T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 20-12-2011, n. 3297

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il provvedimento indicato in epigrafe che aveva annullato il permesso di soggiorno precedentemente concesso poiché da successivi accertamenti era emerso che il datore di lavoro era coinvolto in un procedimento penale per reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il ricorrente faceva presente che dopo aver ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno gli veniva comunicato l’avvio di un procedimento volto all’annullamento dello stesso per i motivi che poi hanno condotto all’annullamento ex art. 21 nonies L. 241\90.

Il lavoratore extracomunitario presentava una memoria difensiva e successivamente cambiava residenza ed apriva un’attività autonoma con iscrizione alla Camera di Commercio.

Il ricorso si fonda su otto motivi.

Il primo denuncia la nullità del decreto per omessa traduzione nella lingua conosciuta dal ricorrente.

Il secondo lamenta il difetto di motivazione per non essere state spiegate le ragioni per cui le condotte del datore di lavoro del ricorrente oggetto di indagine penale dovrebbero essere ostative al rilascio del permesso di soggiorno.

Il terzo e il sesto motivo contestano che possa affermarsi che il ricorrente non disponesse di un reddito sufficiente per il suo mantenimento poiché nessuno ha provato che la documentazione prodotta al riguardo sia falsa non essendo intervenuta alcuna sentenza in merito.

Il quarto motivo censura mancata valutazione dei fatti sopravvenuti e cioè della circostanza che il ricorrente ha intrapreso un’attività autonoma.

Il quinto motivo eccepisce la non applicabilità ai casi di rinnovo dei requisiti di cui all’art. 4,comma 3, D.lgs. 286\98 che riguardano solo i casi dell’ingresso in Italia.

Il settimo e l’ottavo motivo contestano la violazione degli artt. 24 e 27 Cost. oltre all’art. 6,comma 2, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo perché la decisione negativa investirebbe il Mataj senza che a suo carico possa imputarsi alcunché a titolo di dolo o colpa e senza consentirgli la possibilità di difesa poiché per effetto del provvedimento contestato e del relativo ordine di espulsione dovrebbe lasciare il territorio nazionale.

La Questura di Milano si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 27.8.2008 veniva rigettata l’istanza cautelare.

Il ricorso non è fondato.

La mancata traduzione in una lingua conosciuta può giustificare una remissione in termini ai fini del ricorso avverso il provvedimento ma non può essere posta a fondamento del suo annullamento; La mancata traduzione, ai sensi del comma 6 dell’art. 2, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno o l’espulsione degli stranieri in una lingua a loro conosciuta ovvero quanto meno in lingua francese, inglese o spagnola non costituisce un vizio di legittimità dello stesso, in quanto la relativa previsione non incide sulla correttezza del potere esercitato, ma è tesa esclusivamente a rendere effettivo il diritto di difesa sancito dall’art. 24 cost. che, nel caso di specie, non è stato affatto violato. Inoltre, in materia di disciplina dell’immigrazione e di condizione dello straniero, l’obbligo della traduzione del provvedimento di espulsione sussiste soltanto qualora emerga in modo certo, al momento della sua emissione e notificazione, la mancata conoscenza da parte del cittadino straniero della lingua italiana, dovendosi escludere la sussistenza di tale obbligo allorquando costui mostri in qualsiasi modo di rendersi conto del significato degli atti (vedasi ex multis TAR Toscana 299\2008).

Sono infondati altresì i motivi di ricorso che riguardano la motivazione del provvedimento di annullamento.

Sul piano amministrativo è ben possibile fare delle valutazioni anche sulla base di un’indagine penale non ancora sfociata in una sentenza di condanna quando gli elementi accertati sono sufficienti a far ritenere che il rapporto di lavoro attestato sia fittizio.

Peraltro il ricorrente non ha fornito elementi che provassero l’esistenza di un reale rapporto di lavoro.

Spesso accade che il cittadino extracomunitario stia effettivamente lavorando in nero ed al momento della richiesta della documentazione necessaria per regolarizzare la propria posizione in Italia gli venga consegnata documentazione fittizia.

Al di là della consapevolezza o meno del lavoratore che il suo datore di lavoro reale non sia quello che risulta dalla documentazione, resta il fatto che una situazione siffatta cos" come non consente il rilascio del permesso di soggiorno può essere la ragione per cui annullare un permesso già rilasciato.

Quanto al quarto motivo il ricorrente non ha mostrato in alcun modo la reale conduzione dell’attività per cui ha aperto la posizione presso la Camera di Commercio cosicché non è possibile valutare la possibilità di conseguire un reddito sufficiente per il suo mantenimento.

Anche il quinto motivo è infondato in quanto il ricorrente sembra dimenticare che i requisiti richiesti per i rinnovo sono i medesimi previsti per il suo ingresso in Italia ai sensi dell’art. 5, comma 5, D.lgs. 286\98.

Gli ultimi due motivi di ricorso che fanno riferimento ai due articoli della Costituzione in tema di responsabilità personale e diritto di difesa non sono pertinenti alla fattispecie in esame.

L’annullamento del permesso di soggiorno non prevede alcuna necessità di accertare un elemento psicologico di colpevolezza poiché non è un provvedimento sanzionatorio, ragion per cui anche il riferimento al diritto di difesa è inconferente.

Il ricorrente non è accusato di alcunché mediante il provvedimento impugnato; semplicemente l’amministrazione ha preso atto che le condizioni che sembravano sussistere all’atto del rilascio del rinnovo del permesso in realtà non erano sussistenti poiché mancava un reale rapporto di lavoro.

Il ricorso va in conclusione respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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