Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-05-2012, n. 8228 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa propose opposizione allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria della Fin. It. s.p.a., al quale il suo credito di complessive L. 298.080.569.517, per garanzie prestate dalla Fin. It. in favore delle società del "gruppo Costanzo", era stato ammesso solo in via condizionata e senza le prelazioni ipotecarie e pignoratizie richieste su L. 226.188.994.000 oltre interessi.

I commissari straordinari resistettero chiedendo anche, in via riconvenzionale, revocarsi ai sensi dell’art. 2901 c.c. i pegni e le ipoteche a suo tempo concessi alla banca opponente.

Il Tribunale respinse la domanda di revoca per insussistenza dei presupposti ed accolse l’opposizione a stato passivo.

La decisione di primo grado fu impugnata con appello principale dall’amministrazione straordinaria, che insisteva per l’accoglimento dell’azione revocatoria, e con appello incidentale dalla creditrice, che chiedeva pronunciarsi l’improponibilità, prima ancora che il rigetto, della medesima azione.

La Corte di Catania ha respinto entrambi i gravami, confermando l’insussistenza dei presupposti del consilium fraudis e dell’eventus damni.

L’amministrazione straordinaria della Fin. It. ha proposto ricorso per cassazione con sette motivi di censura. La Sicilcassa ha resistito con controricorso contenente anche ricorso incidentale subordinato per un motivo. Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.

Motivi della decisione

1. – Va accolta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla controricorrente sul rilievo della tardività dello stesso per violazione del termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza impugnata. Ai sensi de4lla L. Fall., art. 99, comma 5, (nel testo, qui applicabile, anteriore alla novella di cui al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), infatti, il termine per ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello sull’opposizione a stato passivo è ridotto alla metà, dunque a trenta giorni, mentre nella specie la sentenza di appello è stata notificata il 12 ottobre 2010 e il ricorso principale è stato spedito per la notifica soltanto il 13 dicembre 2010.

Non rileva che la sentenza impugnata abbia pronunciato non soltanto sull’opposizione a stato passivo ma anche sulla domanda riconvenzionale di revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c.. E’ vero, infatti, che questa Corte ha affermato che, allorquando la sentenza abbia pronunciato, oltre che sull’opposizione, anche su altra domanda proposta nello stesso processo, la regola di cui all’art. 99, comma 5, cit., va applicata con esclusivo riguardo alle statuizioni inerenti alla formazione dello stato passivo, mentre per le altre si applica il termine d’impugnazione ordinario (Cass. 3016/1974 e successive conformi); tuttavia questa stessa Corte non ha mancato di precisare che ciò vale solo se tra i capi della sentenza sussista una connessione meramente estrinseca (Cass. 8663/2000, 3151/1999), mentre ove tra gli stessi sussista una stretta connessione si applica per tutti la regola di cui all’art. 99, comma 5, cit. (10905/2010, 3381/2008).

La ricorrente principale, prendendo le mosse da Cass. 10905/2010, cit., riferita a fattispecie di connessione fra domanda di ammissione al passivo di credito pignoratizio e domanda riconvenzionale di nullità della garanzia, nega che un analogo legame di stretta connessione sia configurabile tra opposizione a stato passivo e azione revocatoria. Quest’ultima, osserva, non attiene infatti al momento genetico del credito insinuato, ma sorge solo in conseguenza della dichiarazione del fallimento o dello stato di insolvenza, mentre il diritto insinuato al passivo è necessariamente anteriore a tale dichiarazione e la revoca agisce solo in via successiva sulla opponibilità dello stesso alla massa.

Il modo di operare della revoca, però, non ha rilievo ai fini che ci interessano. La stretta connessione di cui si è detto ricorre, invero, allorchè la domanda connessa sia priva di effettiva autonomia rispetto a quella di ammissione al passivo, sì da restare in definitiva assorbita in essa (Cass. 3381/2008, 8663/2000, citt.), come appunto si verifica nel caso che ci occupa, in cui la domanda di revoca delle garanzie ipotecarie e pignoratizie, proposta dall’amministrazione straordinaria, non ha alcuna funzione fuori del collegamento con l’ammissione del credito garantito al passivo. Del resto la mancata impugnazione, nel più breve termine di trenta giorni, della decisione che ha definito il giudizio di opposizione, rendendo ormai immodificabile lo stato passivo priva di ogni possibile utilità il giudizio di revoca (Cass. 3381/2008, cit., riferita appunto ad opposizione a stato passivo connessa a domanda di revoca di garanzia ipotecaria; nello stesso senso, in analoga fattispecie, anche Cass. 12155/1990).

Neppure ha pregio l’obiezione della ricorrente principale secondo cui la previsione della dimidiazione del termine per ricorrere per cassazione è scomparsa dal nuovo testo della L. Fall., art. 99, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, al quale la sentenza impugnata è successiva. Alle procedure concorsuali – e dunque ai relativi giudizi di opposizione allo stato passivo – pendenti alla data dell’entrata in vigore del decreto legislativo, come quella per cui è causa, si applica infatti, ai sensi dell’art. 150 del medesimo decreto, il testo precedente della L. Fall., art. 99, e si applica ovviamente nella sua interezza. Peraltro il termine per ricorrere per cassazione previsto dal testo novellato dell’art. 99, nel contesto di una radicale revisione della disciplina del giudizio di opposizione a stato passivo, è anch’esso di trenta giorni.

Nè, infine, può accogliersi la tesi, sostenuta dalla ricorrente principale nella memoria, secondo cui il termine ordinario per ricorrere per cassazione andrebbe applicato in forza dell’art. 40 c.p.c., comma 3, che prevede, per il caso di simultaneus processus su cause connesse da trattare con riti diversi, la prevalenza appunto del rito ordinario sui riti speciali (ad eccezione di quello del lavoro). Non ricorre, infatti, l’ipotesi di cui alla norma invocata, dato che il giudizio di opposizione a stato passivo, come disciplinato dalle norme in vigore prima della novella del 2006, si svolge anch’esso secondo il rito ordinario, come si ricava anche dalla L. Fall., art. 99, comma 1 (del vecchio testo). (Cass. 15779/2000), e la semplice riduzione del termine per impugnare non vale a configurare una specialità del rito.

2. – L’inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

3. – Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale alle spese processuali, liquidate in Euro 9.200,00, di cui 9.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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