T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 20-12-2011, n. 2419 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato il 30.10.2009 i signori C.R., B.L., L.L. impugnavano l’ordinanza n. 30/2009/A del 19.8.09, emessa dal Capo III Settore Sanatoria Edilizia – Ufficio Abusivismo edilizio del Comune di Cinisi, che ingiungeva loro, a vario titolo, la demolizione di opere realizzate abusivamente all’interno di un fabbricato già concessionato con concessione n. 20/78, sito in Comune di Cinisi e distinto alla particella 700 del Foglio 6.

L’immobile, composto di piano cantinato, piano terra e piano primo, era stato costruito, previo rilascio di concessione edilizia, dalla originaria titolare, e poi passato in proprietà / usufrutto agli odierni ricorrenti, che il 3 aprile del 2000, con istanza prot. n. 5346, avevano chiesto al Comune una nuova concessione edilizia in variante per il completamento della copertura dell’edificio, a falde inclinate anziché a terrazza.

Posto che il Comune formulava richieste di chiarimenti e di integrazioni documentali senza rilasciare la concessione, R.C. proponeva un primo ricorso (rg. 479/2005) chiedendone l’annullamento, che veniva deliberato da questo Tribunale con sentenza del 18 gennaio 2008 n. 63, in relazione alla cui inottemperanza da parte del Comune otteneva anche la nomina di un commissario ad acta (sentenza n. 888 dell’8 maggio 2009).

Tuttavia, con l’ordinanza impugnata in epigrafe, il Comune ingiungeva la demolizione parziale di alcune opere asseritamente abusive, a precisamente del piano cantinato allo stato grezzo, con annessa cisterna interrata, nonché dell’ampliamento da mq 416,30 a mq 439,20 del piano terra e del primo piano, ed infine del volume tecnico originato dalla presenza di travi in legno e quindi di una copertura anziché di un torrino scala per l’utilizzo del terrazzo.

1.1. Contro il provvedimento impugnato venivano sollevati le seguenti censure:

I) Eccesso di potere per inesatta rappresentazione della realtà e per sviamento, in quanto il piano cantinato era sempre stato presente nelle planimetrie allegate alla concessione edilizia n. 20/78, ed il procedimento penale iniziato contro i ricorrenti era stato archiviato proprio in ragione della rilevata esistenza del suddetto piano cantinato nel progetto originario.

II) Violazione dell’art. 4 della L.R. 37/85, in quanto la maggior superficie accertata rispetto alla concessione (22 mq) non supera il 10% di tolleranza prevista dall’art. 4 della l.r. 37/85 (quindi, rispetto ai mq 416,30, tale difformità avrebbe potuto essere di 41 mq).

III) Violazione dell’art. 4 della L.R. 37/85, degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 380/2001, in quanto l’asserita violazione consistente nella posa di travi in legno per la realizzazione di un volume tecnico, in assenza di concessione, non costituisce variante essenziale passibile di ordine di demolizione.

2. Incardinatosi il processo, con l’ordinanza n. 1176 del 10 dicembre 2009, questa Sezione accoglieva l’istanza di sospensione cautelare.

3. In data 28 ottobre 2010 i ricorrenti notificavano motivi aggiunti, chiedendo l’annullamento del provvedimento del 9 luglio 2010 n. 1, con il quale il Commissario ad Acta denegava la concessione edilizia richiesta il 3 aprile 2000, e chiedendo altresì il risarcimento del danno nei confronti dell’Amministrazione comunale.

Nel ricorso, essi davano ampio spazio alla vicenda originaria, arricchendola di nuovi particolari non esposti nel ricorso introduttivo.

In particolare, esponevano che in data 5 aprile 2006, durante un sopralluogo dei tecnici comunali, veniva esibita una copia del progetto allegato alla concessione edilizia n. 20/78, recante, con riferimento al piano cantinato, la scritta " ANNULLATO" apposta con penna di colore rosso, priva di sottoscrizione.

Emergeva dunque che nella data sopra indicata veniva redatto un verbale dalla polizia municipale, nel quale si affermava la difformità del piano cantinato rispetto al grafico progettuale allegato alla concessione.

I ricorrenti esponevano altresì che con nota prot. 18720 del 29 settembre 2008, il Comune di Cinisi ordinava la sospensione dei lavori assumendo la decadenza della concessione 20/78, senza che essa fosse stata rinnovata.

Il successivo provvedimento di demolizione emesso il 19 agosto 2009 era stato poi impugnato con il ricorso introduttivo.

Con riguardo al contenuto del provvedimento del Commissario ad acta, poi impugnato con motivi aggiunti, i ricorrenti aggiungevano alcuni particolari, esponendo che il Commissario, lungi dal far eseguire la sentenza 63 del 2008, che sanzionava sostanzialmente l’arresto procedimentale nel quale era incorso il Comune di Cinisi, aveva denegato il rilascio della concessione rilevando: a) che con ordinanza n. 573/2010, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana aveva annullato gli effetti dell’ordinanza di sospensione n. 1176/2009; b) che la richiesta di oneri concessori, avanzata dal Comune con nota n. 1961 del 2010, era del tutto legittima; c) che comunque l’immobile risultava sottoposto a sequestro penale dal 21 luglio 2009; d) che alcune opere realizzate sul manufatto, risultavano difformi dalla concessione edilizia n. 20/78.

In diritto, affidavano le proprie lagnanze a cinque motivi di ricorso.

Con il primo motivo, chiedevano l’accertamento della violazione dell’art. 21 nonies della legge 241/90 e del disposto della sentenza n. 888/2009 del Tar Palermo, di nomina del Commissario ad acta, posto che lo stesso Commissario, avendo comunicato in data 23.12.2009 il parere favorevole della Commissione edilizia e chiesto integrazioni documentali, avrebbe esaurito il proprio potere, con ciò rendendo illegittimo il successivo provvedimento di diniego della suddetta concessione, oggetto dei motivi aggiunti, che avrebbe carattere meramente ricognitivo.

Con un secondo motivo, rilevavano l’illegittimità derivata dalla quale sarebbe affetto il provvedimento impugnato, in relazione alla precedente ordinanza di demolizione, anch’essa illegittima. La scritta " Annullato" apposta in rosso sul progetto allegato alla concessione n. 20/78 sarebbe frutto di manomissione.

Con un terzo motivo, contestavano la motivazione del provvedimento commissariale nella parte in cui negava la concessione edilizia in ragione della precedente contestazione degli oneri concessori da parte dei ricorrenti.

Sul punto, ritenevano violati sia l’art. 15 del D.P.R. 380/2001, sia gli art. 5 e 18 della Legge 10/77, in quanto la quantificazione degli oneri concessori sarebbe stata commisurata in relazione all’intero edificio (e quindi anche per la parte già costruita sotto la vigenza della concessione 20/78).

Infine, facevano notare che tutto l’edificio era stato realizzato in conformità alla concessione edilizia, come accertato anche dalla Procura della Repubblica di Palermo, che aveva archiviato il procedimento per abuso edilizio a carico dei ricorrenti, e, inoltre, che il provvedimento di sequestro penale non poteva risultare ostativo al rilascio della nuova concessione da parte del Commissario ad acta.

4. Si costituiva il Comune di Cinisi per resistere al ricorso e ai motivi aggiunti.

Oltre a ricostruire la vicenda in fatto, la difesa del Comune sottolineava circostanze taciute dai ricorrenti, e precisamente che con provv. N. 18705 del 29 settembre 2008, il IV Settore Territorio e Ambiente, alla luce del parere negativo espresso dalla Commissione Edilizia comunale il 18 settembre 2008, denegava il rilascio della concessione edilizia. In pari data, con il provvedimento n. 18720 veniva altresì comunicata la decadenza della concessione n. 20/78.

Il Comune sottolineava che entrambi i suddetti provvedimenti non venivano mai impugnati e pertanto divenivano inoppugnabili.

Evidenziava inoltre che con ordinanza 573 del 10 giugno 2010, il C.G.A. accoglieva l’appello del Comune medesimo avverso l’ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, sussistendo il fumus boni iuris, e tenuto conto che il primo dei motivi di appello riguardava l’inoppugnabilità dei provvedimenti sopra indicati.

Concludeva, pertanto, per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

5. Con ordinanza collegiale istruttoria del 9 marzo 2011, all’esito della camera di consiglio fissata per discutere della sospensione dei motivi aggiunti, questa Sezione chiedeva l’acquisizione: "1) di documentati chiarimenti in ordine alla rilevante circostanza dedotta in ricorso, secondo cui la scritta " ANNULLATO " sovrapposta al piano cantinato nella copia del progetto allegato alla concessione edilizia n.20/78 sarebbe " con ogni evidenza il frutto di una manomissione degli elaborati progettuali in possesso del Comune "; 2)Copia autentica dei predetti elaborati custoditi dal Comune; 3)Documentati chiarimenti in ordine alla 1^ condizione sospensiva apposta dalla C.E.C. al parere favorevole espresso nelle sedute del 27/10/2009 e del 03/11/2009, considerato che i ricorrenti con l’istanza del 03/04/2000 avevano chiesto autorizzazione al completamento del fabbricato e non concessione edilizia; 4)Relazione tecnica in ordine alle difformità che si riscontrano tra l’elaborato progettuale allegato alla concessione edilizia n.20 del 09/01/1978 ed i lavori in atto esistenti; 5)Documentati chiarimenti in ordine ad ogni altro elemento istruttorio utile ai fini della definizione della presente controversia."

6. Il Comune dava esecuzione all’ordinanza collegiale in data 16 maggio 2011, depositando una dichiarazione giurata del Capo dell’Ufficio tecnico del Comune di Cinisi, Ing. Giuseppe Maltese, il quale sotto la sua responsabilità dichiarava che la scritta " annullato" in rosso, riportata sul grafico del piano cantinato del progetto allegato alla concessione edilizia n. 20/78, era stata apposta da lui stesso, durante l’esame del progetto da parte della Commissione, nella seduta del 2 maggio 1974.

Il Comune depositava altresì i documenti e i chiarimenti richiesti.

7. Alla udienza del 24 novembre 2011, sentiti i difensori delle parti, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione..

Motivi della decisione

1.Sia il ricorso principale che i motivi aggiunti devono essere respinti, sotto profili e per ragioni diverse.

Il Collegio, infatti, evidenzia che la circostanza – più volte sottolineata dalla difesa del Comune – dell’inoppugnabilità dei provvedimenti di diniego della nuova concessione edilizia, nonché di decadenza dalla concessione originaria, incide solo parzialmente sul provvedimento impugnato con il ricorso principale.

Detto provvedimento (ordinanza n. 30 del 19 agosto 2009) ha infatti ingiunto la demolizione del piano cantinato, delle opere in ampliamento rispetto alla superficie concessionata nonché del piano di copertura a falde inclinate, sulla base del verbale di sequestro del 21 luglio 2009, ad opera della Guardia di Finanza, la quale aveva riscontrato l’esistenza degli abusi, della cui sanzione il Comune si era immediatamente fatto carico.

Dei suddetti tre abusi, solo il terzo, e cioè la presenza di travi in legno al piano copertura " per la realizzazione di un volume tecnico (copertura a falde inclinate) modificata rispetto al progetto originario che prevedeva la realizzazione di un torrino scala per l’utilizzo del terrazzo" era stato oggetto della richiesta di concessione in variante, datata 3 aprile 2000 e denegata formalmente con il provvedimento del 29 settembre 2008 n. 18705.

Infatti, non può non notarsi che detto provvedimento, lungi dall’avere contenuto dispositivo autonomo, riporta integralmente il testo del parere della Commissione edilizia comunale del 18 settembre 2008, alle cui motivazioni, per relationem, fa evidentemente riferimento allorchè dispone il "diniego della richiesta". Tuttavia, poiché la suddetta "richiesta" altro non è che quella avente ad oggetto la concessione edilizia in variante (confronta l’"oggetto" del provvedimento), ne consegue che il consolidamento dell’efficacia del diniego in questione può avere riguardo esclusivamente all’oggetto della variante, e, quindi, alla realizzazione del tetto a copertura anziché a terrazza.

È invece del tutto irrilevante, sotto questo profilo, il fatto che il suddetto provvedimento di diniego contenga le considerazioni della C.E.C. circa l’abusività dell’intero fabbricato in ragione della perdita di efficacia della originaria concessione perché priva di autorizzazione del Genio civile, posto che manca corrispondenza tra oggetto dell’istanza del privato (concessione in variante) e motivazione del provvedimento, quest’ultima avente riguardo a presunti vizi della concessione del 1978 che non solo non sono mai stati oggetto di apposita statuizione provvedimentale, ma altresì non incidono sul contenuto del diniego di variante.

In altre parole, il provvedimento del 29 settembre 2008 si sofferma sull’annullamento del piano cantinato, sulla mancanza di autorizzazione del Genio civile ai fini dell’efficacia della concessione originaria, sulla decadenza di quest’ultima per decorrenza dei termini (senza aggiungere alcuna spiegazione di tale assunto), su difformità tra progetto allegato alla richiesta di variante e progetto concessionato nel 1978, senza che ciò abbia alcun rilievo, posto che né il piano cantinato né le dimensioni planimetriche dei piani fuori terra sono stati oggetto della richiesta di variante.

Deve quindi concludersi che l’unica vera parte sulla quale il diniego di variante va ad impattare è quella relativa alla copertura del tetto. Copertura sulla quale il provvedimento del 29 settembre non dice una sola parola ma che deve considerarsi colpita dalla statuizione finale negativa, per via di un elementare corrispondenza del contenuto della parte dispositiva del provvedimento amministrativo rispetto al suo oggetto. Pertanto, visto che oggetto del provvedimento in questione era la " richiesta di rilascio della concessione edilizia in variante per il completamento del fabbricato sito in Cinisi…"., e visto che tale richiesta comprendeva esclusivamente l’autorizzazione alla modifica della copertura dell’edificio (mentre non comprendeva né la sanatoria del piano cantinato, da sempre considerato già coperto da concessione, né quella degli ampliamenti volumetrici), deve concludersi che l’inoppugnabilità del provvedimento del 29 settembre 2008 n. 18705 si sia formata solo in ordine a tale abuso, successivamente contestato dal Comune con il provvedimento impugnato col ricorso principale, mentre non colpisca gli abusi relativi al piano cantinato e alla maggior volumetria, in quanto non oggetto specifico del citato provvedimento del 2008.

Con ciò il collegio respinge il terzo motivo di ricorso.

2. Con riferimento alle ulteriori contestazioni dell’Amministrazione comunale nei confronti dei ricorrenti, questa Sezione, sia pure per motivi diversi, deve ritenerle infondate.

In particolare, per ciò che concerne la realizzazione del piano cantinato (primo motivo di ricorso e secondo dei motivi aggiunti), nel provvedimento impugnato si afferma chiaramente che il medesimo, avente una superficie di circa 600 mq, non era previsto nel grafico progettuale allegato alla concessione n. 20/78.

La difesa dei ricorrenti ha sempre sostenuto che tale progetto esisteva sin dall’inizio e che il piano cantinato era stato oggetto della concessione originaria, sottolineando, solo con i motivi aggiunti, che il progetto originale in possesso del Comune recava la scritta " ANNULLATO", apposta con penna di colore rosso in corrispondenza del piano cantinato.

Tale scritta, a detta dei ricorrenti, doveva considerarsi frutto di manomissione degli elaborati progettuali in possesso del Comune, anche in considerazione dell’assoluta assenza di firma da parte del soggetto apponente, dell’esistenza di altre copie del progetto anch’esse prive di tale scritta nonché della destinazione a parcheggio del piano cantinato, la cui mancanza avrebbe comportato la mancata approvazione, illo tempore, della concessione.

2.1. Tenuto conto che la tesi dei ricorrenti circa la manomissione dell’elaborato era puntualmente smentita da ulteriori documenti in possesso del Comune, riportanti la suddetta scritta in rosso (cfr. verbale della C.E.C. del 18 settembre 2008), questa Sezione chiedeva chiarimenti all’Amministrazione, la quale, in adempimento dell’ordinanza collegiale, depositava la dichiarazione dell’allora capo dell’Ufficio tecnico comunale Ing. Maltese, che, sotto la propria responsabilità per le dichiarazioni false ex art. 76 D.P.R. 445/2000, dichiarava di aver apposto personalmente sul progetto la scritta " Annullato" (in corrispondenza del piano cantinato) nella seduta della C.E.C. del 2.5.1974.

Pertanto, posto che tale dichiarazione confermava in maniera univoca quanto già risultante dagli elaborati tecnici in possesso del Comune, è evidente che nessun altro onere probatorio può ascriversi in capo all’Amministrazione comunale, che anzi, nel momento in cui ha dato prova – depositando i progetti originali – dell’annullamento del piano cantinato, ha confermato in modo chiaro il presupposto delle proprie determinazioni.

Inoltre, così facendo, ha sicuramente invertito l’onere della prova in ordine alla dedotta sussistenza e conformità alla concessione edilizia del piano cantinato, spettando ai ricorrenti fornire elementi probatori sul punto.

Infatti, l’aver fornito un principio di prova, da parte dei ricorrenti, ha stimolato l’esercizio dei poteri istruttori da parte del collegio, che ha gravato il Comune dell’onere di dimostrare i propri assunti (sul punto cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 924).

Una volta che l’Amministrazione ha adempiuto a tale onere, è evidente che si applica compiutamente al ricorrente il meccanismo dell’art. 2697 c.c., posto che anche nel processo amministrativo, e anche dopo l’entrata in vigore del d.lg. 2 luglio 2010 n. 104, il sistema probatorio ruota attorno alla previsione contenuta nell’art. 2697 c.c., corrispondente ora all’art. 64 comma 1, c.p.a., secondo cui spetta a chi agisce indicare e provare i fatti, ogniqualvolta non ricorra una disuguaglianza di posizioni tra P.A. e privato (recentemente, T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 12 aprile 2011, n. 2079; Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 924; sez. IV, 27 gennaio 2011,n. 618).

Pertanto, i ricorrenti avrebbero dovuto sollevare la questione di falso avverso gli elaborati progettuali contestati, e comunque ricorrere ai mezzi che l’ordinamento consente loro per mettere nel nulla la fidefacienza di un atto pubblico.

Non avendolo fatto, il Collegio non può che ritenere veritiero il progetto privo di piano cantinato, e quindi l’assoluta legittimità, in parte qua, del provvedimento impugnato.

3. In ordine al secondo motivo di ricorso, e quindi alla asserita tollerabilità delle volumetrie aggiuntive in quanto non superanti la soglia del 10 % della superficie calpestabile, il Collegio evidenzia che, dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione comunale ed in particolare dal parere delle C.E.C. del 18 settembre 2008, emerge la avvenuta decadenza dalla concessione edilizia rilasciata, nel 1978, alla dante causa degli odierni ricorrenti.

Orbene, sotto il profilo della tollerabilità per legge degli ampliamenti contestati ai ricorrenti, è quanto meno illogico ritenere tollerabili gli stessi rispetto ad una concessione edilizia ormai decaduta.

Pertanto, posto che il Comune ha più volte reiterato, sia pure a livello discorsivo e senza che a ciò siano seguite decisioni esecutive, il concetto di abusività dell’intero edificio oggetto del presente ricorso (cfr. doc. 29 settembre 2008, n. 18720, prod. n. 20 del Comune di Cinisi), allo stato è impossibile ritenere non abusive variazioni che, sia pure " non essenziali" secondo il disposto dell’art. 4 della l.r. 37/85, sono parte integrante di un edificio abusivo nella sua interezza.

4. Infine, quanto al ricorso per motivi aggiunti, che colpisce il diniego di rilascio della concessione edilizia in variante da parte del Commissario ad acta, vale quanto ribadito dal Comune nelle proprie difese: considerando il contenuto del citato provvedimento comunale del 29 settembre 2008, prot. 18720, in risposta alla nota n. 15805 dell’8.8.2008 ditta R.C. (doc. n. 20 del Comune di Cinisi), provvedimento che non è stato mai impugnato ed è divenuto pertanto inoppugnabile, e considerando altresì che tale provvedimento è intervenuto prima della nomina del suddetto Commissario (avvenuta con sentenza 888/2009), è evidente che nessun obbligo aveva il Commissario di provvedere, avendo già il Comune deliberato in ordine all’oggetto del contendere.

I ricorrenti avrebbero dovuto impugnare il suddetto provvedimento del 29 settembre 2008 n. 18720, che dichiarava la avvenuta decadenza della concessione edilizia originaria: non avendolo fatto, non possono sanzionare il diniego opposto dal Commissario ad acta al rilascio della concessione edilizia in variante, in quanto lo stesso ha semplicemente preso atto di una situazione ormai consolidata e viziata ab origine.

5. Per le ragioni sopra esposte il ricorso principale e i motivi aggiunti devono essere respinti.

La soccombenza determina la condanna alle spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), respinge il ricorso ed i motivi aggiunti indicati in epigrafe.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1500,00 (millecinquecento/00) oltre iva e cap ed accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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