Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-11-2011) 16-11-2011, n. 42377 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.S., C.C., e F.M. ricorrono, a mezzo dei loro difensori avverso la sentenza 9 aprile 2010 della Corte di appello di Bologna (che ha confermato la sentenza 14 maggio 2009 il G.U.P. presso il Tribunale di Rimini per delitti in tema di stupefacenti), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) le conformi decisioni dei giudici di merito. Con sentenza del 14 maggio 2009 il G.U.P. presso il Tribunale di Rimini, ad esito di giudizio abbreviato, condannava per i delitti di illecita detenzione e spaccio di sostanza stupefacente, M.S. e C. C. alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa ciascuno, F.M., previa concessione delle attenuanti generiche alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa.

Avverso tale sentenza proponevano appello le difese,non censurando nel merito l’affermazione di responsabilità ma lamentando, quanto al M. ed al C.: la mancata esclusione della recidiva contestata; la mancata concessione della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5; la mancata concessione delle attenuanti generiche; l’eccessivo aumento per la continuazione;

l’eccessiva onerosità della sanzione inflitta.

Quanto al F., veniva censurata: la mancata assoluzione per i fatti ulteriori rispetto alla detenzione di g. 16,2 di cocaina di cui al capo A) e per tutti gli episodi sub B); la mancata concessione della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, anche in caso di ritenuta sussistenza di più o di tutte le ipotesi in contestazione; la mancata concessione della attenuante di cui all’art. 114 c.p.; l’eccessivo aumento per la continuazione;

l’eccessiva onerosità della sanzione inflitta.

La corte distrettuale con sentenza 9 aprile 2010, argomentando su tutte le critiche dianzi svolte dai difensori degli imputati, ha confermato integralmente la decisione del primo giudice, rilevando che dal complesso delle attività di Polizia giudiziaria nonchè dai servizi di OCP, dalle perquisizioni e sequestri, oltre che dagli accertamenti sui tabulati telefonici era inoppugnabilmente emerso che presso l’abitazione di Mo.Mi. si esercitava un cospicuo e continuativo traffico di sostanze stupefacenti, e come gli odierni imputati detenessero a tale fine la droga rinvenuta nella loro disponibilità (concretamente reperita ed esaminata dal CT del P.M.), di fatto in parte ceduta sotto gli stessi occhi degli inquirenti (e quindi sequestrata e periziata) a B.S. e L. C..

Altrettanto inequivoche e di palmare evidenza risultano tutte le successive indagini connotate nello specifico dalle audizioni degli acquirenti delle sostanze stupefacenti.

2.) i motivi di impugnazione di M. e di C. e le ragioni della decisione della Corte.

La difesa del M. e del C., con due ricorsi formalmente distinti ma sostanzialmente identici, premesso che il reato più grave è quello contestato al capo A) e relativo all’acquisto di oltre 92 grammi di cocaina custoditi nella cassaforte del Mo.

(di cui grammi 77, 003 di cocaina pura), sostiene che nella specie, una volta divisa per tre tale quantità, e tenuto conto del personale consumo individuale, ben poco rimaneva per la cessione a terzi (pag.

8).

Da ciò la prima doglianza in punto di vizio di motivazione per il mancato riconoscimento ad entrambi dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5.

Le censure sono palesemente infondate, apprezzata la completa e congrua motivazione dei giudici di merito i quali hanno valorizzato l’entità della droga disponibile per la cessione a terzi e ne hanno negato i profili di lieve entità puntualmente ed ineccepibilmente argomentando su tali punti (pag. 3 sentenza impugnata), in linea con la conforme valutazione operata dal primo giudice.

Con una seconda censura si rileva che sia al M. che al C. è stata contestata la recidiva specifica reiterata, ma la Corte distrettuale, nonostante una precisa richiesta di non valutazione della detta circostanza, l’ha considerata, peraltro senza alcuna motivazione a sostegno di tale pesante decisione.

Anche questa doglianza è palesemente infondata avuto riguardo alla espressa motivazione della Corte di appello, indicata a pag. 4 della sentenza, e che ha diffusamente dato esplicito conto della ritenuta applicabilità dell’aggravante ex art. 99 c.p., comma 4.

Con una terza censura comune anche al C., si lamenta la motivazione della corte distrettuale con la quale sono state negate le circostanze attenuanti generiche.

La doglianza è inammissibile.

In proposito va considerato che la sussistenza di circostanze rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria – come quella di specie – non può essere sindacata in cassazione/neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. Penale sez. 6, 7707/2003, Rv. 229768, Anaclerio).

Con una quarta ed ultima censura si prospetta ancora difetto di motivazione sugli aumenti a titolo di continuazione stabiliti per entrambi dai giudici di merito.

Anche questa doglianza è manifestamente infondata ed ignora la puntuale risposta della corte distrettuale che ha soppesato la congruità degli aumenti,in funzione della gravità e della molteplicità delle violazioni contestatela ha del pari apprezzato che si versava a fronte di un trattamento sanzionatorio nel contenuto minimo consentito.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

3.) i motivi di impugnazione di F. e le ragioni della decisione della Corte.

Il F. con un primo motivo di impugnazione deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della affermazione di responsabilità, sostenuta dai giudici di merito senza valutare gli elementi a favore del ricorrente.

Il motivo non supera la soglia dell’ammissibilità valutata la corretta, ampia e logica motivazione dei giudici di merito, quali, con una doppia e conforme pronuncia, hanno individuato i profili indiscutibili della colpevolezza dell’accusato e le plurime fonti di tale ragionevole convincimento, idonee ad annullare ogni diversa alternativa prospettazione difensiva.

Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’omesso riconoscimento dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5.

Il motivo segue la sorte di inammissibilità negli stessi termini del I motivo di M. e C., per le identiche argomentazioni qui integralmente da richiamarsi.

In conclusione tutti e tre i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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