fronte di una argomentazione dei giudici di merito aderente alle regole elaborate da questa corte di legittimità e con specifico riferimento:

a) al "requisito dell’urgenza", ribadito con una ragionevole ed incensurabile motivazione che ha considerato "fisiologico" il lasso di tempo intercorso tra il provvedimento autorizzativo delle intercettazioni e il primo colloquio intercettato, avuto riguardo ai "tempi tecnici necessari per attivare le registrazioni" in ambito carcerario;

b) all’ulteriore requisito della ritenuta inidoneità degli impianti, installati presso l’ufficio della Procura della Repubblica, soppesata con riferimento alla ed "inidoneità funzionale", che è stata correttamente apprezzata avuto riguardo al particolare tipo di attività di captazione autorizzata ed alle esigenze di pronto intervento di tutela e prevenzione criminale.

Il motivo va quindi rigettato.

Con un secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 192 c.p.p. con riferimento alle contestazioni D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 74 e 73 nel senso che non sarebbero stati indicati i profili oggettivi e soggettivi dei delitti ritenuti, il valore condizionante nella specie "del principio dell’affidamento", l’avvenuta limitazione della condanna ad ambito cronologico più ristretto, ed in ogni caso sarebbero mancate risposte idonee alle critiche formulate nell’atto di appello.

Il motivo non supera la soglia dell’ammissibilità posto che con esso si prospettano critiche che sostanzialmente si risolvono in una diversa valutazione del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità, laddove ricorra, come nella specie, una struttura di giustificazione dell’affermata responsabilità, improntata a corretti parametri di valutazione della prova ed espressa con una motivazione congrua, adeguata e priva di incoerenze od illogicità inferenziali od espositive.

Con un terzo motivo si prospetta l’erronea mancata applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e art. 73, comma 5, ritenuta invece dal G.U.P. per gli imputati maggiorenni (pag. 108 sentenza 29 novembre 2010 G.U.P. Tribunale di Messina, acquisita agli atti), sentenza impugnata dai difensori ma non dal P.M..

Con memoria depositata il 23 settembre u.s. la difesa del ricorrente ha ribadito i termini di censura del 3^ motivo allegando la decisione 29 novembre 2010 del G.U.P. di Messina, il quale, sul presupposto in fatto che le cessioni di sostanza stupefacente concernevano sempre "quantitativi modesti", ha ritenuto di affermare (con riferimento ai correi adulti del giovane T.: S.C.; B. L.; B.A.; T.G.; C.F.), che l’associazione fosse finalizzata al piccolo spaccio, così ravvisando l’ipotesi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e la sussunzione di tutti gli episodi di spaccio nella previsione dell’art. 73, comma 5.

Ritiene la Corte che la motivazione della gravata sentenza sia sul punto non sostenibile, con riferimento alle condotte attribuibili al minorenne, posto che essa fa riferimento in fatto ad una "frenetica attività svolta dagli accoliti" (maggiorenni), alla "facilità di approvvigionamento", agli "elevati incassi", elementi peraltro tutti svalutati dal giudice degli adulti con una giustificazione che esige una diversa e più accurata considerazione della condotta del giovane, negli stessi ambiti operativi, ad opera del giudice minorile, tenuto conto dei corrispondenti comportamenti dei correi adulti, ed in relazione alle invocate attenuanti, nella specie negate.

Da ciò l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente al diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e art. 73, comma 5) in ordine ai reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. cit., e rinvio per nuova determinazione della pena alla Corte di appello di Reggio Calabria sezione per i minorenni.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 e art. 73, comma 5) in ordine ai reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. citato, e rinviò, per nuova determinazione della pena alla Corte di appello di Reggio Calabria sezione per i minorenni.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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