Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-11-2011) 16-11-2011, n. 42381

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.A., ricorre, a mezzo del suo difensore, deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati, avverso l’ordinanza 18 luglio 2011 del Tribunale distrettuale della libertà di Bologna che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza 23 giugno 2011 del G.I.P. presso il Tribunale di Parma, di applicazione della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di peculato corruzione, indicati nei capi 4 e 6 (in concorso con A.G.V. e M.T.) e 7, 8, 12, e 1 bis a carico del solo ricorrente.

1.) i capi di imputazione.

I reati in questione sono quelli descritti nell’imputazione: ai capi 4 e 6 a carico di tutti e tre i ricorrenti; al capo 5 a carico dei soli A. e M.; ai capi 7, 8, 12, e 1 bis a carico del solo F.. Per essi è contestata la violazione degli artt. 110 e 314 c.p., commessa in concorso con pubblici ufficiali oggi non ricorrenti, eccetto il capo 12), consistente nel reato di corruzione commesso dal F. (in concorso con pubblico ufficiale J., indagato per lo speculare capo 11).

2.) la vicenda processuale nella narrativa del Tribunale del riesame di Bologna.

Annota il Tribunale che la vicenda si inserisce in un’indagine che ha avuto inizio a febbraio 2009 e che ha portato all’arresto del pubblico ufficiale, dipendente Enia, T.N. e di alcuni imprenditori nel giugno 2010.

Il prosieguo delle indagini ha dato conto della sussistenza di un vasto "malaffare" all’interno del Comune di Parma e delle società a partecipazione pubblica ad esso collegate, che consentiva continue appropriazioni indebite di denaro pubblico da parte dei pubblici ufficiali e di imprenditori ad essi graditi, così configurandosi diversi reati di peculato e corruzione.

Per l’ordinanza impugnata lo schema con cui si realizzava il reato di peculato era il medesimo in tutte le ipotesi contemplate nelle imputazioni e consisteva:

a) nell’emissione di fatture da parte di alcuni imprenditori compiacenti nei confronti del Comune o di società a partecipazione pubblica, per opere mai effettuate, oppure gonfiando il costo di opere realizzate, figurativamente concernenti lavori di interesse pubblico;

b) il pubblico ufficiale preposto all’ente, avendo la disponibilità del denaro pubblico, nel senso che aveva il potere di gestirlo, emetteva l’ordine di pagamento per le suddette fatture, sottraendolo all’ente pubblico e appropriandosi così del relativo denaro, in concorso con gli imprenditori coinvolti;

c) in alcune occasioni il peculato si è realizzato in modo più diretto, in quanto i pubblici ufficiali hanno incaricato le imprese di cui solitamente il Comune si serviva, di effettuare lavori a proprio esclusivo vantaggio, o di acquistare beni per sè o proprì parenti, pagando le relative prestazioni con denaro pubblico, la cui spesa veniva fittiziamente giustificata con fatture figurativamente emesse per effettuazione di lavori di interesse pubblico.

I pubblici ufficiali indagati, concorrenti con gli imprenditori ricorrenti, sono stati individuati nelle persone di: – Mo., Dirigente dei Comune di Parma in quanto Responsabile dei Settore Mobilità e Ambiente; – B., presidente della società a partecipazione pubblica Engioi spa (che riveste altresì la qualifica di amministratore di alcune società private, in particolare la Asfalti e Costruzione Ducale s.r.l., società che otteneva diversi lavori dal Comune di Parma); – B., direttore attività diversificate e spazzamento della società pubblica Enia srl e responsabile dei comitato tecnico del servizio di manutenzione del verde pubblico, in particolare dell’appalto denominato global" intercorso tra Comune ed Enia; I., all’epoca direttore della società a partecipazione pubblica Infomobility spa.; – J., Comandante della Polizia Municipale di Parma.

2.1) la motivazione dell’ordinanza 18 luglio 2011 del Tribunale del riesame di Bologna.

Il Tribunale del riesame, una volta risolte le questioni preliminari (qui non più riproposte), ha valutato analiticamente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza soffermandosi sulle imputazioni sub 4 (pag. 6), sub 5 (pag. 7), sub 6 (pag. 14), sub 7 e sub 1 bis (pag.

15), sub 8 e sub 12 (pag.16).

Successivamente il giudice cautelare ha escluso per il F. (pag.

19) l’ipotesi difensiva della sussistenza di una condizione di persona concussa e ha definito in termini di corruzione l’accusa in fatto prospettata al capo sub 12.

L’ordinanza infine conclude argomentando che la condotta per cui il F. è stato ritenuto concusso, con provvedimento del luglio 2010 da questo Tribunale, nulla ha a che vedere con le successive e nuove condotte oggi contestategli, anche in considerazione del fatto che il pagamento di tangenti "per pressioni ricevute dall’alto" di cui si parla nella ordinanza de libertate concernente il F., emessa nel 2010, risale soprattutto a comportamenti avvenuti nel 2006, come risulta dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti riportate nell’ordinanza dei Tribunale del Riesame del luglio 2010.

Il provvedimento contesta in proposito che le dichiarazioni rese dal Fa. nell’interrogatorio davanti al P.M. del 5/7/11 e del 13/7/11, citate dalla difesa a sostegno della ipotesi di concussione, siano significative.

Rileva invero il Tribunale del riesame che il Fa.: ha dichiarato che la nuova società Rossin Green da esso creata con altro imprenditore Ma. e con B. e Mo., doveva essere destinataria, secondo quanto disse Mo., degli appalti già affidati in precedenza a F.; ha ancora chiarito che egli dava denaro a T. per poter mantenere i rapporti di lavoro.

Argomenta peraltro sul punto l’ordinanza impugnata che tali frasi – estrapolate dal contesto delle dichiarazioni complete rese dal F. – perdono la valenza loro propria, considerato che dalla lettura degli interi interrogatori emerge senza ombra di dubbio che il sistema era frutto di un accordo fatto a tavolino tra gli imprenditori e i pubblici ufficiali, sistema che avrebbe visto, nel caso della nuova società Rossin Green s.r.l., un guadagno assolutamente paritario del 25% per ognuno dei quattro partecipanti (due pubblici ufficiali e due imprenditori).

Essendo tale società quella a cui dovevano passare gli appalti prima concessi al F., pare ragionevole ritenere che gli accordi precedenti con il F. fossero ugualmente paritari.

Altro elemento che depone circa il ruolo del tutto paritario con i pubblici ufficiali dei F. si rinviene nelle dichiarazioni rese da persona informata sui fatti, L.P., il quale, sentito a sommarie informazioni testimoniali in data 30/6/2011, ha dichiarato che F. gli diceva che poteva andare in auto e parcheggiare dove voleva nonostante non avesse la patente di guida perche godeva di amicizie potenti.

Anche lo stesso F., nell’interrogatorio di garanzia reso in data 27/6/11 ha di fatto ammesso di partecipare al sistema in base al quale percepiva pagamenti con denaro pubblico per lavori privati, ciò che esclude la fattispecie del reato di concussione.

Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale del riesame, affermata la sussistenza di gravità indiziaria riguardo a tutte le ipotesi contestate, correttamente inquadrate nelle fattispecie di peculato e corruzione, rispettivamente, ha fatta propria la valutazione effettuata dal G.I.P. nella sua ordinanza circa la sussistenza di pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione di reati analoghi, in capo a tutti gli indagati ricorrenti.

In proposito l’ordinanza evidenzia:

a) che il malaffare instauratosi nel Comune di Parma da anni, ha determinato l’assuefazione ad un modus operandi da parte dei funzionari pubblici e degli imprenditori ad essi graditi che difficilmente potrà svanire, se non impedito con la misura estrema;

b) che gli imprenditori possono rendersi responsabili di comportamenti analoghi a quelli per cui oggi si procede in qualunque momento, se posti in stato di libertà, potendo contare su un sistema di illiceità ben incardinato nel comune e diffuso tra un numero indefinito di pubblici amministratori, anche se molti pubblici ufficiali coinvolti nel malaffare sono ora sottoposti a misure cautelari;

c) che il tempo trascorso dai fatti contestati è del tutto insufficiente per potere ritenere che il malcostume imperante da anni sia svanito nel nulla, e così il pericolo che gli indagati, se non cautelati, vengano riassorbiti nel sistema;

d) che il pericolo di inquinamento probatorio, il quale deve essere concreto ed attuale, fondato su circostanze specifiche (ex art. 274 c.p.p., comma 1, lett. a)) sussiste per il F. che risulta avere dichiarato nel corso di intercettazioni telefoniche, di voler sfruttare la documentazione e le conoscenze in suo possesso a proprio vantaggio: emerge da questa frase un’evidente volontà di modificare artatamente la realtà a fini personali, e quindi il chiaro pericolo che possa inquinare elementi di prova;

e) che la misura della custodia cautelare in carcere appare l’unica adeguata, soprattutto in considerazione del pericolo di inquinamento probatorio: gli indagati, se liberi, ancorchè ristretti in regime di detenzione domiciliare, potrebbero porre in essere comportamenti, anche per il tramite di persone di loro fiducia, volti alla dispersione o modifica del materiale probatorio, quali intimidazioni o indottrinamento di futuri testimoni, distruzione documentazione (condotte che sono state concretamente poste in essere), ed altro.

Da ciò la conferma dell’ordinanza impugnata.

3.) i motivi di impugnazione di F.A. e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione con riferimento al giudicato cautelare ed alla unicità contestuale degli illeciti (pag.3).

Con un secondo motivo si lamenta ancora mancanza e contraddittorietà della motivazione con riferimento ai delitti di peculato, corruzione e concussione (pag.7), ed identico vizio sulla valutazione della sussistenza dei requisiti, di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c) ed a) cod. proc. pen., in punto di pericolo di reiterazione (pag.17) e di inquinamento probatorio (pag.23).

Il primo motivo di ricorso deve ritenersi fondato per le ragioni di seguito indicate ed il suo accoglimento non impone la disamina delle altre doglianze.

3.1) la sorte della prima ordinanza cautelare del 9 giugno 2010 e la diversa qualificazione dei fatti da concussione a corruzione.

In proposito va premesso in fatto che nel procedimento 434/2009 R.G. n.r., le cui indagini hanno avuto inizio nel febbraio 2009, F. A. è già stato destinatario della misura cautelare del carcere in esecuzione dell’ordinanza 9 giugno 2010 del successivo provvedimento del medesimo G.i.p. ed in esito alla richiesta 25 maggio 2010 del medesimo P.M..

Tale ordinanza è stata annullata dal Tribunale della Libertà di Bologna, con decisione 1 luglio 2010, confermata da questa stessa sezione della Corte, in diversa composizione, con sentenza 790/11 del 4 novembre 2010, la quale ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso del P.M. in quanto, a fronte di una motivazione dei provvedimento del Tribunale, che ha spiegato in modo logico ed esauriente le ragioni delle conclusioni assunte, in punto di ritenuta concussione, l’impugnazione della parte pubblica si è risolta nell’elencazione di una serie di elementi, costituiti essenzialmente da conversazioni intercettate, di cui non si sarebbe tenuto conto, accompagnati da rilievi che, senza evidenziare illogicità manifeste dell’ordinanza impugnata, in argomentata correlazione con gli elementi medesimi, si sono caratterizzati per assertività o esposizione di valutazioni alternative delle risultanze procedimentali.

Precisa il ricorrente che i delitti continuati di corruzione in allora attribuiti al F. (ed al pubblico ufficiale T.), sono stati qualificati quali delitti di concussione (ascrivibili al solo T.), e si trattava di fatti addebitati come consumati a Parma "dall’aprile a tutto il dicembre 2009" nell’ambito della "gestione operativa dell’appalto intercorso fra il Comune di Parma e ed ENIA S.p.a. denominato comunemente "Global".

Da tale dato cronologico l’odierno ricorso evidenzia che i fatti diversi e connessi oggetto della seconda ordinanza applicativa della misura cautelare sostanzialmente risultano commessi anteriormente alla prima ed erano già desumibili dagli atti, con conseguente necessaria valutazione della portata del giudicato cautelare in base a tale premessa temporale.

3.2) la deduzione del giudicato cautelare e della unicità contestuale degli illeciti.

Il Tribunale del riesame, come già detto, con l’odierno provvedimento impugnato ha testualmente sostenuto che "la condotta per cui il F. è stato ritenuto concusso con provvedimento del luglio 2010 da questo Tribunale, nulla ha a che vedere con le successive e nuove condotte oggi contestategli, anche in considerazione del fatto che il pagamento di tangenti per pressioni ricevute dall’alto di cui si parla nell’ordinanza de libertate concernente il F., emessa nel 2010, risale soprattutto a comportamenti avvenuti nel (OMISSIS)" (pag. 21).

Per il ricorrente, con tali affermazioni, si è rinnovata l’analoga motivazione dell’ordinanza del G.i.p., per sostenere che alle pressioni iniziali, "probabilmente" concussive del pubblico ufficiale, aveva fatto seguito un adeguamento della vittima per sfruttare a proprio vantaggio "la situazione di corruzione generale e diffusa".

Senonchè dallo stesso testo complessivo dei provvedimenti, secondo il ricorso, emergono circostanze non solo contraddittorie tra decisione ed atti, ma pure incoerenti rispetto alle premesse, tali da rendere assertive le motivazioni addotte.

Ritiene la Corte che tale critica sia fondata, avuto appunto riguardo alla scansione cronologica dei fatti e ai tempi di consumazione dei nuovi reati, rispetto ai precedenti.

Invero: il capo 4 risulta commesso "da (OMISSIS)"; il capo 6 "da (OMISSIS)" (per F. l’addebito si restringe al 29 dicembre 2008 e al 13 novembre 2009);

il capo 7 "da (OMISSIS)"; il capo 1 bis "da (OMISSIS)"; il capo 8 "da (OMISSIS)"; il capo 12 "dal (OMISSIS)" (epoche rispettivamente di promessa e di dazione).

Risulta quindi scorretta in fatto l’asserzione che le nuove condotte contestate siano "successive", risultando esse invece "antecedenti e/o coeve", rispetto a quelle oggetto di valutazione nell’ordinanza che aveva ritenuto nella specie la sussistenza della concussione.

Il gravato provvedimento va quindi annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna, il quale, preso atto della corretta scansione temporale degli eventi e nella piena libertà delle valutazioni di merito di competenza, porrà rimedio al rilevato deficit argomentativo qualificando di conseguenza le condotte illecite addebitate al F..

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bologna. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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