Cons. Stato Sez. III, Sent., 21-12-2011, n. 6779

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria ha accolto il ricorso (iscritto al n. 2238/00 R.G.) proposto dall’odierno appellato, titolare della farmacia rurale afferente la sede del Comune di Brugnato, per ottenere l’accertamento del suo diritto alla classificazione della farmacia stessa come "rurale sussidiata" ed alla conseguente attribuzione della "indennità di residenza" disciplinata dalla legge 8 marzo 1968, n. 221 e degli altri beneficii di legge a tale classificazione complementari, previo annullamento della deliberazione del Direttore Generale AUSL n. 5 "Spezzino" in data 7 settembre 2000, n. 1056 e degli altri atti presupposti e conseguenti.

Il T.A.R. ha fondato l’accoglimento sull’affermazione che "l’unico parametro di riferimento per la spettanza o meno dell’indennità è rappresentato dall’ammontare della popolazione residente nella località in cui ha sede la farmacia, prescindendo dal fatto della presenza di altre frazioni nel bacino di utenza della sede farmaceutica aventi un’autonomia di servizi pubblici, come affermato… per denegare al ricorrente… la corresponsione dell’indennità in parola" (pagg. 4 – 5 sent.).

Avverso la predetta sentenza di prime cure è stato proposto appello dall’Azienda Unità sanitaria locale n. 5 "Spezzino", che, con unico articolato motivo di impugnazione, contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.

L’appellato si è costituito in giudizio per resistere.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 18 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. – L’appello è infondato e va respinto alla luce del precedente conforme della Sez. V, 3 novembre 2008, n. 5479, cui si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 74 c.p.a., con il quale è stata risolta, in senso sfavorevole all’Amministrazione, la stessa questione di diritto che si pone al centro della presente controversia, con riguardo peraltro proprio allo stesso atto oggetto del presente giudizio (deliberazione del Direttore Generale AUSL n. 5 "Spezzino" in data 7 settembre 2000) su ricorso di altro titolare di farmacia dello Spezzino.

2. – Deve essere invero sinteticamente precisato che l’"indennità di residenza", della cui spettanza all’odierno appellato quale titolare della farmacia rurale afferente la sede del Comune di Brugnato qui si discute, già prevista dall’ art. 115 del r.d. n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), è stata ex novo disciplinata dalla legge 8 marzo 1968, n. 221 ("Provvidenze a favore dei farmacisti rurali"), che classifica all’art. 1 le farmacie in due categorie, distinguendo le farmacie urbane, espressamente individuate in quelle ubicate in Comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti ovvero nei quartieri periferici delle città congiunti a queste senza discontinuità di abitati, dalle farmacie rurali, situate invece in Comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti.

Per le farmacie rurali il legislatore ha previsto un regime parzialmente difforme rispetto a quello delle farmacie urbane (al fine di favorire l’insediamento di farmacie anche nelle località più disagiate); ed invero, al successivo art. 2 (nella versione, ratione temporis applicabile al caso di specie, antecedente alle modifiche allo stesso apportate dal comma 1 dell’art. 4 del D. Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153) lo stesso ha operato una fondamentale distinzione, secondo che dette farmacie siano ubicate in località con popolazione superiore ovvero inferiore ai 3.000 abitanti.

Detto criterio è rilevante ai fini dell’attribuzione dell’indennità in parola, in quanto, nel primo caso, ai titolari l’indennità può essere concessa fino ad un determinato importo purché il reddito netto del farmacista non superi un certo limite (ipotesi alla quale il provvedimento oggetto del giudizio ha ricondotto la posizione dell’odierno appellato per negargli appunto la spettanza dell’indennità medesima), mentre nel secondo caso l’indennità è dovuta in una misura già stabilita dalla legge stessa in relazione inversa all’entità della popolazione della località, in cui è situata la farmacia.

Dal quadro normativo testè esposto risulta, quindi, che, con gli artt. 1 e 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, il legislatore ha perseguito finalità diverse: infatti, mentre con l’art. 1 ha fissato un principio generale di classificazione delle farmacie (distinguendole in urbane e rurali) ed ha inoltre disciplinato l’istituzione e la gestione dei dispensarii farmaceutici, con il successivo art. 2 ha invece inteso regolare la concessione dell’indennità di residenza ai titolari di farmacie rurali.

Al fine di dirimere dubbii sull’applicazione dell’art. 2 citato, il legislatore, con l’articolo unico della legge 5 marzo 1973, n. 40, ha successivamente ritenuto opportuno fornirne un’interpretazione autentica, precisando che, ai fini della determinazione dell’indennità di residenza di cui all’art. 2 medesimo, si tiene conto della popolazione della località od agglomerato rurale, in cui è ubicata la farmacia, prescindendo dalla popolazione della sede farmaceutica prevista dalla pianta organica.

L’articolo unico della legge n. 40/1973, quindi, introduce espressamente il criterio della popolazione residente nella località od agglomerato rurale in cui è ubicata la farmacia quale unico parametro rilevante ai fini della spettanza e della determinazione dell’indennità di residenza di cui all’art. 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221 (cfr. Cons. Stato, sez. I, 2 dicembre 1977, n. 12).

Di conseguenza, mentre per classificare una farmacia come urbana o rurale si deve fare riferimento ai criteri generali dettati dall’art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221, per stabilire il diritto all’indennità di residenza da parte di titolari di farmacie rurali si deve invece fare riferimento all’art. 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, così come interpretato dalla predetta legge n. 40/1973, che fissa, quale criterio per il riconoscimento della indennità di residenza prevista dal citato art. 2 in misura e sulla base di presupposti diversi a seconda che la farmacia rientri nell’ipotesi del relativo comma 1 o nell’ipotesi di cui al successivo comma 2 (a seconda, come s’è visto, della popolazione inferiore ovvero superiore ai 3.000 abitanti), quello della popolazione residente nella località od agglomerato rurale, in cui si trova la farmacia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 1990, n. 842), prescindendo dalla popolazione della sede farmaceutica prevista dalla pianta organica (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 4 marzo 1983, n. 1622).

3. – Alla stregua di siffatto quadro normativo, ritiene il Collegio che correttamente il Giudice di prime cure abbia statuito l’irrilevanza del "bacino d’utenza dell’esercizio farmaceutico" (preso invece in considerazione negli atti oggetto del giudizio) ai fini dell’applicazione della normativa de qua, dovendosi ritenere che l’unico parametro da utilizzare è quello della "popolazione residente" nella località di ubicazione della farmacia, anche al fine di evitare di far entrare nel circuito ermeneutico il concetto di "popolazione prevista nella pianta organica" che l’articolo unico della l. 5 marzo 1973, n. 40 ha voluto espressamente escludere in relazione all’ipotesi in esame.

La diversa ricostruzione esegetica della giurisprudenza civile richiamata dall’Amministrazione nei suoi atti non può essere invero condivisa, sia alla luce del chiaro disposto della veduta legge n. 40/1973, sia, in via di fatto, per la estrema difficoltà di accertamento e definizione del c.d. bacino d’utenza, che, secondo detta giurisprudenza, sarebbe da individuarsi nella popolazione dislocata nei dintorni del centro urbano o nelle limitrofe zone di campagna, che faccia riferimento in maniera costante e continuativa al capoluogo od al centro urbano per non essere essa raggruppata in insediamenti od agglomerati distinti dal capoluogo o centro urbano (costituenti altre frazioni, contrade o simili), che, ancorché di minori dimensioni, siano anch’essi dotati di una base minima di strutture sociali (v., da ultimo, Cass. civ., sez. un., 20 febbraio 2008, n. 488).

In realtà, rileva il Collegio, una siffatta ricostruzione affida l’attribuzione o meno dell’indennità de qua al criterio discretivo della popolazione in concreto servita dalla farmacia a seconda che la stessa risulti o meno aggregata in centri "socialmente" autonomi (ch’è dato assolutamente generico, assente nella normativa di riferimento così come in quella che regola l’anagrafe della popolazione residente e, come correttamente sottolineato dal T.A.R., in definitiva "facilmente opinabile"), senza tener conto che l’intervento legislativo del 1973 ha espressamente stabilito che, per poter qualificare una farmacia come "rurale sussidiata", occorre appurare la consistenza della sola popolazione residente nel "luogo" abitato, in cui è situato l’esercizio farmaceutico, senza che possa prendersi in considerazione la rimanente parte della popolazione collocata nelle altre zone abitate del comune o della frazione, pur se ricomprese nella pianta organica della sede farmaceutica.

Si arguisce invero dalla lettera della legge (oltre che dalla sua stessa genesi, riferibile com’è noto ai dubbi interpretativi alimentati dalla giurisprudenza della Corte dei conti, la quale, ai fini dell’attribuzione dell’indennità di residenza alle farmacie rurali secondo i criteri di cui all’articolo 2 della legge n. 221/1968, aveva preso a parametro la popolazione residente nella sede farmaceutica) che il legislatore ha inteso attribuire importanza, ai fini del riconoscimento delle particolari provvidenze economiche a favore dei farmacisti rurali, alla clientela fissa di riferimento di questi ultimi, concentrata nel "luogo" di ubicazione della farmacia, del tutto aleatorio rivelandosi ogni altro criterio, tenuto anche conto della particolare conformazione geografica del territorio italiano, caratterizzato da campagne diffusamente abitate e da nuclei abitati sparsi, i cui residenti, considerata anche la sempre più accentuata attitudine alla mobilità che caratterizza ormai da circa quarant’anni ampie fasce della popolazione, possono indifferentemente, in termini di distanza e di tempi di percorrenza, avere accesso ad una pluralità di centri abitati limitrofi al centro dei loro interessi, dotati di servizio farmaceutico.

In definitiva, l’intervento legislativo del 1973 ha fatto prevalere, ai fini della corretta classificazione delle farmacie in rurali sussidiate e non, l’interpretazione che privilegia il dato abitativo su quello territoriale, attribuendo rilevanza al concetto di "località abitata" a scapito della nozione di "comune" o "frazione", i quali, ai fini anagrafici, sono mera espressione di estensione territoriale; ed il criterio territoriale, una volta così escluso dall’àmbito delle valutazioni da porsi in essere dall’Amministrazione ai fini di cui trattasi, non può certo rientrare dalla "finestra" sub specie di "bacino d’utenza", che costituisce un modo per tornare a valorizzare indebitamente, e contro la volontà del legislatore, il territorio, che peraltro, quando rileva nella materia di cui trattasi, vale solo a costituire la sede farmaceutica, senza che sia possibile ipotizzare una rilevanza ed un ambito diversi di tale nozione.

Ne consegue che, per poter qualificare una farmacia come "rurale sussidiata", occorre appurare la consistenza della sola popolazione residente nella località abitata, o, meglio, nel centro abitato, in cui è situato l’esercizio farmaceutico, senza prendere in considerazione la rimanente parte della popolazione collocata nelle altre zone abitate del comune o della frazione (pur se ricomprese nella pianta organica della sede farmaceutica) e tanto meno, come pretende l’odierna appellante in relazione alla specifica situazione all’esame, le persone "formalmente residenti nel territorio di altri Comuni, ma che, in realtà, gravitano nella località dove si trova la farmacia del Dott. F." (pag. 14 app.), perché ciò significa introdurre una nozione di "bacino d’utenza" non prevista, non identificata nei suoi termini fattuali e nelle sue caratteristiche dalla norma e non rilevante ai fini di cui si tratta, se non con un’operazione solo apparentemente interpretativa ma in realtà indebitamente manipolativa della norma medesima.

Se, dunque, come s’è visto, il legislatore ha inteso attribuire importanza, ai fini del riconoscimento delle particolari provvidenze economiche a favore dei farmacisti rurali, all’effettiva clientela di riferimento di questi ultimi, concentrata nel centro abitato di ubicazione della farmacia, vale qui notare che lo scopo delle norme che hanno ab origine istituito e poi meglio precisato la natura delle farmacie rurali e le provvidenze alle stesse concesse è non tanto, e comunque non principalmente, quello di riequilibrare il presumibile minor reddito derivante dal ridotto bacino di utenza, quanto quello – come ben indica il nome stesso della provvidenza medesima: "indennità di residenza" – di compensare, in qualche modo, i disagi e le scomodità connessi all’impianto ed al mantenimento di un esercizio farmaceutico in località poco popolate e perciò, presumibilmente, isolate dai flussi di comunicazione e disagiate quanto alla fruizione dei servizii facenti capo a strutture urbane vere e proprie; donde la palese infondatezza della subordinata questione di costituzionalità delle norme stesse proposta dall’appellante con riguardo agli artt. 3 e 97 Cost. in relazione alla pretesa irrazionalità di un dato che si assume "di per sé non significativo", dal momento che, una volta come sopra individuata la ratio della normativa de qua, il dato di riferimento assunto dal legislatore (popolazione dello specifico insediamento, in cui è localizzata la farmacia) appare sicuramente congruo, significativo ed adeguato ai fini della valutazione della sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’indennità di residenza "disagiata"; dato rispetto al quale il reddito dell’esercizio assume non incongruamente rilievo, nella disciplina legislativa, solo per le farmacie rurali ubicate in località con popolazione superiore a 3.000 abitanti (e, quindi, fino a 5.000 abitanti), per le quali "disagi e scomodità" sono verosimilmente attutiti da un più significativo giro d’affari derivante dalla maggiore entità della popolazione di riferimento.

Del resto lo stesso legislatore ha ritenuto rilevante il fatturato dell’esercizio farmaceutico rurale, a prescindere dal numero di abitanti della località di insediamento, solo ai fini dello sconto di cui all’art. 2, comma 1, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e solo con le modifiche apportate al terzo periodo del comma 40 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 in sede di conversione del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, ch’è norma comunque non applicabile ratione temporis al caso di specie, che ha ad oggetto il pagamento della pretesa indennità di residenza ed il riconoscimento dei beneficii a questa complementari per il biennio 1998/1999.

4. – In conclusione, alla luce dei dati normativi, la costruzione elaborata nella determinazione assunta dall’A.U.S.L. n. 5 "Spezzino" sulla scia dell’orientamento della S.C. di Cassazione ivi richiamato, pur giustificabile nell’ottica di un auspicabile risparmio delle pubbliche finanze e per quanto confacente, de jure condendo, alla mutata situazione ambientale in cui operano molte farmacie allocate in località considerate "rurali", stravolge surrettiziamente i dati normativi stessi, operando un’attività di vera e propria creazione del diritto e non di lettura, per quanto evolutiva, delle norme esistenti, non consentita all’interprete.

5. – Da quanto sin qui osservato consegue l’illegittimità del provvedimento oggetto del giudizio, che, in considerazione del dato reddituale (rilevante, si ricordi, ai fini del riconoscimento di cui si tratta, solo per le farmacie situate in località sopra i 3.000 abitanti), ha negato all’odierno appellato l’indennità di residenza per l’anno 1999, sebbene la farmacia di cui è titolare sia ubicata nella località di Brugnato (la quale, nello stesso anno, annoverava una popolazione residente di 1188 abitanti), in base alla considerazione che il bacino di utenza della farmacia stessa sarebbe più esteso e superiore ai 3000 abitanti, laddove, come s’è ampiamente detto, il bacino d’utenza, nel senso inteso dall’Amministrazione, non assurge a condizione giuridicamente rilevante ai fini di cui si tratta.

Tanto risulta, come statuito dal Giudice di primo grado, contrario al dato normativo come sopra scrutinato.

Ne deriva la reiezione dell’appello in quanto infondato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Avuto riguardo all’orientamento giurisprudenziale esistente al momento della proposizione dell’appello, sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese tra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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