Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-05-2012, n. 8359

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 27 febbraio 2008 il Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, liquidava, in favore dell’ing. G. A., nominato c.t.u. nell’ambito del procedimento n. (OMISSIS), il compenso spettategli nella misura di Euro 1.736,13, di cui Euro 128,60 per esborsi ed Euro 1636,53 a titolo di onorario, calcolato a tempo con riferimento a 200 vacazioni. Tale provvedimento veniva adottato a fronte di una richiesta di liquidazione per la somma complessiva di Euro 18.964,91, di cui Euro 128,68 per spese ed Euro 18.836,61 a titolo di onorario, determinato in applicazione delle percentuali – prossime alla misura massima – fissate dal D.M. 30 maggio 2002, art. 2 e sulla base di un valore della controversia individuato in Euro 1.706.572,01, inserendosi nell’importo a titolo di onorario anche la somma di Euro 9.865,76, computato oltre lo scaglione massimo (pari ad Euro 516.456,91) indicato nel citato D.M. 30 maggio 2002, art. 2. Avverso il suddetto decreto di liquidazione il predetto c.t.u. proponeva opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 ed il giudice designato la rigettava con ordinanza del 6 luglio 2008, depositata il 10 luglio 2008. A sostegno dell’adottato provvedimento il giudice dell’opposizione rilevava che, indipendentemente dalla qualifica di ingegnere del c.t.u., la consulenza espletata non era qualificabile come accertamento contabile (non risultando, peraltro, inquadrabile, per la sua peculiarità, in alcune di quelle contemplate dal D.M. 30 maggio 2002), essendo egli stato incaricato di esaminare gli strumenti di misurazione dell’acqua erogata dalla s.p.a. Asis Salernitana Reti ed Impianti nonchè di verificare, anche sulla scorta di una valutazione del fabbisogno mensile della Salerno Sistemi s.p.a., la congruità delle quantità indicate nelle fatture poste a fondamento del ricorso monitorio nonchè la congruità della tariffa applicata rispetto alla delibera CIPE vigente all’epoca dei fatti.

Pertanto, non potendo trovare applicazione nel caso di specie il disposto del D.M. 30 maggio 2002, art. 2 il giudice investito della causa di cognizione aveva legittimamente faro riferimento al criterio della liquidazione a vacazioni, la cui entità era stata computata in modo congruo rispetto all’attività effettivamente svolta ed al tempo impiegato. Nei confronti della menzionata ordinanza adottata all’esito del procedimento D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 ha proposto ricorso straordinario per cassazione l’ing. A. G., articolato in tre motivi, in ordine al quale nessuna delle intimate ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato l’ordinanza impugnata per assunta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 50 e 83, della L. n. 319 del 1989, art. 2 del D.P.R. n. 352 del 1988, art. 2 del D.M. (Giustizia) 30 maggio 2002, art. 2, del R.D. n. 262 del 1942, art. 12 (cc.dd. preleggi), dell’art. 2233, degli artt. 3 e 36 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deducendo contestualmente anche il vizio di motivazione. Al riguardo risulta formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile), il seguente quesito di diritto: "dica la S.C. se la prestazione professionale svolta dal ricorrente andava liquidata a vacazioni D.M. 30 maggio 2002, ex art. 1 come stabilito dal G.I. nell’ordinanza impugnata o, invece, andava liquidata a percentuale secondo le disposizione dei compensi spettanti ai consulenti, previste per le consulenze contabili dalla normativa dell’OG. L. n. 319 del 1980, ex art. 2 del D.P.R. n. 352 del 1988, ex art. 2 e del D.M. Giustizia 30 maggio 2002, ex art. 2. Dica, poi, la S.C. – tenuto conto del mandato richiesto al c.t.u. dal giudice se l’ordinanza impugnata, che ha ritenuto di applicare per la liquidazione al c.t.u. il criterio a vacazioni D.M. 30 maggio 2002, ex art. 1 abbia o meno comportato – per i motivi enunciati – la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 50 e 83; della L. n. 319 del 1989, art. 2 del D.P.R. n. 352 del 1988, art. 2 del D.M. (Giustizia) 30 maggio 2002, art. 2, del R.D. n. 262 del 1942, art. 2 (cc.dd. preleggi), dell’art. 2233, degli artt. 3 e 36 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, e se sussistano o meno la suddetta violazione di legge ed il denunziato vizio di astratta motivazione, sul punto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, cit..

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 50 e 83, della L. n. 319 del 1980, art. 2, del D.P.R. n. 352 del 1988, art. 2, del D.M. 30 maggio 2002, art. 2 e dell’art. 10 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). La doglianza risulta corredata del seguente quesito di diritto: "dica la S.C. se l’ordinanza impugnata, che ha ritenuto di applicare per la liquidazione dei compensi al c.t.u. il criterio dei valore della prestazione ai sensi dell’art. 10 c.p.c. e delle vacazioni D.M. 30 aprile 2002, ex art. 1 siano corretti o se, invece, nel caso di specie, andava applicato il criterio di liquidazione del compenso del c.t.u. a percentuale secondo le disposizioni dei compensi spettanti ai consulenti L. n. 319 del 1980, ex art. 2, del D.P.R. n. 352 del 1988, art. 2 e del D.M. Giustizia 30 maggio 2002, art. 2; dica poi, la Corte se appare corretta la motivazione data dal giudice secondo cui la liquidazione del c.t.u. debba essere fatta con riferimento "con il criterio residuale delle vacazioni, computate in numero di 200" o se, invece, la liquidazione al c.t.u. per la determinazione del valore della prestazione svolta doveva fare riferimento all’importo di Euro 1.877.229,22 a percentuale, con la maggiorazione motivata, come richiesto". 2.1. I primi due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente in virtù della loro intima connessione – sono destituiti di fondamento e vanno, perciò, respinti. Al di là dell’aspetto che, con riguardo alla prima doglianza, difetta un’adeguata sintesi del vizio motivazionale e la sufficiente prospettazione del fatto controverso ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile anche nella fattispecie, poichè l’ordinanza impugnata risulta pubblicata il 10 luglio 2008: cfr. Cass. n. 3633 del 2011, ord.), le censure complessivamente svolte dal ricorrente non colgono nel segno, dal momento che non risultano essersi configurate nè le dedotte violazioni di legge nè le rappresentate deficienze motivazionali.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (cfr. Cass. N. 7687 del 1999; Cass. n. 17333 del 2009 e Cass. n. 17685 del 2010), alla quale si è conformato il giudice del Tribunale di Salerno nell’ordinanza impugnata, nella determinazione degli onorari spettanti ai consulenti va applicato il criterio delle vacazioni, anzichè quello a percentuale, non solo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell’incarico ed al tipo di accertamento richiesti al giudice, non sia logicamente giustificata e possibile un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio della percentuale, con la precisazione che la decisione di liquidare gli onorari a tempo e non a percentuale è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata.

Orbene, nella fattispecie, nell’ordinanza impugnata è stato logicamente ed adeguatamente considerato che in base all’oggetto della c.t.u. conferita al ricorrente (peraltro rivestente la qualità di ingegnere), la relativa attività non potesse essere qualificata, per la sua peculiarità, come propriamente contabile. In particolare, il giudice salernitano ha congruamente rilevato che l’incarico assegnato all’ing. G. era consistito essenzialmente nell’esame degli strumenti di misurazione dell’acqua erogata dalla s.p.a. Asis oltre che nella verifica, anche sulla scorta dei consumi ordinariamente riconducibili alla Salerno Sistemi s.p.a., della congruità delle quantità indicate nelle fatture poste a fondamento di un ricorso monitorio e della correlata congruità della tariffa applicata dall’azienda rispetto alla delibera CIPE applicabile all’epoca. In altri termini, il compito assegnato al predetto c.t.u. si risolveva, tenuto conto anche del profilo professionale dello stesso, nel valutare gli strumenti di misurazione dell’acqua erogata da una certa società e nella quantificazione della relativa fornitura, con il relativo riscontro di detta fornitura con le fatture dedotte a sostegno della richiesta di pagamento correlata alla suddetta prestazione e la valutazione di congruità rispetto alle tariffe CIPE. In sostanza, quindi, come rilevato dal giudice salernitano, l’attività ricomprendeva l’esame del flusso idrico proveniente dal sistema di erogazione gestito dalla società creditrice ed il confronto con i consumi assunti come sostenuti, congiuntamente alla valutazione di congruità degli stessi alla stregua di un apposito tariffario. Così inquadrata la complessiva attività conferita al ricorrente appare chiaro che essa si risolveva in un compito di mero controllo, ovvero di verifica e di riscontro di dati già acquisiti e in operazioni di confronto con i parametri riconducibili ad un determinato tariffario, senza che, perciò, fosse configurabile una vera e propria attività ricostruttiva e valutativa da effettuarsi sulla base di complessi accertamenti implicanti un impegno professionale di contabilizzazione in senso tecnico (v., per esempi di attività contabili in senso proprio, Cass. n. 15443 del 2000; Cass. n. 22959 del 2011 e Cass. n. 3066 del 2011, ord.).

Alla stregua di tale adeguata valutazione, ispirata a corretti principi logici, il Tribunale di Salerno ha correttamente escluso – sulla base di un congruo percorso motivazionale – che, per le sue peculiarità, l’attività espletata dal ricorrente potesse rientrare in alcuna di quelle contemplate dal D.M. 30 maggio 2002, facendo applicazione, altrettanto esattamente, del principio in base al quale, nel caso di specie, non fosse logicamente giustificabile un’estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione della c.t.u. in base al criterio della percentuale, dovendo, quindi, applicarsi quello a vacazione, concretamente tenuto in considerazione dal giudice della causa di cognizione al momento dell’emissione del decreto di liquidazione, poi opposto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170. 3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avuto riguardo all’omessa pronuncia da parte del giudice sulla richiesta di liquidazione delle spese e competenze del procedimento, con la proposizione del seguente quesito di diritto: "dica la Corte se, nel caso di specie, poteva il G.I. omettere la pronuncia sulle spese e competenze del procedimento di volontaria giurisdizione e la motivazione sul punto o se, invece, andava applicato il principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., con la conseguente statuizione di condanna delle altre parti al pagamento delle spese e competenze del giudizio di volontaria giurisdizione e se andava motivata l’omessa pronunzia sulle spese". 3. Il motivo è inammissibile per evidente mancanza di interesse poichè i giudice, con l’ordinanza impugnata, era pervenuto al rigetto totale dell’opposizione proposta dal G., onde difettava ogni condizione perchè potesse essere disposta la condanna delle parti opposte al pagamento delle spese in suo favore.

4. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, senza che occorra adottare alcuna statuizione sulle spese della presente fase, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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