Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-10-2011) 16-11-2011, n. 42039

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di assise di Catania, con sentenza del 21.04.2008, dichiarava:

S.R.A. responsabile del delitto di omicidio aggravato in danno di F.A. nonchè del delitto di porto di arma da fuoco, in entrambi i casi in concorso con G.M., M. A., L.F.G., R.R. e Si.Ca., agendo il M. quale mandante ed i rimanenti quali esecutori materiali;

per i primi due non si procedeva perchè successivamente uccisi nel corso di agguati mafiosi e per gli altri si procedeva separatamente, sicchè il presente procedimento riguardava solo l’odierno ricorrente S.R.;

La Corte di Assise di appello di Catania, con sentenza del 11.12.2008 riduceva la pena inflitta allo S. e confermava nel resto;

La Corte di Cassazione, con decisione del 21.10.2009, osservava:

-che la sentenza impugnata aveva fondato il giudizio di colpevolezza sulle dichiarazioni dei due collaboranti L.F.G. e Si.Ca.;

-che i giudici d’appello avevano compiuto accertamenti sull’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei predetti, entrambi confessi della propria partecipazione materiale all’omicidio, ritenendo trattarsi di chiamate in correità reciprocamente riscontrate, senza tenere però conto delle critiche sollevate dalla difesa con riferimento all’attendibilità dello St.;

-che, al riguardo, la difesa aveva segnalato come quest’ultimo avesse iniziato la sua collaborazione a distanza di cinque anni rispetto al L.F. e come lo stesso St. avesse assistito, in qualità di imputato, alle udienze dibattimentali del processo "(OMISSIS)", circostanza questa che gli aveva consentito di ascoltare le dichiarazioni rese dal L.F. anche in relazione all’omicidio di F.A.;

-che questa circostanza aveva formato oggetto di uno specifico motivo di appello in ordine al quale la Corte di merito non aveva fornito alcuna esplicita risposta, nonostante che le deduzioni dell’appellante evidenziassero le ragioni per le quali poteva dubitarsi delle dichiarazioni di St. rispetto a quelle di L. F.;

la Corte di cassazione aveva pertanto annullato la sentenza in esame osservando:

-che tale lacuna motivazionale si risolveva in un incompleto esame circa l’attendibilità del Si. e segnatamente circa l’autonomia delle sue dichiarazioni rispetto a quelle rese dal L. F., lacuna che doveva essere colmata attraverso un nuovo giudizio.

La Corte di assise di appello di Catania, in diversa composizione, nuovamente decidendo in sede di rinvio con sentenza del 28.09.2010, confermava il giudizio di responsabilità di S.R.A., riducendo la pena in conformità a quanto già disposto nella decisione cassata.

Ricorre nuovamente per cassazione l’imputato a mezzo del Difensore con:

MOTIVI ex art. 628 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

1) Il ricorrente deduce la nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3, atteso che la sentenza impugnata si fonderebbe sulle medesime argomentazioni che la Corte di Cassazione aveva censurato nella sentenza di annullamento;

-la decisione impugnata, nel tentativo di motivare la ritenuta sussistenza dell’autonomia delle dichiarazioni del collaborante Si.Ca., avrebbe riportato in maniera testuale, ed addirittura virgolettata, i medesimi passi utilizzati dalla sentenza annullata, così violando il principio esposto dalla Cassazione;

-infatti la Corte del rinvio aveva rilevato, per un verso, l’assenza di contatti tra i due dichiaranti, al di fuori della presenza legale nel processo che li vedeva entrambi imputati e nel quale il L.F. ricopriva il ruolo di collaboratore di giustizia e, per altro verso, la mancanza di prova in ordine ad un comune intento calunnioso nei confronti dello S., facendo però esplicito ricorso ad argomenti già esposti nella sentenza annullata;

-tale percorso argomentativo si risolveva, a parere del ricorrente, in una assenza di motivazione ovvero in una motivazione apparente rispetto al principio indicato nella sentenza di annullamento;

-al riguardo, il ricorrente deduce l’incongruenza della motivazione impugnata laddove, nell’intento di indicare elementi dimostrativi della predetta autonomia, aveva valorizzato la circostanza riferita dal Si. per la quale durante i preparativi dell’omicidio in casa di M., questi avrebbe tirato in disparte S. e gli avrebbe suggerito di fare una deviazione per (OMISSIS) con la scusa di dovere passare dall’abitazione di sua madre onde consentire a L.F. e Si. di arrivare con un certo anticipo in casa di R. a (OMISSIS);

-la corte del rinvio aveva sottolineato come tale circostanza non era stata riferita dal collaborante L.F. ma solo dal Si. e le aveva attribuito valore di prova dell’autonomia di tali dichiarazioni rispetto a quelle dell’altro collaborante;

-il ricorrente deduce l’erroneità di tale motivazione sottolineando come il mancato ricordo del L.F., lungi dal dimostrare l’autonomia della deposizione del Si. denunciava, invece, la falsità delle sue dichiarazioni sul punto, non essendo spiegabile la mancanza di ricordi del L.F. rispetto a tale importante episodio;

-ne derivava che la circostanza era stata erroneamente indicata come un "novum" rispetto alle dichiarazioni del L.F., in quanto elemento contraddetto dalle risultanze processuali, così come peraltro era avvenuto per tutte le altre circostanze riferite in più dal Si., sicchè ne scaturiva il complessivo giudizio di inattendibilità del medesimo, deduzione quest’ultima erroneamente disattesa dalla Corte territoriale;

2) -la motivazione era inoltre affetta dal vizio di illogicità nella parte in cui, per un verso, aveva ritenuto irrilevanti le discrepanze esistenti tra le dichiarazioni dei due collaboranti e, per altro verso, aveva invece attribuito significato pregnante al fatto che solo il Si. avesse riferito la circostanza del passaggio da (OMISSIS);

-infine si censura la sentenza per omessa motivazione riguardo alla decisione del Tribunale di Catania, depositata dalla difesa, nella quale lo S. era stato assolto dal reato di rapina aggravata L. n. 203 del 1990, ex art. 7 contestato sulla scorta delle medesime dichiarazioni accusatorie contenute negli interrogatori di collaborazione del L.F. e Si.;

-la motivazione di tale decisione era rilevante anche per il presente giudizio atteso che il Tribunale aveva fondato l’assoluzione sulla scorta dell’impossibilità di individuare con chiarezza l’odierno ricorrente nella persona che L.F. aveva indicato come " A." diversamente da Si. che lo aveva indicato come " S. R.", e lamenta l’omessa motivazione nella sentenza impugnata riguardo a tale significativa decisione;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

La Corte di cassazione aveva formulato il seguente principio annullando la sentenza impugnata: "in quanto non contiene alcun accertamento valutativo sulla effettiva autonomia del narrato del Si. in relazione alla specifica circostanza della sua presenza alle udienze in cui L.F. parlò dell’omicidio progettato e realizzato ai danni di F.A.. E’ questa una lacuna motivazionale, che si risolve in un incompleto esame circa l’attendibilità del Si., che deve essere colmata attraverso un nuovo giudizio".

La decisione della giudice del rinvio doveva assolvere a questa lacuna motivazionale.

Per farlo la Corte territoriale ha ripercorso, riordinandole, alcune circostanze già menzionate nella precedente decisione quale: la circostanza dell’assenza di prove in ordine ad un eventuale accordo preventivo dei due collaboranti ai danni dello S. ma, nel rispetto del principio che invitava a colmare la lacuna motivazionale, ha valutato anche altri elementi da cui trarre conferme sia dell’autonomia della versione del Si. e sia dell’attendibilità complessiva dello stesso; a tale ultimo riguardo, ha sottolineato come le parziali discrepanze esistenti tra i due narrati, lungi dal dimostrare l’inattendibilità del Si. – come dedotto dalla difesa – erano dimostrativi, invece, dell’assenza di un accordo tra i due collaboranti nonchè della infondatezza dell’ipotesi del "piatto adeguamento di Si. alla ricostruzione operata anni prima dal cognato".

Al riguardo la Corte del riesame precisa che tali discrepanze non inficiano l’attendibilità dei due collaboranti in quanto attengono ad aspetti secondari, estranei al tema principale quale è il coinvolgimento dello S. nella vicenda omicidiaria;

al riguardo la motivazione impugnata osserva come le parziali divergenze non lasciano alcuno spazio a dubbi circa "l’identità dell’ A. indicato da L.F. e l’ A. cui fa riferimento Si." e sottolinea come il L.F., pur non ricordando le esatte generalità aveva aggiunto un particolare altamente individualizzante precisando che l’ A. a quell’epoca "abitava nella frazione di (OMISSIS)" e che tale circostanza era stata confermata dal Si. che, però, aveva aggiunto il particolare del consiglio suggerito dal M. allo S. di passare dall’abitazione della madre sita proprio in (OMISSIS).

Tale passaggio motivazionale è rilevante:

A) -perchè integra una congrua motivazione sull’esatta individuazione dell’odierno ricorrente e così – per un verso – risulta superata l’obiezione dell’insufficiente individuazione dello S., in osservanza dell’obbligo di motivazione prescritto dalla Corte di cassazione riguardo alla complessiva attendibilità del Si., e – per altro verso – si supera anche la censura di omessa motivazione in ordine alla produzione della sentenza di assoluzione della 4 sezione del Tribunale di Catania, rendendosi una motivazione indiretta ma puntuale riguardo all’identità del soggetto indicato nelle propalazioni accusatorie;

B) -perchè aggiunge un elemento significativo e determinante ai fini della dimostrazione dell’autonomia e non completa sovrapponibilità del narrato del Si. rispetto a quello del cognato, sottolineando come "il particolare riferito da Si. colma dunque la lacuna mnemonica di L.F. e fornisce una spiegazione logica alla ricostruzione delle fasi preparatorie ed esecutive del piano delittuoso" (pag. 9 motivaz.).

La Difesa coglie l’importanza di tale passaggio motivazionale e per dimostrarne l’inconsistenza deduce che la mancata indicazione di quell’episodio da parte del L.F. era indice della falsità del narrato del Si., ma si tratta di un motivo che non coglie nel segno perchè, per un verso, propone interpretazioni alternative e quindi inammissibili in questa sede delle prove rispetto a quelle assunte dalla Corte di appello, atteso che in tema di sindacato del vizio della motivazione il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, (Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255) e, per altro verso, trascura di considerare la precisa motivazione resa dalla Corte del rinvio che, al contrario, deduce come il dettaglio riferito dal Si. risultava attendibile perchè riscontrato dalla necessità logica dell’accorgimento suggerito dal M., essendo necessario far attardare lo S. (che accompagnava la vittima F.A.) con la deviazione per (OMISSIS) "ciò al fine di consentire ai sicari di arrivare con congruo anticipo in casa di R. a (OMISSIS) e di appostarsi tempestivamente nel luogo designato per l’agguato" (pag. 9 motivaz.).

Si tratta di una motivazione congrua ed immune da censure essendo conforme al consolidato orientamento di questa Corte per cui nella valutazione della chiamata in correità il necessario riscontro esterno ben può essere costituito da qualsiasi elemento di natura diretta o anche logica tale da rendere verosimile il contenuto della dichiarazione e quindi anche da altra chiamata in correità convergente. (Cassazione penale, sez. 5, 02/12/2002; conforme:

Cassazione penale, sez. 1 09/04/2010 n. 16792).

Con tale motivazione la Corte del rinvio ha adempiuto all’obbligo di colmare la lacuna motivazionale di cui alla sentenza di annullamento ed ha proceduto altresì all’esame analitico delle dichiarazioni con riferimento a singoli episodi, ponendo in evidenza la piena autonomia di una dichiarazione rispetto all’altra, tanto da escludere il sospetto di reciproche influenze e da evitare che la verifica sia circolare, tautologica ed autoreferente.

Segue il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alle spese, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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