Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 16-11-2011, n. 42081 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16.9.2008 il Tribunale di Viareggio affermava la penale responsabilità di B.A. in ordine ai reati, unificati ex art. 81 c.p., di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale in danno di G.V. e di quello di cui all’art. 187 C.d.S. per aver guidato in stato di alterazione psichica a seguito dell’assunzione di stupefacenti (commessi il (OMISSIS)), condannandolo alla pena di giustizia e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.

Al B., in particolare, era contestato di aver, alla guida della propria autovettura per colpa generica e specifica, viaggiando ad una velocità superiore a quella consentita (almeno 57 km/h su strada stretta e buia dove vige il limite di 40 km/h) e senza tenere il margine destro della carreggiata nonchè in stato di alterazione psichica in conseguenza dell’assunzione di stupefacenti, omesso di realizzare, pur essendo possibile dal momento che la vittima G. V. stava procedendo nella direzione opposta senza tenere il margine destro della carreggiata a bordo del ciclomotore Piaggio Liberty con il faro acceso e quindi ben visibile in lontananza, una manovra correttiva se non pochi minuti prima dell’impatto, provocando la collisione con il ciclomotore con conseguente morte della G., con concorso di colpa della medesima che procedeva in modo irregolare sulla predetta strada trovandosi sulla corsia opposta al momento dell’impatto (veniva escluso che la G., come da imputazione, guidasse in stato di ebbrezza).

Il B., secondo la ricostruzione dei giudici di merito, avrebbe/accorgersi tempestivamente della condotta di guida della ciclomotorista G. che procedeva in modo vistosamente irregolare e marciava, a sua volta, spostato, sulla sua sinistra, se non addirittura invadendo l’opposta corsia di marcia, a velocità sostenuta, superiore ai 40 km/h previsti in quel tratto di strada, così impattando con il ciclomotore. Tale sentenza veniva parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza in data 3.12.2009, con la quale venivano dichiarate le concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante e ridotta la pena inflitta ad anni uno di reclusione con sospensione condizionale, non menzione e condono ex L. n. 241 del 2006 oltre alla sospensione della patente di guida per mesi sei.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di B.A. deducendo, in sintesi, i seguenti motivi.

1. La violazione di legge in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 420 ter c.p.p., comma 5, essendo stata disattesa all’udienza del 3.12.2009 (dopo che a quella precedente del 15.10.2009 era stata accolta analoga istanza) la richiesta di differimento per gravissima (ed irreversibile) patologia del difensore di fiducia avv. Augusto Ballerini, per intempestività della stessa (essendo stato richiesto il rinvio solo il giorno stesso dell’udienza) e per la mancanza di attestazione dell’impedimento assoluto a comparire.

2. Il vizio motivazionale laddove si evidenzia la contraddizione logica in cui incorre la Corte che, dopo aver riconosciuto il concorso di colpa della vittima e dopo che il CTU aveva escluso l’incidenza causale della velocità dell’auto nella causazione del sinistro e aveva accertato una manovra di spostamento a sinistra probabilmente nell’estremo tentativo di evitare l’urto, poi ascrive al B. la responsabilità dell’incidente che non si sarebbe mai verificato se il prevenuto avesse per tempo percepito l’anomala condotta di guida della ciclomotorista.

Deduce, inoltre, la mancanza di prova dell’attualità dello stato di alterazione da sostanze stupefacenti del ricorrente al momento del fatto, atteso che le analisi delle urine rilevano la presenza di tracce di stupefacenti (nel caso di specie, cannabis) anche a distanza di giorni dall’assunzione ma nulla provano circa lo stato di alterazione al momento dell’incidente.

Rileva che vi erano due possibili ricostruzioni dell’incidente di cui una (quella che induceva a ritenere che vi fosse stata una manovra repentina dell’autovettura per evitare l’urto, resa vana dalla condotta di guida della vittima) era stata scartata dai giudici di merito e che comunque l’eventuale condotta conforme a diligenza del prevenuto non sarebbe valsa ad evitare l’evento lesivo.

Motivi della decisione

In via preliminare, deve immediatamente rilevarsi d’ufficio che è ormai decorso (considerate le sospensioni intervenute) alla data dell’8.4.2011, il termine prescrizionale di anni cinque previsto per il reato di cui all’art. 187 C.d.S. dall’art. 157 c.p. e art. 160 c.p., u.c. (nel testo vigente, attesa l’emissione della sentenza ben dopo l’entrata in vigore della L. n. 25 del 2005). Onde, attesa l’assenza delle condizioni per un pieno proscioglimento nel merito ex art. 129 c.p.p., comma 2, s’imporrà l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza in ordine al reato di cui all’art. 187 C.d.S. perchè estinto per prescrizione con eliminazione della relativa pena di un mese di reclusione applicata quale aumento per la continuazione. Del resto, è vero che ai fini della configurabilità del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti lo stato di alterazione del conducente dell’auto non può essere desunto da elementi sintomatici esterni, così come avviene per l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza alcolica, ma è necessario che venga accertato nei modi previsti dall’art. 187 C.d.S., comma 2, attraverso un esame su campioni di liquidi biologici, trattandosi di un accertamento che richiede conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle sostanze (Cass. pen. Sez. 4, n. 47903 del 7.10.2004 Rv. 230508), ma nel caso di specie, comunque un’analisi delle urine fu eseguita e diede esito positivo.

Tale emergenza, però, non era isolata, ma doveva necessariamente leggersi in simbiosi con le circostanze che indussero negli operanti il sospetto della guida sotto l’effetto di stupefacenti e, cioè, con il grave incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto il B. e la sua tardiva percezione della condotta di guida della vittima. Dunque correttamente e logicamente la Corte territoriale (la cui motivazione si integra con quella di primo grado) ha ritenuto che lo stato confusionale dell’imputato induceva a ritenere che fosse sintomatico del permanere degli effetti della cannabis.

Per il resto il ricorso è infondato e va respinto.

Quanto alla doglianza sub 1, la motivazione addotta dalla Corte per rigettare l’istanza di differimento s’appalesa del tutto congrua ed esente da vizi logici o giuridici e quindi non censurabile, essendosi basata sulla incontestata intempestività della stessa e sul tenore letterale del certificato medico (che non attestava un impedimento assoluto a comparire ma solo la necessità di riposo e cure): la Corte non incorse, pertanto, in alcuna violazione di legge, non avendo avuto, peraltro tempestivamente (art. 420 ter c.p.p., comma 5, prima parte), a disposizione elementi sufficienti per ravvisare (e verificare) il rappresentato legittimo impedimento a comparire dell’avvocato difensore.

Anche del secondo motivo di ricorso, peraltro di mero fatto, va rilevata l’infondatezza. Il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo"(nel caso di specie, nemmeno allegati, in violazione del principio di "autosufficienza del ricorso" costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale), non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito (Cass. pen. Sez. 4, 19.6.2006, n. 38424), giacchè, attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e Ingiustamente trascurati o fraintesi (Cass. pen. Sez. 4, 12.2.2008, n. 15556, rv.

239533; conformi; n. 27518 del 2006 Rv. 234604, n. 30440 del 2006 Rv.

236034, n. 4675 del 2007 Rv. 235656). Tale possibilità, peraltro, varrebbe nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme (in cui le sentenze di primo e secondo grado s’integrano completamente a vicenda in un unicum inscindibile, come nel caso di specie quanto alla ritenuta penale responsabilità, in cui, anzi, la ricostruzione dei fatti è stata operata nuovamente e con minuziosa accuratezza), il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (cfr. Cass. pen., sez. 4, 3.2.2009, n. 19710;

conformi: n. 5223 del 2007 Rv. 236130, n. 24667 del 2007 Rv. 237207).

Peraltro, non ogni possibile incongruenza logica nell’apparato motivazione della sentenza di merito, è deducibile come vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), e, conseguentemente, censurabile in sede di legittimità: deve trattarsi di incongruenze logiche macroscopiche, assolutamente evidenti dalla lettura del provvedimento gravato, che rendano la conclusione raggiunta, per come giustificata, intrinsecamente contraddittoria e/o gravemente insufficiente, se non addirittura apodittica.

E va ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione, motivazione che nel caso di specie s’appalesa del tutto congrua ed esente da vizi logici o giuridici (v. ex pluribus, Cass. pen. Sez. 4, 1.7.2009, n. 37838, Rv. 245294).

Alla luce di tali principi deve escludersi qualsiasi valenza nella presente sede di legittimità delle prospettazioni ricostruttive offerte dal ricorrente e delle contestazioni opposte alla ricostruzione fattuale accolta dai giudici di merito.

Consegue il rigetto del ricorso nel resto con la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalie parti civili costituite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente all’ipotesi di reato prevista dall’art. 187 C.d.S., perchè il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di un mese di reclusione applicata in aumento per la continuazione.

Rigetta il ricorso nel resto e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili che liquida in Euro 2.500,00 per ciascuna di esse oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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