Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 16-11-2011, n. 42046 Aggravanti comuni connessione teleologica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Biella, con sentenza emessa in data 01.03.2011, su richiesta ex art. 444 c.p.p., applicava agli odierni ricorrenti:

M.S. e P.A. le pene indicate in sentenza per i reati contestati nel decreto di citazione a giudizio, (capo A) – artt. 81 cpv e 110 c.p. e art. 629 c.p., comma 2; capo B) – artt. 81cpv e 110 c.p., art. 61 c.p., n. 2 e L. n. 895 del 1967, artt. 2, 4 e 7 modif. L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14) unificati dal vicolo della continuazione, ritenute le attenuanti generiche e l’attenuante ex art. 62 c.p., n. 4 equivalenti alla recidiva ed all’aggravante ed applicata la riduzione per il rito.

Ricorrono per cassazione i difensori degli l’imputati, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c ed e;

– P.:

A)- Violazione di legge per incompatibilità dell’aggravante dell’uso dell’arma nella estorsione, ex art. 629 c.p., comma 2, con l’aggravante del "nesso teleologia)" ex art. 61 c.p., n. 2;

– la sentenza sarebbe nulla perchè l’aggravante teleologica individuata nell’utilizzo di un’arma per commettere il delitto di estorsione, circostanziante i reati in materia di armi ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 2, viene assorbita, in applicazione del principio di specialità dell’art. 15 c.p., dall’analoga circostanza speciale prevista dall’art. 629 c.p., comma 2;

B)- Violazione di legge per incompatibilità tra il reato continuato ex art. 81 cpv c.p. e l’aggravante della connessione teleologica ex art. 61 c.p., n. 2;

-atteso che il nesso teleologico, caratterizzato da un particolare rapporto tra i reati commessi, implica comunque una rappresentazione preventiva degli stessi, così sostanzialmente coincidendo con il requisito dell’unicità del disegno criminoso;

-ne deriverebbe la prevalenza del principio dell’attenuazione delle sanzioni, proprio della disciplina dell’art. 81 cpv c.p. e l’impossibilità di procedere all’aumento di pena ex art. 61 c.p., n. 2;

– M.:

C)-Violazione di legge per erroneo giudizio di comparazione delle attenuanti con le aggravanti che, ove correttamente eseguito avrebbe dovuto condurre al giudizio di prevalenza e non di equivalenza come compiuto dal giudice;

D)-violazione di legge per avere utilizzato i tabulati telefonici dell’utenza della moglie della parte offesa nonostante che le chiamate non fossero state effettuate dal ricorrente M. ma dal correo P.;

E)-violazione di legge per manifesta illogicità della motivazione riguardo al giudizio di comparazione e alla determinazione della pena;

-Chiedono l’annullamento della sentenza impugnata.

Per P. sono stati depositati motivi nuovi a chiarimento dei motivi principali di ricorso.

Motivi della decisione

Il motivo sull’assorbimento dell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 2 rispetto all’analoga circostanza speciale prevista dall’art. 629 c.p., comma 2 è infondato, il ricorrente fa riferimento alla Giurisprudenza che, in applicazione del principio di specialità, ha stabilito il principio per il quale l’aggravante teleologica di cui all’art. 61 c.p., n. 2, di natura soggettiva in quanto applicabile a carico di chi commette un delitto allo scopo di realizzare un ulteriore delitto, o di occultarlo, o di assicurarsene il profitto o l’impunità, viene assorbita nel delitto di rapina impropria, laddove la volontà del soggetto di assicurarsi con violenza sulla persona il prodotto del bene sottratto o l’impunità è stata assunta come elemento costitutivo. (Cassazione penale, sez. 1, 16/11/2006, n. 42371).

Si tratta di un principio fondato sull’elemento della violenza, caratterizzante e necessario per la configurazione del reato di rapina impropria che, però, non può essere utilizzato in tutti i casi ove sia contestata l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2.

Infatti in tema di concorso di aggravanti, affinchè si verifichi l’assorbimento della norma sull’aggravante comune in quella che prevede un’aggravante speciale è necessario che quest’ultima contenga tutti gli elementi della fattispecie prevista dalla norma generale, oltre ad ulteriori elementi specializzanti.

Ne deriva che l’aggravante del nesso teleologia) ben può sussistere, in relazione ai reati di detenzione o di porto illegale di armi, anche quando ricorra l’aggravante dell’uso dell’arma, di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, prima ipotesi, (analogo all’ipotesi di cui all’art. 629 c.p., comma 2 – contestato nella specie -).

Ai fini della sussistenza di quest’ultima aggravante, non è infatti necessario che l’arma impiegata sia detenuta o portata illegittimamente, per cui è ammissibile la contemporanea sussistenza delle due aggravanti (Cassazione penale, sez. 2, 30/10/2008, n. 44906 – conf. Sez. 2, Sentenza n. 5393 del 08/06/1990).

Ugualmente infondato risulta il motivo con il quale si è eccepita l’incompatibilità tra il reato continuato ex art. 81 cpv c.p. e l’aggravante ex art. 61 c.p., n. 2, atteso che sia la circostanza aggravante del nesso teleologia), che la fictio iuris della continuazione, influiscono sull’aumento della pena, tuttavia ognuna di esse agisce su piani diversi, in momenti differenti ed ha una propria ratio: l’aggravante teleologica è prefigurata in considerazione della maggiore criminalità dimostrata dal reo, mentre la continuazione attua il cumulo giuridico delle pene, in luogo di quello materiale, in considerazione della unicità del disegno criminoso e, quindi, realizza un favor rei.

Si deve, quindi, escludere che la circostanza di cui all’art. 61 c.p., n. 2, sia concettualmente assorbita dall’unicità del disegno criminoso prevista dall’art. 81, cpv. cod. pen. e che il riconoscimento della continuazione non consenta la configurabilità della circostanza aggravante predetta. (Cassazione penale, sez. 2, 17/11/2004, n. 48317 – Cass. Pen. 10508, 27/09/1995 – 23/10/1995, sez. 5).

Ugualmente infondati risultano gli altri motivi, relativi al trattamento sanzionatorio, al giudizio di comparazione tra le circostanze ed alla utilizzabilità delle prove, atteso che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che nel caso di sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. si può proporre impugnazione per cassazione solo laddove risultava evidente la possibilità di un proscioglimento con formula ampia. (Cass. Pen. Sez. 1, 10.01.2007 n. 4688).

Nella specie il giudice del merito ha espresso una motivazione specifica ai sensi dell’art. 129 c.p.p., evidenziando come, in luogo di prove evidenti di innocenza sussistono, al contrario sufficienti elementi di responsabilità, richiamando all’uopo: – le denunce – i verbali di arresto e di sequestro – gli accertamenti tecnici – le confessioni;

Si è per altro ritenuto, anche da questa sezione che: "Nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 e ss. c.p.p), le parti non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione. L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicchè, in questa prospettiva, ogni questione sull’utilizzabilità delle prove risulta inammissibile. (Cassazione penale. sez. 1 14 gennaio 2009, n. 5240).

Uguale discorso deve farsi per i motivi relativi alla carenza ovvero alla erroneità della motivazione – sulla pena e – sul giudizio di comparazione, atteso che la pena e le attenuanti sono state irrogate in maniera conforme alle richieste formulate dagli stessi imputati e sono state ritenute congrue dal giudice.

E’ noto che in materia di pena, specie nel caso di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., non sia richiesta una motivazione specifica ma sia sufficiente una motivazione sintetica, che dia conto dell’avvenuta valutazione da parte del giudice. (Cassazione penale, sez. 5, 17 novembre 1993).

La motivazione impugnata risulta pertanto sufficiente, congrua ed immune da evidenti illogicità, dando conto, sia pure per implicito, dell’avvenuta valutazione degli elementi acquisiti in atti.

Per contro i motivi di ricorso appaiono, per un verso, contrastanti con le richieste formulate e, per altro verso, del tutto generici e – quindi – interamente inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1500,00, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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