Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 24-05-2012, n. 8206 Rapporto di lavoro indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Parte ricorrente convenne in giudizio la srl Ferrovie Sud-Est e servizi automobilistici, esponendo che, dopo il gennaio del 1999, l’indennità di trasferta per il lavoro svolto al di fuori della sua residenza di servizio non gli era stata più riconosciuta a causa di un accordo sindacale stipulato il 9 dicembre 1998, con il quale si era stabilito che la residenza di servizio coincidesse con il ‘tronco di assegnazionè. Chiedeva, di conseguenza, previa dichiarazione di nullità o inefficacia del punto n. 2 del verbale di riunione del 10 febbraio 1998, nonchè del successivo del 20 gennaio 1999, il riconoscimento del diritto alla indennità di trasferta a decorrere dal 1 febbraio 1999 per l’attività svolta fuori dalla propria residenza di servizio individuata secondo i criteri antecedenti agli accordi sindacali e la condanna della società al relativo pagamento.

2. Il Tribunale di Lecce rigettò la domanda. Il ricorrente propose appello, riformulando le medesime conclusioni. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza pubblicata il 25 novembre 2009, ha rigettato l’appello.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in quattro motivi. La società si difende con controricorso ed ha anche depositato una memoria per l’udienza.

4. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 1362 ss c.c. con riguardo all’art. 20, lett. A del ccnl autoferrotranvieri 23 luglio 1976, nonchè del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 1, lett. a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e vizio di contraddittoria motivazione. Il diritto alla indennità spetta ai sensi del ccnl citato quando l’agente deve recarsi "fuori dalla residenza assegnatagli", la previsione contrattuale specifica che "per residenza si intende la località in cui ha sede l’ufficio, la stazione, il deposito, la rimessa, l’impianto, l’officina, la tratta, ecc. a cui l’agente appartiene. La specificazione degli elementi sopra indicati è stabilita aziendalmente tenendo presenti le particolari condizioni tecniche degli impianti". La Corte di merito avrebbe violato le norme contrattuali e di legge su indicate ritenendo che l’accordo abbia rispettato la previsione dell’art. 20 del ccnl perchè il concetto di residenza indicato nell’art. 20 cit. può essere inteso come concetto comprendente molteplici tratte o stazioni. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 20, lett. A del ccnl autoferrotranvieri 23 luglio 1976, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e vizio di omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia perchè, da un lato, si rileva che la specificazione affidata alla contrattazione aziendale deve essere ancorata alle condizioni tecniche degli impianti e dell’altro si affermerebbe che non erano intervenuti cambiamenti di tali condizioni. Si aggiunge che le OOSS nello stipulare l’accordo non avrebbero mai discusso sul cambiamento di condizioni tecniche degli impianti, ma avrebbero modificato il concetto di residenza di servizio solo per riorganizzare il personale e per mantenere le migliori condizioni di esercizio. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, lett. a) del cit. R.d. e vizio di motivazione, assumendo che la società ricorrente, in base a tale norma, aveva l’obbligo di notificare al lavoratore il mutamento di residenza derivante dalla modifica della sua residenza conseguente all’accordo sindacale. Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss c.c. con riguardo all’art. 20, lett. A de ccnl autoferrotranvieri 23 luglio 1976, nonchè degli artt. 1340 e 1374 c.c. e vizio di contraddittoria motivazione.

5. Le questioni poste con il ricorso sono state oggetto di decisione reiterata da parte di questa Corte di cassazione.

6. Con la sentenza 11 luglio 2007, n. 15489 venne annullata con rinvio la sentenza della Corte d’appello di Lecce che si era originariamente espressa a favore della tesi sostenuta da parte ricorrente.

7. La Corte d’appello di Bari, giudice di rinvio, rigettò quindi la domanda di ricorrenti in posizione del tutto simile a quella oggetto della presente controversia, che proposero ricorso per cassazione respinto da Cass. 30 gennaio 2012, n. 1273. 8. Il presente ricorso, al pari di numerosi altri esaminati nella medesima udienza, è contro una sentenza della Corte d’appello di Lecce che, preso atto dell’orientamento della Cassazione, ha modificato la sua posizione originaria ed ha quindi rigettato la domanda.

9. I quattro motivi di ricorso hanno lo stesso contenuto di quelli del ricorso respinto da questa Corte con la sentenza n. 1273 del 2012. Non vengono prospettate nè diversità o peculiarità in fatto, nè argomenti nuovi.

10. Il presente giudizio è soggetto alle nuove regole processuali introdotte con la L. 18 giugno 2009, n. 69, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata dopo il 4 luglio 2009. 11. Tra gli articoli ‘novellatì vi è l’art. 118 disp. att. c.p.c. che ora così dispone: "La motivazione della sentenza di cui all’art. 132, comma 2, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento ai precedenti conformi". 12. I fatti rilevanti della causa e il contenuto dei motivi sono stati esposti ed è stata accertata l’identità contenutistica delle situazioni di fatto e di diritto. Vi è persino identità sul piano processuale, perchè anche in questa sede è stata violata la norma che impone di produrre, a pena di improcedibilità, il contratto collettivo nazionale di lavoro sul quale è basato il ricorso. Quanto alle argomentazioni in diritto, non essendovi elementi di novità, sotto nessun profilo, rispetto alle prospettazioni sulle quali questa Corte si è già espressa, in applicazione del nuovo testo dell’art. 118 disp. att. c.p.c., si rinvia alla motivazione dei precedenti conformi prima richiamati ed, in particolare, a Cass. 1273/2012 cit..

13. Le spese, per legge, vanno poste a carico della parte che perde il giudizio, non essendovi, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, a sua volta riformato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, "gravi ed eccezionali ragioni" per provvedere in senso difforme.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento alla società controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 30,00 Euro, nonchè 1.500,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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