Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 16-11-2011, n. 42061 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 24 Novembre 2010, il Tribunale di Napoli ha respinto l’appello avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari in sede con la quale in data 30 Settembre 2010 è stata rigettata l’istanza di restituzione di un corpo di fabbrica sequestrato alla Sig.ra D.M. in relazione a violazioni edilizie.

Avverso tale provvedimento la Sig.ra D.M. propone personalmente ricorso lamentando errata applicazione della legge e vizio di motivazione per travisamento del fatto, nonchè abnormità del provvedimento, per avere il Tribunale affermato che il termine di prescrizione della violazione, decorrente quantomeno dall’anno 2006, non sarebbe maturato in quanto interrotto dalla commissione del reato di violazione dei sigilli avvenuta in data (OMISSIS), oppure in quanto risulta accertato che a quella data l’immobile in sequestro non era ancora completato. Risulta evidente, a parere della ricorrente, che il Tribunale è incorso in un vero e proprio travisamento degli elementi di prova e del materiale in atti;

infatti, l’accertamento compiuto in data 5 Giugno 2007 concerne altro e separato immobile, i fatti furono addebitati al marito della ricorrente e l’immobile commerciale, oggi in esame, non risultava neppure menzionato nel corso dell’accertamento menzionato.

Motivi della decisione

Ritiene la Corte che il ricorso sia manifestamente infondato.

Osserva la Corte che gli articolati motivi di ricorso si fondano su una lettura della motivazione che non risulta esaustiva nè puntuale, con la conseguenza che il ricorso non centra le ragioni della sentenza impugnata. La ricorrente concentra, infatti, la propria attenzione sull’intervento della polizia giudiziaria del giugno 2007 per escludere in modo argomentato che detto intervento abbia avuto ad oggetto l’immobile sequestrato e per escludere che vi sia in atti alcun elemento che si opponga alla datazione dell’abuso in epoca collocabile nel 2005-2006.

La motivazione del Tribunale, invece, si basa sul fatto che i lavori abusivi che hanno condotto al sequestro dell’immobile della ricorrente debbono essere stati realizzati successivamente al controllo effettuato nel mese di giugno 2007, proprio in quanto non menzionati nei verbali che furono in allora redatti al termine di un accertamento che ebbe riguardo all’intera area ove la ricorrente e il marito hanno realizzato nel tempo plurime edificazioni prive di autorizzazione. Va ricordato, a tale proposito, che l’accertamento dei fatti e le valutazIoni in tema di datazione dei lavori e decorso del termine prescrizionali sono stati effettuati nel contraddittorio e sulla base delle produzioni documentali difensive, così che non sussistono incertezze in ordine alla completezza dell’esame svolto dai giudici di merito.

Esaminata la motivazione della sentenza impugnata e valutati i motivi di ricorso, la Corte ritiene di dover concludere che la motivazione resa dai giudici di appello in ordine al contenuto dei controlli di polizia giudiziaria e in ordine al materiale fotografico in atti e alla documentazione difensiva risulta priva dei difetti segnalati dalla ricorrente. Sulla base dei presupposti accertati dai giudici di merito, infatti, appare immune da vizi logici la conclusione dagli stessi assunta secondo la quale non emergono in atti elementi che datino la realizzazione dell’immobile in epoca anteriore al 2007;

tale conclusione risulta riferita a valutazioni di fatto e, una volta valutata priva di manifesta illogicità, è sottratta al sindacato di questa Corte, che deve limitare il proprio giudizio al solo controllo sulla legittimità e coerenza del provvedimento.

Sul punto si rinvia al costante principio interpretativo fissato dalla giurisprudenza in tema di limiti del controllo di legittimità ex art. 606 c.p.p., lett. e) ed espresso in modo pienamente condivisibile dalla sentenza della Sesta Sezione Penale, n.22256 del 2006, Bosco, rv 234148, secondo cui resta "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti".

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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