Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-05-2012, n. 8361 Responsabilità dell’appaltatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 18.5.99 la soc. Scia s.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Padova, la Road s.p.a.

(già Road s.r.l.), in qualità di appaltatrice e B.P., in qualità di direttore dei lavori, per sentire dichiarare la nullità o, in subordine, l’annullamento del contratto di appalto stipulato il 30.9.1996 (ed integrato con scrittura 29.10.96;

in ulteriore subordine, per sentire dichiarare la risoluzione di detto contratto con condanna dei convenuti alla restituzione delle spese sostenute e al risarcimento dei danni, oltre al pagamento di quanto necessario per la sistemazione di nuovo impianto.

Esponeva l’attrice che detto contratto, avente ad oggetto i lavori di sistemazione dell’impianto fognario per le acque bianche e nere, relativo ad un immobile adibito a discoteca, sito in (OMISSIS), non aveva mai funzionato e che l’appaltatrice aveva riconosciuto l’esistenza del cattivo funzionamento dell’impianto, attuandone modifiche risultate inutili.

I convenuti si costituivano chiedendo il rigetto delle domande.

Espletata C.T.U., con sentenza depositata il 19.5.2003, il Tribunale di Padova rigettava la domanda, condannando l’attrice alla rifusione delle spese di lite.

La Scia proponeva appello cui resisteva la Road s.r.l. ed il B..

Disposto il rinnovamento della C.T.U., con sentenza depositata il 76.2010, la Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava risolto il contratto d’appalto 30.9.96 come integrato il 29.10.96 e condannava la Road s.r.l. alla restituzione, in favore dell’appellante, della somma di Euro 223.671,22, pari al prezzo pagato, oltre interessi legali e pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio.

Osservava la Corte di merito, sulla base della C.T.U. espletata in grado di appello, che la società appaltatrice aveva realizzato "un’opera inidonea allo scopo cui era destinata", tra l’altro, mediante l’esecuzione di opere più costose rispetto a quelle previste nel progetto originariamente oggetto del contratto di appalto. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Road s.p.a7formulando quattro motivi.

La Scia s.r.l. resiste, con controricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale e ricorso incidentale ordinario relativo al rigetto delle domande di risarcimento danni sub C),D),E) dell’atto di citazione. A tali ricorsi resiste con controricorso la società Road s.p.a.

Motivi della decisione

La ricorrente Road s.p.a. deduce:

1) violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 134 c.p.c., stante il difetto di motivazione dell’ordinanza con cui era stato disposto il rinnovo della C.T.U. ed il divieto di introdurre nuove prove in appello; il giudice di appello aveva basato la propria decisione esclusivamente su una consulenza tecnica le cui conclusioni erano diametralmente opposte rispetto a quelle della consulenza di primo grado per dott. B., senza indicare le ragioni per cui aveva disatteso la prima consulenza;

2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto,stante l’assenza dei presupposti giuridici per la risoluzione del contratto di appalto; in particolare, il C.T.U. nominato in grado di appello, aveva ignorato la normativa speciale riguardante la fitodepurazione ed aveva omesso di verificare che l’impianto in questione, all’epoca della sua esecuzione da parte della società Road, non era conforme a legge, in quanto il relativo progetto sarebbe stato "affidabile" solo dopo la realizzazione della fognatura comunale il cui collaudo era avvento il 28.10.1998, successivamente a quello dell’impianto in questione; peraltro – la Road si era limitata a proporre un impianto scelto e voluto autonomamente dalla Scia s.r.l.;

3) omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, posto che il collaudo e l’intervenuta accettazione dell’opera, da parte della committente, ed il pagamento della somma concordata, precludevano alla stessa committente la possibilità di far valer vizi o difformità dell’opera da lei conosciuti o comunque conoscibili; peraltro dalla C.T.U. non emergeva nè il mancato funzionamento dell’impianto nè la causa che ne avrebbe provocato l’inidoneità e, comunque, sussisteva il credito dell’appaltatore per il corrispettivo dell’opera, non avendone la Scia chiesto l’eliminazione dei vizi;

4) mancata ed erronea applicazione della normativa speciale sulla fitodepurazione all’epoca del contratto di appalto era previsto il rispetto delle disposizioni dei cui al D.P.R. n. 962 del 1973 in ordine alla dotazione dell’impianto di vasca Imhoff; solo le norme entrate in vigore successivamente avevano superato la necessità di usare le vasche Imhoff "mentre inalterati erano rimasti i limiti imposti alla scarico nei corsi d’acqua naturali, individuati con riferimento al c.d. "bacino scolante in laguna" ( D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 18). Osserva il Collegio:

Il primo motivo di ricorso, relativo al difetto di motivazione dell’ordinanza con cui la Corte di appello ha disposto la rinnovazione della C.T.U., è infondato avendo l’ordinanza stessa carattere tipicamente ordinatorio, con funzione strumentale rispetto alla successiva decisione della controversia, sicchè è priva di qualunque efficacia decisoria ed è ,quindi, insuscettibile di impugnazione davanti al giudice superiore, tanto meno con ricorso per cassazione (Cass. n. 24321/2008; n. 3601/2001). Il giudice di appello ha ritenuto necessario rinnovare la C.T.U., posto che quella espletata in primo grado era incompleta (per non avere tenuto conto delle domande proposte con l’atto di citazione) ed ha dato conto dell’adesione alle conclusioni del C.T.U. nominato in appello, laddove ha evidenziato che "lo scopo cui era tesa l’opera appaltata non è stato raggiunto, come risulta dalle vicissitudini dell’impianto, dagli accertamenti del C.T.U., dalla obiettiva dismissione dell’impianto e dalla realizzazione di altro impianto assimilabile a quello originario (c.d. progetto M.), circostanze non contestate.

Il secondo motivo è infondato in quanto si risolve in una valutazione alternativa delle risultanze della C.T.U., pur avendo il giudice di appello correttamente evidenziato il presupposto in fatto della declaratoria di risoluzione del contratto di appalto, rilevando "la inidoneità del primo progetto a garantire uno scarico regolare" ed osservando che gli impianti di fitodepurazione, all’epoca della loro realizzazione, "presentavano problemi di avviamento e difficoltà di gestione", tanto che erano stati dismessi sin dal luglio 1999, per inidoneità a svolgere la funzione di depurazione delle acque.

La terza censura è inammissibile poichè introduce genericamente fatti e domande nuove, senza che sia riportato il correlato motivo di appello, così da consentire al Collegio di riscontrare la omessa motivazione sul punto.

Del pari inammissibile è il quarto motivo in quanto riferito ad una circostanza in fatto, non rapportato alle ragioni della decisione, fondate, essenzialmente, sulla inutilizzabilità dell’impianto di fitodepurazione perchè difettoso e non funzionante.

Il rigetto del ricorso principale comporta, logicamente, l’assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale condizionato con cui si deduce la nullità, per carenza di causa, del contratto di appalto 30.9.1996 e della successiva integrazione, stante la inutilità dell’opera commissionata.

Infondato è, poi, il ricorso incidentale ordinario, con cui vengono riproposte le domande di risarcimento danni e di restituzione, già avanzate con l’atto di citazione sub C) D) ed E) e disattese dalla Corte territoriale con sufficiente e corretta motivazione, laddove è stato rilevato; che "le spese per l’attività di Sagidep, ovvero per il controllo della corrispondenza dei campioni prelevati" e per il rifacimento dell’impianto, non erano dovute, dovendo detti controlli essere comunque eseguiti e dovendo la spesa per il nuovo impianto rimanere a carico della Scia s.r.l., una volta ottenuta dalla stessa la restituzione del prezzo corrisposto alla Road; che gli ulteriori danni, quale quello da svalutazione monetaria, non risultavano provati. Va rilevato sul punto che la Corte distrettuale ha riconosciuto, sulla somma dovuta a titolo di restituzione del prezzo dell’opera, gli interessi legali nè risulta che la Scia avesse adempiuto all’onere a suo carico sull’allegazione di circostanze da cui desumere la sussistenza e l’entità del c.d. maggior danno da svalutazione monetaria (Cfr. Cass. 12828/2009; n. 27675/2009).

Ricorrono giusti motivi, considerata la reciproca soccombenza delle parti, per compensare integralmente fra le stesse le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il primo motivo del ricorso incidentale subordinato; rigetta il ricorso incidentale ordinario; dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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