Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 16-11-2011, n. 42062 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Ancona confermò il decreto 22 novembre 2010 del Gip di Ancona di sequestro preventivo del piano terra dell’abitazione degli indagati, in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), perchè, senza permesso di costruire, si stavano realizzando lavori di ristrutturazione del detto immobile con mutamento di destinazione da uso magazzino ad uso abitazione.

Gli indagati propongono ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge perchè il decreto impositivo non indica le circostanze di fatto da cui si desumerebbe l’uso abitativo da parte di terzi dei locali e non indica i nomi delle persone che sarebbero state rinvenute in loco; violazione di legge per mancata trasmissione al tribunale del riesame del verbale di accertamento della PG del 22.10.2010, da cui si desumerebbe che nei locali abitavano due stranieri, di cui peraltro non erano indicate le generalità.

Lamentano che non vi è la prova che i locali erano stati dati in godimento a terzi.

2) violazione di legge per mancata indicazione nel decreto di sequestro preventivo del se e quando siano stati rinvenuti in loco degli stranieri, delle generalità di costoro, e degli elementi comprovanti la dazione in godimento ad essi dei locali.

Motivi della decisione

Il ricorso è palesemente inammissibile per manifesta infondatezza e per aspecificità dei motivi.

I ricorrenti mostrano di non avere compreso che il reato, di cui è stato ritenuto sussistente il fumus e che ha giustificato il sequestro preventivo, non è costituito dall’avere concesso in godimento i locali in questione a degli stranieri o dal concreto godimento da parte degli stessi, bensì dall’avere eseguito, senza il necessario permesso di costruire, lavori interni ed esterni idonei oggettivamente a modificare la destinazione d’uso del piano terra dell’edificio da uso magazzino ad uso abitazione. E’ quindi totalmente irrilevante che l’immobile sia stato in concreto dato in godimento a degli stranieri, che alcuni soggetti già abitassero nei locali in questione, così come sono ovviamente irrilevanti i nomi di tali soggetti o la modalità con le quali hanno usufruito del godimento da parte dei proprietari. Per le stesse ragioni, esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto irrilevante la mancata trasmissione del verbale dei vigili urbani del 22.10.2010 con il quale era stata appunto constatata la presenza di due stranieri nei locali.

Il tribunale del riesame ha invero adeguatamente ritenuto sussistente il fumus del reato ipotizzato sulla base degli altri elementi documentali e delle fotografie acquisiti, elementi da cui emerge che erano stati realizzati l’impianto elettrico, l’impianto idrico e termico, un bagno ed era stata modificata una finestra trasformandola in porta per consentire l’ingresso dall’esterno. Da detta documentazione emerge altresì che nei locali erano stati collocati un letto con lenzuola e coperte, un armadio per vestiti, una cucina completa di lavello, piano cottura e frigorifero. Altrettanto esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto irrilevante il provvedimento amministrativo di sanatoria perchè fondato soltanto sulla falsa attestazione e prospettazione degli interessati, che non era stato realizzato alcun mutamento di destinazione d’uso.

I suddetti elementi, sui quali si basa il sequestro preventivo, non sono stati in realtà investiti dal ricorso, il quale perciò si rivela aspecifico, oltre che manifestamente infondato, e va di conseguenza dichiarato inammissibile.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, di ciascuno al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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