T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 20-12-2011, n. 3277

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Visto l’art. 74 c.p.a.;

Rilevato che il ricorso è stato proposto per i dedotti motivi di legittimità avverso il provvedimento provinciale di diniego di convalida del contratto di affitto di quota latte concluso dalla ricorrente con un’azienda agricola inglese;

che tale diniego era motivato in relazione alla modifica dei quantitativi di riferimento nazionali che il contratto di cessione tra diversi stati comunitari avrebbe determinato nell’ammontare delle quote latte stabilito in ambito comunitario e suddiviso per ogni paese appartenente all’area comunitaria;

che si sono costituite le amministrazioni intimate chiedendo la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito controdeducendo specificamente alle singole doglianze e richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in materia.

Ritenuto di sposare il suddetto orientamento giurisprudenziale, secondo il quale: "nella normativa comunitaria il regime delle "quote latte" è strutturato sulla imposizione di un prelievo supplementare sui quantitativi di latte raccolti o venduti direttamente che superano un determinato limite, stabilito come quantitativo di riferimento nazionale per ciascuno Stato membro, il quale diventa così debitore nei confronti della Comunità del prelievo risultante dal superamento del detto quantitativo, a sua volta ripartito tra i produttori all’interno degli Stati;

tale disciplina è posta nel citato Regolamento (CE) n. 1788/2003 del 29 settembre 2003, da applicare al caso di specie ratione temporis, nei cui "considerando" e nella normativa, si stabilisce "per ciascuno degli Stati membri" il parametro del "quantitativo globale garantito", come "quantitativo di riferimento nazionale" (quantificato per ciascuno Stato nell’allegato I al Regolamento), per il cui superamento sono debitori "verso lo Stato" i produttori che hanno contribuito al superamento, poiché "la somma dei quantitativi attribuiti ai produttori dagli Stati membri non dovrebbe superare i quantitativi di riferimento nazionali" e si prevede una "riserva nazionale" formata dai quantitativi non aventi più una destinazione individuale, nel cui ambito possono essere riassegnati quantitativi ai produttori;

nel medesimo Regolamento si disciplinano le cessioni temporanee di una parte dei quantitativi di riferimento individuale su autorizzazione degli Stati membri (art.16), il trasferimento del quantitativo di riferimento individuale con corrispondente trasferimento di terra (art. 17) già previsto in precedenza, e, in particolare, si regola la fattispecie di "ulteriori misure specifiche di trasferimento" (art. 18); per quest’ultimo caso si stabiliscono criteri puntuali di disciplina nel paragrafo 1 dell’articolo 18, da attuare, anche in tale fattispecie, da parte degli Stati membri, venendo specificato, nel paragrafo 2, che "Le disposizioni di cui al paragrafo 1 possono essere applicate a livello nazionale, al livello territoriale appropriato o nelle zone di raccolta specificate" e prevedendosi, infine, che gli Stati possano trattenere sui trasferimenti una parte del quantitativo di riferimento individuale per versarla nella riserva nazionale (art.19);

da questa normativa emerge dunque con chiarezza che il regime delle "quote latte" è interamente riferito al livello nazionale, con la specifica assegnazione di quote per ciascuno Stato, e che a questo ambito è anche sempre, ed espressamente, riferita la disciplina delle cessioni di quantitativi di riferimento individuali, senza alcuna previsione della possibilità di trasferimenti tra produttori di Stati membri;

la fattispecie della vendita fra produttori di Stati membri è quindi anzitutto da ritenersi esclusa per la sua mancata previsione nella normativa, in cui pure la fattispecie dei trasferimenti di quote è puntualmente disciplinata; ciò è peraltro coerente con la ratio del regime in questione che è volto all’obiettivo di "ridurre il divario tra l’offerta e la domanda nel mercato del latte e dei prodotti lattierocaseari e le conseguenti eccedenze strutturali per conseguire un migliore equilibrio del mercato" ("considerando" n. 3 del Regolamento citato), essendosi all’evidenza, e ragionevolmente, ritenuto che il migliore equilibrio del mercato sia conseguibile con il calcolo delle quantità sul piano nazionale, individuando tali quote come elementi di base del mercato comunitario ai fini della sua regolazione per il settore in questione, con la responsabilità di ciascuno Stato per il relativo controllo, e perciò non operandosi attraverso il riferimento all’aggregato del mercato comunitario in quanto tale, con la conseguenza che il previsto meccanismo di calcolo non sarebbe applicabile se ciascuno Stato dovesse considerare i quantitativi di ogni altro;

al riguardo risultano pertinenti le valutazioni espresse da questo Consiglio, pur rispetto ad altro caso, sulla necessità di considerare le quote per ciascuno Stato membro senza riferimento a quelle di altri Stati, in quanto "Il regime delle quote latte vale a disciplinare un complesso sistema europeo di mercato, teso a stabilizzare i prezzi, prevenendo un rischio di sovrapproduzione e, quindi, di conseguente depressione dei prezzi stessi e correlata crisi di settore; compensare, quindi, le produzioni eccedentarie di uno o alcuni Stati con quelle carenti di uno o altri Stati indurrebbe i primi a tenere fermo un volume produttivo che, nell’ipotesi di riequilibrio della produzione da parte dei secondi, determinerebbe un immediato sforamento dei quantitativi previsti a livello comunitario globale, finendo, così, per introdurre un regime di incertezza e instabilità produttiva insostenibile, dal momento che i produttori operanti nei paesi maggiormente produttori potrebbero essere indotti a contare sul mancato raggiungimento delle quote da parte di altri paesi, stabilizzando volumi produttivi eccessivi destinati a scontrarsi con l’eventuale riequilibrio della produzione da parte degli Stati destinatari delle quote in precedenza non completamente utilizzate; ciò che lascerebbe il mercato in una situazione fluttuante di costante incertezza e possibile risorgere di squilibri tra domanda e offerta, con il conseguente contrasto con i principi ispiratori di detto regime operativo" (Sez. VI, 10 settembre 2010, n. 6553);

non vale a contrastare quanto sinora argomentato il richiamo alla libera circolazione delle merci, non potendo essere considerata quale merce ai sensi del detto principio la parte di un quantitativo di produzione stabilito nel quadro e ai fini di un regime speciale di controllo della produzione e dei prezzi; né vale quanto affermato nella sentenza citata della Corte di Giustizia (in causa C463/93) poiché riguardante il diverso e specifico caso del computo nella quota di un produttore, riferita al 1981, anche della produzione derivante da terreni in affitto in un altro Stato membro e della riattribuzione al locatore del quantitativo di riferimento alla scadenza del contratto di affitto, mentre, come anche correttamente richiamato dal primo giudice, nella sentenza in causa C351/92 si afferma in via generale, per il regime delle quote latte, la legittimità del diniego di uno Stato membro di considerare ai fini del quantitativo globale garantito la produzione originata in un altro Stato membro, per evitare il rischio che venga per tale via ecceduto il limite di produzione assegnato ad uno Stato, dato lo scopo del sistema delle quantità di riferimento di ridurre la produzione di latte nella Comunità (paragrafi 25 e 26 della motivazione).

Tutto ciò rilevato, il Collegio valuta che non sussista la necessità di procedere al richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del TFUE, trattandosi di un caso in cui la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con evidenza tale da non dare adito a nessun ragionevole dubbio interpretativo sulla soluzione da dare alla questione sollevata (cfr. Corte Giust., CE, 61082, C 283/81, Cilfit; Cons. Stato Sez. VI: 24 marzo 2011, n. 1810; 9 febbraio 2011, n. 896)" (cfr., da ultimo e fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4187);

che, alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto;

che, in considerazione delle peculiarità della fattispecie, sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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