Cons. Stato Sez. III, Sent., 21-12-2011, n. 6777 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, ha accolto il ricorso principale proposto dall’odierna appellata, classificatasi al quarto posto della graduatoria della procedura di gara aperta indetta dall’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma "B" con deliberazione del D.G. n. 1399 in data 27 novembre 2008 per l’affidamento del servizio di ristorazione presso varie strutture, per l’annullamento degli atti della gara medesima.

2. – Il giudice di prime cure ha, in particolare, ritenuto fondati:

– il primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale la ricorrente aveva dedotto l’illegittimità degli atti di gara per presunta violazione dell’art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006 ed in specie del divieto di commistione fra requisiti di accesso ed elementi di valutazione dell’offerta;

– il secondo motivo del ricorso stesso, relativo all’asserita illegittimità degli atti di gara per violazione dell’art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006 sotto il profilo della omessa fissazione dei criterii di valutazione dell’offerta tecnica;

– il settimo motivo di ricorso, con cui era stata dedotta la violazione del divieto di integrazione della commissione giudicatrice con soggetti estranei.

Il T.A.R., prioritariamente delibato il ricorso principale, ha poi respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellante nei confronti dell’ammissione alla gara della ricorrente principale.

La sentenza è appellata dall’originaria aggiudicataria soccombente in primo grado, che, contestato l’ordine di trattazione dei due ricorsi (principale ed incidentale) ivi seguito dal giudice, ne critica le statuizioni sia quanto al ricorso incidentale (che, assume, è pienamente fondato, perché controparte avrebbe omesso di produrre la dichiarazione, ex art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D. Lgs. n. 163/2006, di un procuratore speciale asseritamente munito di poteri gestòrii estremamente ampii e continuativi), sia quanto al ricorso principale, di cui deduce l’integrale infondatezza in relazione in particolare alle censùre accolte dal T.A.R.

Si è costituita in giudizio, per aderire al ricorso in appello, l’ Azienda Unità Sanitaria Locale Roma "B", quale stazione appaltante.

Si è pure costituita in giudizio l’appellata, sostenendo l’infondatezza dell’appello e riproponendo, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., i motivi di ricorso principale ed i motivi aggiunti da essa proposti in primo grado, non esaminati dalla sentenza del T.A.R.

La stessa premette eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, per avere, sostiene, l’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma "B" "annullato in autotutela la gara de qua sia per adesione alle statuizioni del giudice di prime cure, sia perché ha deciso di modificar la modalità di acquisizione del servizio delegando la scelta alla Regione Lazio…" (pagg. 14 – 15 mem. cost.).

Si è anche costituita in giudizio, proponendo poi appello incidentale, notificato in data 12 aprile 2011 e depositato il giorno successivo, la seconda classificata nella graduatoria della gara in argomento, già intervenuta ad adiuvandum nel giudizio primo grado, per affermare la correttezza della decisione del T.A.R. sia quanto alla declaratoria di infondatezza del ricorso incidentale sia quanto all’accoglimento del primo, secondo e settimo motivo del ricorso principale; la stessa ripropone poi gli altri motivi di censura formulati in primo grado avverso la procedura di gara, sui quali il T.A.R. ha omesso di pronunciarsi.

Non si sono costituite in giudizio le altre imprese partecipanti alla procedura, benché ritualmente evocate.

Con memoria in data 10 maggio 2011 l’appellante principale ha replicato alle avverse deduzioni, soffermandosi anche sulla eccezione di sopravvenuto difetto di interesse all’appello e sulla insussistenza a suo avviso dei requisiti di conservazione dell’atto di intervento dispiegato in primo grado dall’odierna appellante incidentale.

Con memorie in data 4 maggio e 31 ottobre 2011 l’ Azienda Unità Sanitaria Locale Roma "B", riepilogata la complessa vicenda inerente alla gara in argomento anche per quanto concerne gli atti sopravvenuto nel corso del giudizio, ha ampiamente dedotto a sostegno dell’appello principale.

Parimenti in data 31 ottobre 2011 l’appellante principale ha rassegnato ulteriori considerazioni per suffragare le sue tesi di infondatezza dei motivi di ricorso principale accolti dal T.A.R. e comunque di fondatezza del ricorso incidentale da essa nella stessa sede proposto, la cui prioritaria trattazione ed il cui accoglimento priverebbero l’odierna appellata di qualsivoglia legittimazione a contestare l’ésito della gara.

Con memoria di replica in data 7 novembre 2011 l’appellante principale ha rassegnato le proprie considerazioni conclusive in relazione alla permanenza del proprio interesse alla decisione dell’appello.

Memoria di replica ha pure prodotto in pari data l’appellante incidentale, insistendo per la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse all’appello principale e brevemente replicando alle deduzioni avversarie.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 18 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. – Va, anzitutto, in rito:

– precisato che l’Amministrazione soccombente in primo grado, notificataria dell’appello principale in esame, si è costituita, per di più con semplice memoria non notificata alle controparti, reiterando peraltro le difese già svolte in primo grado e predicando l’erroneità della sentenza impugnata: essa ha con ciò assunto una posizione di contestazione della sentenza del Tar ed adesiva alla posizione della controinteressata originaria aggiudicataria, proponente l’appello principale.

Ne discende, in questa sede, l’inammissibilità delle predette deduzioni di sostanziale contestazione della sentenza che ha definito il primo grado di giudizio, atteso che l’Amministrazione soccombente in tale sede ha l’onere di proporre appello e non ha legittimazione, quale parte principale e necessaria del giudizio di primo grado, ad assumere, nel giudizio di impugnazione, una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una situazione di soccombenza "principale" sancita dal "decisum" di primo grado (Cons. St., VI, 22 novembre 2010, n. 8132);

– esclusa la condivisibilità della eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dalla difesa dell’appellata per pretesa sopravvenuta carenza di interesse della parte appellante principale (per essere stata, si sostiene, la gara de qua annullata in autotutela dall’Azienda sanitaria, "sia per adesione alle statuizioni del giudice di prime cure, sia perché ha deciso di modificar la modalità di acquisizione del servizio delegando la scelta alla Regione Lazio…": pagg. 14 – 15 mem. cost.), giacché l’annullamento del provvedimento del 22 aprile 2010 (con il quale è stata aggiudicata la gara oggetto del presente giudizio) disposto con la invocata deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda stessa n. 257 in data 4 aprile 2011 (i cui effetti sono stati peraltro sospesi con deliberazione dello stesso Direttore Generale n. 365 in data 6 maggio 2011), risulta operato, oltre che "in ottemperanza alla sentenza del TAR Lazio sez. III quater n. 38724 pubblicata in data 27.12.2010" (II cpv. del dispositivo), in considerazione "del parere legale inoltrato dalla Regione Lazio espresso in ordine agli effetti della sentenza del TAR Lazio sez. III quater n. 38724 pubblicata in data 27.12.2010 e conseguentemente a quanto da essa disposto circa l’annullamento degli atti della gara esperita dalla ASL Roma "B" per il servizio di ristorazione" (I cpv. del dispositivo); dal che consegue che anche l’intervenuta, contestuale, adesione della stazione appaltante alla gara di prossima indizione a livello regionale, pur costituendo scelta alternativa a quella ripetizione dell’intera procedura divisata dalla sentenza impugnata, assume quale suo unico presupposto pur sempre le sole statuizioni di annullamento recate dalla sentenza stessa ed il carattere esecutivo della medesima. Si verte pur sempre, dunque, in fattispecie di spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado, immediatamente esecutiva, che non determina acquiescenza e pertanto non si configura come comportamento idoneo né ad escludere la persistenza dell’interesse dell’originario ricorrente alla declaratoria di illegittimità degli atti oggetto del giudizio (che potranno dirsi definitivamente superati dai nuovi atti adottati dall’Amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado solo allorché le statuizioni di questa siano confermate dal giudice di appello: Consiglio Stato, sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1148 e 21 marzo 2011, n. 1728), né a determinare la sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il giudizio in capo all’odierna appellante principale, soccombente in primo grado, al fine di determinare la reviviscenza degli atti originariamente impugnati ed annullati dal T.A.R. ed il pedissequo venir meno dell’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della sentenza riformata o cassata (i provvedimenti giurisdizionali, infatti, per loro forza intrinseca, costituiscono un impedimento giuridico alla prosecuzione di attività ritenute illegittime, ma, ove vengano riformati, per equivalente forza intrinseca sono in grado di ricreare la situazione giuridica originaria, a tutti gli effetti e con tutte le conseguenze del caso: Cons. St., IV, 28 marzo 2011, n. 1877);

– quanto alla ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum proposto in primo grado dalla seconda classificata nella graduatoria della gara di cui si tratta, riproposto in grado di appello sub specie di appello incidentale, rilevato come nella specie l’interventrice si configuri come soggetto direttamente leso nella propria sfera giuridica dalle gravate determinazioni e pertanto legittimato a proporre autonoma impugnativa avverso le stesse, con conseguente applicabilità al caso all’esame della consolidata giurisprudenza, secondo cui, nel processo amministrativo, è inammissibile l’intervento ad adiuvandum da parte di chi sia legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, posto che in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che può essere introdotto solo mediante proposizione di ricorso principale nei termini decadenziali (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1853 del 13/12/1999). Tuttavia, considerato che non risulta che avverso le determinazioni in questione l’interventrice abbia proposto un autonomo ricorso e che non è contestato ch’essa abbia avuto come afferma conoscenza dell’atto impugnato il 22 aprile 2010, tale intervento ad adiuvandum, notificato in data 16 giugno 2010 e dunque nel términe di sessanta giorni previsto dall’allora vigente art. 23bis della legge n. 1034/1971, in applicazione del principio di conversione negoziale sancito dall’art. 1424 c.c., applicabile anche in campo processuale, può essere considerato come atto di assunzione in proprio del ricorso medesimo, con una conversione resa possibile dalla sussistenza dei relativi requisiti formali e sostanziali ed in particolare della rituale notifica dell’intervento stesso a tutte le parti. Né tale sussistenza può ritenersi inficiata dal fatto, lamentato in questo grado dalla controinteressata appellante principale, ch’esso è stato notificato presso i difensori costituiti e non già presso le parti, atteso che una siffatta irritualità della notificazione non determina una nullità assoluta allorché (come appunto accade nel caso di specie, in cui non risulta che l’odierna appellante principale abbia espressamente rifiutato in primo grado il contraddittorio con tale parte) essa abbia raggiunto il suo scopo; del resto, una volta così ammessa una sorta di "ricorso incidentale improprio" nel processo di primo grado ad opera di un cointeressato del ricorrente principale, non appare in alcun modo lesiva del diritto di difesa delle controparti l’applicazione della régola, secondo cui, a processo instaurato, gli atti nello stesso compiuti da qualunque parte, che richiedano la rituale notifica a tutte le altre parti del giudizio, sono validamente portati a conoscenza delle stesse mediante notifica presso il procuratore domiciliatario. Una volta, peraltro, così considerato l’intervento medesimo come ricorso in proprio, esso non sfugge, come già detto, al possesso dei necessarii requisiti sostanziali del ricorso medesimo, ed in particolare alla prescrizione dell’obbligo di indicazione specifica dei motivi, su cui esso si fonda; régola indefettibile, questa, che non può certo ritenersi rispettata dal mero rinvio, operato nell’atto di intervento di cui si tratta, ai "profili compiutamente evidenziati nel ricorso introduttivo" principale, non essendo possibile, nel processo amministrativo, la deduzione dei vizii dell’atto impugnato mediante rinvio a prospettazioni aliunde ricavabili (una sorta di rinvio per relationem) omettendone la formale trascrizione, che sola vale a realizzare l’assunzione in proprio, quali doglianze di ricorso, delle prospettazioni stesse. Il ricorso risultante dall’anzidetta conversione si rivela pertanto in parte inammissibile (laddove basato, come s’è visto, esclusivamente sull’anzidetto rinvio), mentre rituale ed ammissibile è la deduzione specifica dei vizii degli atti impugnati (pagg. 9 – 17 dell’atto di intervento) corrispondenti al terzo, al quarto ed al sesto motivo del ricorso introduttivo della ricorrente principale. Tanto comporta l’ammissibilità negli stessi limiti dell’appello incidentale in questo grado proposto, ch’è pertanto inammissibile nella parte in cui contrasta le deduzioni dell’appellante principale relative al mancato accoglimento in primo grado del ricorso incidentale da essa ivi proposto in primo grado ed all’accoglimento operato dal T.A.R. dei motivi primo, secondo e settimo del ricorso principale di primo grado (questioni, tutte, alle quali l’atto di intervento, come sopra qualificato e delimitato nel suo oggetto e nel suo petitum, resta estraneo), mentre è certamente ammissibile quanto alla riproposizione, con esso pure effettuata, dei motivi con l’atto stesso ritualmente sollevati in prime cure e non esaminati dalla sentenza impugnata.

2. – Venendo al proposto appello principale, il Collegio ritiene, sulla questione dell’ordine di priorità della trattazione in caso di ricorso principale e di ricorso incidentale di primo grado posta in discussione con l’appello stesso al fine di veder delibato prioritariamente rispetto al ricorso principale di primo grado il ricorso incidentale dall’odierna appellante principale ivi proposto (il cui accoglimento priverebbe l’originaria ricorrente della legittimazione a contestare l’ésito della gara), di dover disattendere l’opzione, operata dal T.A.R., di prioritaria trattazione del ricorso principale, dovendo qui ribadirsi il principio, secondo cui, ove dalla definizione delle questioni dedotte con il ricorso incidentale della parte controinteressata discendano soluzioni ostative o preclusive dell’esame delle ragioni dedotte col ricorso principale, l’esame delle prime dovrà, nell’ordine di trattazione delle questioni, avere priorità logica rispetto a quello delle seconde.

In proposito, tale assunto trova conforto nella recente giurisprudenza prevalente, riassunta nella decisione resa dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4 del 2011, a tenore della quale il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale alleghi l’interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura. Detta priorità logica sussiste indipendentemente dal numero dei partecipanti alla procedura selettiva, dal tipo di censura prospettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall’amministrazione resistente, a meno che (ma non è questo il caso di specie) il ricorso principale contenga motivi di gravame avverso la clausola della legge di gara, la cui applicazione il ricorrente incidentale invoca per paralizzare, deducendo la carenza dei requisiti prescritti dalla clausola stessa, il ricorso principale.

2.1 – Nel mérito del ricorso incidentale medesimo, con il quale si contesta la legittimità dell’ammissione alla procedura in parola dell’odierna appellata (originaria ricorrente principale) per aver essa omesso di produrre la dichiarazione, ex art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D. Lgs. n. 163/2006, di un procuratore speciale asseritamente munito di poteri gestori estremamente ampi e continuativi, deve dichiararsene, conformemente a quanto statuito dal T.A.R., l’infondatezza.

2.1.1 – Non risulta invero sussistente l’asserita violazione né dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, né del capitolato speciale d’appalto relativamente alle dichiarazioni rese in ordine alla sussistenza dei requisiti "giuridico morali professionali".

In linea di diritto,il Collegio ritiene che l’invocato art. 38 cit., che al comma 1 prevede che "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti" che si trovino in una serie di situazioni individuate dalla norma (secondo un elenco poi ripreso dal capitolato speciale d’appalto della gara in considerazione nella parte in cui detta "condizioni e requisiti minimi per la partecipazione alla gara"), che al comma 2 stabilisce che il possesso di tali requisiti possa essere attestato mediante dichiarazione del "candidato " o del "concorrente" e la cui ratio risiede nella esigenza di verificare la affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrattare con la p.a. per evitare a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale, richiede che le singole leggi di gara dettino regole di specificazione di tale onere, che, se da un lato assumono il valore di vincolo per la stessa stazione appaltante e per gli aspiranti partecipanti, dall’altro devono sottostare agli ordinari criteri della chiarezza di redazione e della ragionevolezza di applicazione.

2.1.2 – In tale ottica nel caso di specie occorre evidenziare la piena conformità all’art. 38 cit. delle clausole del capitolato speciale d’appalto che regolano la partecipazione alla gara; clausole, che, stabilita la necessità del possesso dei "requisiti di ordine generale ai sensi dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006 e s.i.m., lettere a) b) c) d) e) f) g) h) i) l) m) e m)bis" (art. 6, comma 1, punto 1.), prevedono la presentazione di una "dichiarazione per la documentazione amministrativa compilata secondo lo schema di cui all’Allegato n. 1… resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 dal titolare o dal legale rappresentante dell’impresa offerente" (art. 7, lett. A), punto 2.) ed infine, in detto schema, prevedono, quale oggetto di tale dichiarazione, l’insussistenza "nei propri confronti e, avendone piena conoscenza, nei confronti di tutte le persone componenti l’organo di amministrazione", di condanne e/o misure di prevenzione.

Trattasi, rileva il Collegio, di disciplina pienamente rispondente all’art. 38 cit., se si tiene conto che il novero dei soggetti, nei confronti dei quali l’art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei contratti pubblici impone la dichiarazione di onorabilità è, come è stato recentemente chiarito da questo Consiglio con decisioni cui si fa rinvio anche a mente dell’art. 74 c.p.a. (Cons. St. Sez., V, 25.1.2011, n. 513 e 24 marzo 2011, n. 1782), limitato esclusivamente agli amministratori dotati di poteri di rappresentanza, nella considerazione che, ai sensi dell’art. 2380 bis c.c., la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto (amministratore unico) od affidata a più persone, che sono i componenti del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex artt. 2380 e 2409sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409octies c.c.); ad essi, od a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale della società.

I procuratori speciali (o ad negotia), nonché i titolari di poteri institòrii ex art. 2203 c.c., sono invece soggetti, cui può essere conferita la rappresentanza – di diritto comune – della società, ma che non sono amministratori e ciò a prescindere dall’esame dei poteri loro assegnati.

L’art. 38 del d. lgs. n. 163/06 richiede dunque la compresenza della qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali i procuratori e gli institori, che amministratori non sono.

L’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006, laddove impone la produzione della dichiarazione sulla sussistenza dei requisiti c.d. di ordine pubblico (assenza di pregiudizii penali, etc.), per le società di capitali, agli "amministratori muniti del potere di rappresentanza" (oltre che ai direttori tecnici), va interpretato così nel senso che solo coloro i quali rivestano cariche societarie alle quali è per legge istituzionalmente connesso il possesso di poteri rappresentativi e gestòrii sono in ogni caso tenuti a rendere la dichiarazione de qua, senza che possa avere alcuna rilevanza il concreto possesso di siffatti poteri (con una latitudine comunque, nel caso di specie, non generale per quanto riguarda il soggetto di cui si discute) in capo ad altri soggetti, quali procuratori od institori.

Dal momento, pertanto, che al soggetto, del cui preteso mancato assolvimento degli oneri dichiarativi anzidetti qui si controverte, non risulta attribuita la qualifica di "amministratore", nessuna dichiarazione era in relazione a lui dovuta nella gara de qua, ai sensi della stessa lex specialis (v. Allegato "1" al Capitolato speciale di appalto), oltre che del ridetto art. 38, in aggiunta a quella correttamente resa, ai sensi della stessa legge di gara, dal legale rappresentante, anche per gli altri soggetti (tra cui come s’è visto non rientra il procuratore ad negotia in relazione al quale si lamenta l’omissione della dichiarazione) componenti l’organo di amministrazione.

In ogni caso, valga qui richiamare anche l’ulteriore principio, secondo cui quando il partecipante sia in possesso di tutti i requisiti richiesti e la lex specialis (come appunto accade nella fattispecie con riguardo a persone diverse dai componenti l’organo di amministrazione) non preveda espressamente la pena dell’esclusione in relazione alla mancata osservanza delle puntuali prescrizioni di cui all’art. 38, l’omissione non produce alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma, ricorrendo un’ipotesi di "falso innocuo" (Cons. St, V, 24 marzo 2011, n. 1795), come tale insuscettibile, in carenza di una espressa previsione legislativa o – si ripete – della legge di gara, a fondare l’esclusione dalla gara medesima; e ciò quanto meno nell’ipotesi, anch’essa ricorrente nel caso di specie, in cui il soggetto, in relazione al quale si lamenta la mancata dichiarazione, non risulti comunque aliunde aver riportato alcuna condanna od avere procedimenti penali pendenti a carico.

In senso conforme a tale soluzione depone, peraltro, anche l’art. 45 della direttiva 2004/18, che ricollega l’esclusione alle sole ipotesi di false dichiarazioni gravemente colpevoli (v. Cons. St., 22 febbraio 2010, n. 1017).

2.2 – Si può passare ora ai motivi dell’appello principale, con i quali si contrasta la fondatezza del ricorso principale di primo grado quanto al primo, secondo e terzo dei motivi con lo stesso proposti, tutti accolti dalla sentenza impugnata.

2.2.1 – Con il primo di detti motivi la ricorrente denunciava violazione degli artt. 42 e 83 del d.lgs. n. 163 del 2006, dell’art. 53 della Direttiva 31.3.2004, n. 18 e della par condicio competitorum, nonché eccesso di potere per manifesta illogicità, ingiustizia, irrazionalità e sviamento, poiché il capitolato richiedeva quale requisito tecnico di accesso il possesso di una piattaforma di acquisti/logistica certificata, elemento ugualmente contemplato tra i criteri di valutazione dell’offerta tecnica.

Il T.A.R., richiamata la giurisprudenza in materia di divieto di commistione fra requisiti soggettivi di partecipazione ed elementi oggettivi di valutazione dell’offerta, l’ha accolto, rilevando che "nella specie lo stesso elemento, ovvero il possesso di una piattaforma certificata e/o l’utilizzo di fornitori certificati, era richiesto sia quale requisito di accesso sia quale elemento di valutazione dell’offerta" (pagg. 9 – 10 sent.).

Con l’atto di appello principale si sostiene che non sussiste alcuna coincidenza tra il requisito di ammissione alla gara relativo al possesso di piattaforma certificata ed il criterio di valutazione dell’offerta in relazione a detta piattaforma, dal momento che "mentre ai fini dell’ammissione alla gara era richiesto il mero possesso (o la disponibilità) di una qualsiasi piattaforma certificata, ciò che assume rilievo ai fini della valutazione è… la dettagliata descrizione di quest’ultima, ovvero la presentazione – da parte dei concorrenti – delle caratteristiche di tale impianto per consentirne un giudizio di natura prettamente qualitativa" (pagg.- 23 – 24 app. princ.); in ogni caso, si aggiunge, "il punteggio riservato a tale voce dal disciplinare non raggiunge nemmeno la soglia di 15 punti (sui 100) complessivi… pertanto, anche nella denegata ed inconcessa ipotesi di coincidenza tra requisito di ammissione e criterio di valutazione, quest’ultimo avrebbe un peso ponderale assolutamente irrilevante ed inidoneo a determinare la caducazione dell’intera gara" (pagg. 2 – 3 mem. del 31 ottobre 2011).

La tesi di appello è da accogliere.

Dispone l’art. 83 del codice dei contratti (decreto legislativo n. 163 del 2006) – rubricato "Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa" – che quando il contratto è affidato, come nel caso di specie, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criterii di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo: a) il prezzo; b) la qualità; c) il pregio tecnico; d) le caratteristiche estetiche e funzionali; e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto; f) il costo di utilizzazione e manutenzione; g) la redditività; h) il servizio successivo alla vendita; i) l’assistenza tecnica; l) la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione; m) l’impegno in materia di pezzi di ricambio; n) la sicurezza di approvvigionamento.

La norma in esame, inoltre, prescrive che il medesimo bando di gara elenchi i criterii di valutazione e precisi la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all’elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato.

Ed ancora, ai sensi del quarto comma dell’art. 83 di cui trattasi, il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub – criteri e i sub – pesi o i sub – punteggi (ove poi la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l’incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara).

Infine la norma prevedeva pure, con disposizione poi soppressa dalla lettera u) del comma 1 dell’art. 1, D. Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, che la Commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, fissasse in via generale i criterii motivazionali, cui attenersi per attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando.

Ciò posto, osserva il Collegio come, alla stregua di una consolidata giurisprudenza comunitaria e nazionale, costituisca certamente principio regolatore delle gare pubbliche il divieto di commistione fra i criterii soggettivi di capacità tecnica e professionale e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione.

Va tuttavia rilevata l’esistenza di un orientamento recente di questo Consiglio, cui questa Sezione aderisce, tendente a mitigare la più rigorosa interpretazione prevalsa in passato, secondo il quale il divieto in questione conosce un’applicazione attenuata nel settore dei servizii laddove l’offerta tecnica non si sostanzia in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere, che può essere valutato unicamente sulla base di criteri qualiquantitativi, fra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell’operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d’impresa, sempre che tali aspetti non risultino preponderante nella valutazione complessiva dell’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 2 ottobre 2009, n. 6002; v. anche, 12 giugno 2009, n. 3716; IV, 25 novembre 2008, n. 5808).

Chiarito, dunque, che il divieto di commistione non comporta anche che sia sempre precluso alle amministrazioni aggiudicatrici di dare rilievo alle capacità, alle esperienze ed alle referenze dei concorrenti ai fini dell’attribuzione del punteggio alle rispettive offerte, occorre rilevare come, nella gara all’esame, tra le "condizioni e requisiti minimi per la partecipazione alla gara", fosse previsto il possesso o l’utilizzo, per la fornitura di derrate alimentari, di una "piattaforma acquisti/logistica certificata UNI EN ISO 9001/2000", ovvero l’utilizzo di "fornitori di derrate alimentari in possesso di certificazione di sistema di qualità secondo norme UNI EN ISO 9001/2000" (art. 6, punto 8., del capitolato speciale).

Tràttasi, indubbiamente, di elemento attinente al profilo soggettivo dei concorrenti, stabilito quale requisito di partecipazione.

Orbene, la stessa legge di gara stabiliva che l’offerta tecnica da presentare ai fini dell’assoggettamento a valutazione era rappresentata, tra l’altro, da un "progetto tecnico di gestione ed organizzazione del servizio consistente in una dettagliata relazione esplicativa… che descriva l’intero progetto gestionale del servizio" (art. 7, lett. B), punto 1).

Tale relazione, precisava poi la norma, dovrà indicare:

– il progetto gestionale del servizio, riguardante l’organizzazione e l’organigramma del personale utilizzato nell’espletamento del servizio;

– una dettagliata descrizione della piattaforma acquisti/logistica certificata, posseduta o utilizzata, ovvero dettagliata descrizione dei fornitori in possesso di certificazione di sistema di qualità secondo norme UNI EN ISO 9001/2000, utilizzati per la fornitura…;

– il piano di approvvigionamento delle derrate e la procedura di selezione dei fornitori;

– la descrizione del laboratorio di analisi interno, menù e ricettari per diete ordinarie… e diete speciali.

Il progetto, conclude sul punto la norma, "dovrà permettere alla Commissione giudicatrice della gara la valutazione della qualità del progetto di organizzazione e gestione del servizio proposto…".

Il successivo art. 9, nel dettare i "criteri di aggiudicazione", includeva testualmente nell’oggetto della valutazione per il parametro "Progetto Tecnico di gestione ed organizzazione del servizio", la detta "dettagliata descrizione della piattaforma acquisti/logistica certificata, posseduta o utilizzata, ovvero dettagliata descrizione dei fornitori in possesso di certificazione di sistema di qualità secondo norme UNI EN ISO 9001/2000, utilizzati per la fornitura".

Orbene, alla luce di siffatta strutturazione della legge di gara, è chiaro, ad avviso del Collegio, che le caratteristiche della piattaforma certificata rappresentano uno dei sottoparametri, che dànno luogo alla attribuzione del punteggio.

Appare dunque evidente che, mentre ai fini della partecipazione alla gara era previsto il possesso di una qualsivoglia piattaforma acquisti/logistica (ovvero qualsiasi utilizzo di fornitori di derrate alimentari in possesso di certificazione di sistema di qualità secondo norme UNI EN ISO 9001/2000), ai fini della "valutazione della qualità del progetto di organizzazione e gestione del servizio", che costituisce uno dei cinque parametri nei quali si scompone il criterio della qualità (parametro per il quale era prevista l’attribuzione di max punti 15 rispetto ai max 50 punti del complesso degli elementi relativi alla "qualità"), sarebbero state prese in considerazione le concrete caratteristiche della piattaforma posseduta od utilizzata, così come risultanti dalla richiesta, relativa, "dettagliata descrizione", da inserire nella relazione illustrativa dell’intero progetto gestionale.

Gli elementi oggetto di considerazione sono dunque diversi: il possesso della piattaforma ai fini della dimostrazione di una capacità professionale e di un’organizzazione adeguata rispetto all’oggetto della gara e dunque funzionale a garantire la capacità tecnica individuata dall’Amministrazione come requisito di partecipazione alla stessa; le caratteristiche della piattaforma (come emergenti dalla sua "dettagliata descrizione", che appunto tali caratteristiche implicitamente ma chiaramente è tesa ad individuare, da includersi nella documentazione costituente l’offerta tecnica) ai fini della valutazione della qualità del progetto tecnicogestionale.

Essi consentono, coerentemente con il disposto degli artt. 42 e 83 del D. Lgs. n. 163/2006 e senza che possa pertanto ravvisarsi la sussistenza dei vizii in proposito dedotti col ricorso principale di primo grado, l’uno di inferirne la complessiva idoneità tecnicoorganizzativa del concorrente e l’altro le modalità qualitative di svolgimento della prestazione offerta.

2.2.2 – Con il secondo motivo del ricorso principale di primo grado si deduceva violazione dell’art. 83, d.lgs. n. 163 cit., dell’art. 97 Cost., del principio di trasparenza e della par condicio competitorum, nonché eccesso di potere per i profili già evidenziati, per omessa fissazione dei criterii di valutazione dell’offerta tecnica, poiché i criterii di valutazione delle offerte tecniche fissati dal capitolato di gara coincidevano con il contenuto – sempre stabilito dal capitolato – che avrebbero dovuto avere le offerte tecniche medesime.

Si lamentava, in particolare, che le parti, in cui l’art. 7 del capitolato speciale d’appalto prevedeva che il progetto elaborato dovesse articolarsi, fossero "perfettamente identiche ai criteri e ai subcriteri di valutazione dell’offerta tecnica" (pag. 15 ric. orig.), coincidenza, si proseguiva "illegittima sotto il profilo della omessa e/o generica predeterminazione dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica" (pagg. 19 – 20 ric. orig.).

Il T.A.R. ha apoditticamente ritenuto fondata tale censura, sulla base delle "medesime osservazioni" svolte con riferimento al primo motivo di gravame.

L’appello principale contesta sul punto la sentenza impugnata, poiché, si afferma, "la circostanza che i criteri di valutazione coincidano con il contenuto dell’offerta tecnica non costituisce alcun profilo di illegittimità" (pag. 3 mem. in data 31 ottobre 2011), valendo anzi essa a garantire "ai concorrenti che il giudizio della Commissione sarebbe stato reso unicamente sulla base di parametri ad essi ampiamente noti al momento di partecipazione alla gara, nel pieno rispetto della ratio" del disposto dell’art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006 (pag. 7 mem. in data 10 maggio 2011).

Il motivo di appello è infondato, sì che va confermata la statuizione di accoglimento della corrispondente censura di primo grado pronunciata dal T.A.R., con le integrazioni che séguono alle motivazioni della sentenza impugnata.

Rileva invero il Collegio come l’esigenza di non lasciare spazii di discrezionalità valutativa ai commissarii quando l’appalto è affidato al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è affrontata oggi dall’art. 83 del Codice dei contratti pubblici, che, fin dalla formulazione del bando di gara, impone che questo stabilisca i criterii di valutazione dell’offerta, elencati a titolo esemplificativo dalla lett. a) alla lett. n), precisando anche la ponderazione e cioè il valore o la rilevanza relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all’elemento cui la soglia si riferisce deve essere adeguato.

La norma impone ancora che sia sempre il bando a prevedere, ove necessario, per ciascun criterio di valutazione prescelto, i subcriterii ed i subpesi od i subpunteggi.

La direzione, verso la quale giurisprudenza e legislatore si sono mossi, è stata, dunque, quella di restringere al massimo, per quanto possibile, gli spazii di libertà valutativa delle offerte da giudicare con il metodo del criterio economicamente più vantaggioso; da non sottacere, peraltro, la successiva abrogazione della disposizione che alla Commissione affidava la sola definizione dei cc.dd. criterii motivazionali.

Nel caso di specie, la intervenuta fissazione nel capitolato speciale di appalto, alla voce "criteri di aggiudicazione" (art. 9), di due "elementi" (in realtà criterii: la qualità ed il prezzo), in base ai quali sarebbe stata determinata l’aggiudicazione, è ivi seguita, per quanto riguarda il "punteggio relativo alla qualità", dall’elencazione di sei parametri (1) Progetto Tecnico di gestione ed organizzazione del servizio; 2) Progetto Tecnico di miglioramento strutturale; 3) Sistema informatizzato per la rilevazione e prenotazione dei pasti; 4) Sanificazione; 5) Formazione del personale; 6) Standard di qualità ambientale, per ciascuno dei quali viene indicato un punteggio massimo attribuibile), in tutto identici (il che è incontestato tra le parti), sia nella loro intestazione che nella loro descrizione, ai corrispondenti elementi necessarii dell’offerta tecnica (v. il precedente art. 7 del capitolato speciale di appalto).

Di tal guisa, ad avviso del Collegio, la fissazione del criterio "qualità" come articolato nei relativi veduti "parametri" deve ritenersi sostanzialmente omessa dalla legge di gara, in relazione loro evidente, assoluta, genericità.

Risulta infatti palese che l’Amministrazione ha così individuato, in sede di fissazione dei "parametri" di attribuzione del punteggio relativo alla"qualità", gli elementi dell’offerta (praticamente tutti, suddivisi nei varii parametri), che sarebbero stati oggetto di valutazione in relazione alla loro "qualità", senza tuttavia indicare i criterii della relativa valutazione e cioè i parametri di giudizio, che, riferiti necessariamente e specificamente alle parti dell’offerta prese di volta in volta in considerazione ai fini della valutazione da parte dell’Amministrazione, devono, come esattamente dedotto dall’appellata, essere diversi dal contenuto dell’offerta, in quanto necessarii per la detta sua valutazione.

L’Amministrazione ha così omesso di determinare, in conformità all’art. 83 cit., i criterii (o, meglio, i sub – criterii), in base ai quali valutare i diversi elementi tecnici dell’offerta in relazione al criterio "qualità", limitandosi a riprodurre pedissequamente questi ultimi sotto la voce "parametri"; e poiché a tali criterii (o sub – criterii) dev’essere in concreto ancorato il giudizio demandato alla Commissione giudicatrice, essa ha così omesso di circoscrivere in maniera adeguata, anche in relazione alle vedute disposizioni dell’art. 83, la discrezionalità della commissione stessa.

E’ pur vero che, come deduce l’appellante principale, al fine di eliminare ogni discrezionalità della commissione, ogni criterio di valutazione dev’essere precedentemente reso pubblico e portato a conoscenza di tutti i partecipanti, ma di sicuro proprio la contestata identità, emergente nel caso di specie, non vale certo a delineare un corretto paradigma di valutazione della"qualità" in relazione a ciascuno degli elementi indicatori della valenza tecnica dell’offerta, così come risultanti dalle norme di gara, che prescrivono il contenuto obbligatorio dell’offerta stessa, con i conseguenti riflessi sulla possibilità concreta di dimostrare la logicità e la congruità del giudizio tecnico espresso dalla commissione giudicatrice, cui la predeterminazione dei criterii e dei sub – criterii, come richiesta dall’art. 83 cit., è con tutta evidenza funzionale.

Peraltro, valga qui incidentalmente (nella misura in cui l’esame delle censure di primo grado non esaminate in quella sede e qui ritualmente riproposte è subordinato alla statuizione di fondatezza dell’appello) notare come ciascuno dei veduti "parametri", cui è riferito il criterio "qualità", risulti a sua volta articolato (almeno per quanto concerne i parametri da 1) a 4) in ulteriori sotto criterii (o, se si preferisce, sotto sottocriterii), ognuno infatti fatto oggetto di specifica valutazione da parte della commissione nel corso dei suoi lavori (come agevolmente risulta dai suoi verbali), per ciascuno dei quali, come pure dedotto dall’originaria ricorrente principale con una delle censùre assorbite dalla sentenza di accoglimento, non risulta individuato, come pure prescritto dall’art. 43 del codice dei contratti, il sub – punteggio minimo e massimo attribuibile (all’interno del punteggio massimo ascritto al "parametro"); il che opera ulteriormente ed illegittimamente nel senso di una eccessiva estensione della discrezionalità della Commissione, che, nella sua attività di valutazione dei singoli parametri tecnici in cui sono stati raggruppati i varii elementi in cui è articolata l’offerta tecnica, non ha visto correttamente predeterminato dal bando nemmeno il "peso" degli elementi stessi, come all’interno di ciascun "parametro" evidenziati.

3. – La reiezione dell’appello principale sul punto (2.2.2) appena sopra considerato, con conseguente conferma della sentenza impugnata nei limiti di cui sopra, determina, come già statuito dal T.A.R., l’annullamento della gara nelle sue stesse régole di svolgimento, donde deriva, in riforma della sentenza impugnata, la carenza di interesse della originaria ricorrente principale alla censura, pure accolta dal Giudice di primo grado, di cui al settimo motivo dell’originario ricorso, relativa a presunti vizii delle operazioni di gara.

L’appello principale, pertanto, laddove censura la sentenza stessa nel capo concernente tale motivo, si rivela improcedibile per carenza di interesse.

Parimenti improcedibile, in quanto proponente motivi l’interesse alla cui valutazione sarebbe sorto solo in caso di accoglimento dell’appello principale, è l’atto di appello incidentale, per la parte non già dichiarata inammissibile.

Per i motivi esposti, l’appello principale in parte va respinto ed in parte va dichiarato improcedibile, mentre l’appello incidentale va dichiarato in parte inammissibile ed in parte improcedibile.

Sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate fra le parti spese ed onorarii del presente grado.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe:

– dichiara l’inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Azienda sanitaria;

– in parte respinge ed in parte dichiara improcedibile, nei sensi di cui in motivazione, l’appello principale;

– dichiara in parte inammissibile ed in parte improcedibile l’appello incidentale;

– conferma, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 18 novembre 2011, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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