Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 16-11-2011, n. 42059 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 23.9.2010 il GIP del tribunale di Firenze dispose il sequestro preventivo di un cantiere sito nel comune di Greve in Chianti nonchè della relativa strada di cantiere in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181.

Il tribunale del riesame di Firenze, con l’ordinanza in epigrafe, revocò il sequestro della strada di cantiere e confermò nel resto il provvedimento di sequestro.

Osservò il tribunale: – che la relazione del CT di parte aveva escluso la sussistenza sul luogo di un vincolo ideologico, ma che si trattava di una consulenza di parte sulla quale prevalevano gli elaborati dei funzionari pubblici fino alla effettuazione di perizie di ufficio nel prosieguo delle indagini; – che altra consulenza di parte aveva escluso il pericolo di frana o comunque l’aveva limitato ad una ridottissima frazione di terreno, ma che in quella fase del procedimento non era possibile prendere decisioni esaustive, essendo necessari più approfonditi accertamenti; – che invece non sussisteva il reato ambientale in riferimento alla strada di cantiere perchè, sulla base della norma transitoria vigente all’epoca dei fatti, la competenza al rilascio della autorizzazione ambientale era del comune, che nella specie l’aveva rilasciata.

Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge. Osserva che nella specie la Sovrintendenza non era stata mai posta in condizione di esercitare il potere di annullamento perchè l’autorizzazione rilasciata dal comune non le era mai stata comunicata, in violazione del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 159. Di conseguenza il permesso di costruire non poteva ancora essere rilasciato e pertanto è illegittimo mentre la strada di cantiere si è realizzata senza che si fosse ancora perfezionato il procedimento per il rilascio della autorizzazione paesaggistica.

Il G. propone a sua volta ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione dell’art. 321 c.p.p.; motivazione apparente, inesistente e comunque incongrua. Lamenta che, in ordine alla pretesa sussistenza del vincolo idrogeologico, il tribunale ha omesso di esaminare la consulenza dell’indagato dando immotivatamente la prevalenza agli elaborati provenienti da atti pubblici. In realtà si trattava di sommarie informazioni testimoniali di funzionari del genio civile e del comune nonchè di documenti meramente derivativi (quali il certificato di destinazione urbanistica) ai quali la difesa aveva contrapposto gli atti normativi originali che avevano istituito il vincolo. Analoga risposta ha fornito il tribunale in ordine alla questione della ridotta o negata edificabilità della zona franosa sebbene la consulenza di parte avesse escluso l’insistenza nella zona franosa. In sostanza il tribunale ha deciso di non decidere, senza esaminare le argomentazioni tecniche della difesa.

2) violazione degli artt. 321 e 125 c.p.p.; omessa motivazione in ordine agli opposti e rilevanti interessi di rango costituzionale facenti capo ai privati, dal momento che gli edifici sequestrati sono di proprietà di una società estranea ai reati ipotizzati. Nella specie invero si è ritenuto di disporre della proprietà privata e poi di rinviare sine die la decisione sulla richiesta di riesame avanzata, senza motivare sulla prevalenza degli interessi di giustizia sui diritti fondamentali costituzionali.

3) violazione degli artt. 321 e 481 c.p.p.; del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); del R.D.L. n. 3267 del 1923, art. 2 ss.;

mancanza di motivazione in ordine a un punto essenziale della controversia. Lamenta che la consulenza della difesa aveva escluso il vincolo idrogeologico, mentre l’accusa aveva fatto riferimento solo alla cartografia in dotazione al corpo forestale, senza alcun riferimento alla cartografia originale di cui al R.D.L. n. 3267 del 1923, art. 2. Quanto alla pretesa inedificabilità della zona, osserva che dalle planimetrie in atti emerge che l’intera edificazione è stata eseguita in area dichiarata edificabile dal regolamento edilizio. In ogni caso, anche accedendo alla tesi accusatoria, soltanto un corpo di fabbrica separato dagli altri sarebbe collocato per una modesta porzione in zona inedificabile, sicchè il sequestro doveva essere limitato ad esso. Tale richiesta non è stata neppure presa in considerazione dal tribunale.

Motivi della decisione

Il ricorso del pubblico ministero è fondato. Secondo la disciplina transitoria di cui al D.Lgs. 22 gennaio, 2004, n. 42, art. 159, ritenuto dal tribunale applicabile nella specie, "L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione da immediata comunicazione alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la documentazione prodotta dall’interessato nonchè le risultanze degli accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della L. 7 agosto 1990, n. 241 … La soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione".

Nella specie, secondo l’assunto del pubblico ministero – che il tribunale del riesame ha totalmente omesso di considerare – l’autorizzazione del comune non sarebbe mai stata comunicata alla soprintendenza, la quale quindi non sarebbe stata posta in grado di esercitare i suoi controlli ed eventualmente il suo potere di annullamento. Ne deriverebbe che la strada di cantiere sarebbe stata realizzata senza una valida autorizzazione paesaggistica e che anche il permesso di costruire sarebbe illegittimo per mancanza di un suo presupposto.

Come esattamente rileva il pubblico ministero ricorrente, infatti, non si sarebbe perfezionato il procedimento amministrativo autorizzatorio ai fini ambientali, dal che deriva l’illegittimità del permesso di costruire, sicchè sarebbero integrati sia il reato paesaggistico sia quello edilizio.

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata relativamente alla statuizione sulla strada di cantiere, con rinvio per nuovo esame al tribunale di Firenze, il quale dovrà accertare l’avvenuto puntuale e regolare svolgimento del procedimento di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 159, o altrimenti ritenere inefficace l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal comune.

E’ fondato anche il ricorso del G. relativo al mantenimento del sequestro del cantiere.

Va preliminarmente ricordato che la più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di sequestro preventivo ha innumerevoli volte affermato che il tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo alla astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (cfr., ex plurimis, Sez. 1, 9 dicembre 2003, n. 1885/04, Cantoni, m.

227.498; Sez. 3, 16.3.2006 n. 17751; Sez. 2, 23 marzo 2006, Cappello, m. 234197; Sez. 3, 8.11.2006, Pulcini; Sez. 3, 9 gennaio 2007, Sgadari; Sez. 4, 29.1.2007, 10979, Veronese, m. 236193; Sez. 5, 15.7.2008, n. 37695, Cecchi, m. 241632; Sez. 1, 11.5.2007, n. 21736, Citarella, n. 236474; Sez. 4, 21.5.2008, n. 23944, Di Fulvio, m.

240521; Sez. 2, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino, m. 242650, nonchè, da ultimo, Sez. 3, 5.5.2010, n. 26197, Bressan, m, 247694, secondo cui "Nella valutazione del "fumus commissi delicti" quale presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1 il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile l’impostazione accusatoria. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza che, confermando il sequestro preventivo di immobile per il reato di lottizzazione abusiva, aveva fatto generico richiamo alla consulenza tecnica del P.M. e agli altri atti di polizia giudiziaria senza alcun riferimento ai contenuti e alle ragioni della loro prevalenza sui rilievi di carattere difensivo").

Nella specie, sotto questo profilo l’ordinanza impugnata è totalmente carente di motivazione.

E difatti, in ordine alla sussistenza di un vincolo idrogeologico e ad un pericolo di frana, il tribunale da atto che il consulente di parte prof. M., nella sua "bene articolata" relazione ha accertato che nella zona non esiste un vincolo idrogeologico e che non vi è "nulla da eccepire sulle dotte conclusioni del consulente", ma che "trattasi pur sempre di un elaborato di parte al quale bisogna dare pieno credito sempre con molta cautela specie quando di contro vi sono documentazioni ed elaborati provenienti da atti pubblici e da funzionari pubblici", mentre, quanto al pericolo di frana, il tribunale da atto che secondo il consulente della difesa tale pericolo non sussiste se non al più su una piccolissima frazione del terreno, ma osserva che lo stato dell’istruttoria "non consente di prendere decisioni esaustive in proposito abbisognando di ulteriori e più approfonditi accertamenti".

Ora, anche tralasciando di considerare che il tribunale non aveva dinanzi a sè una perizia di ufficio ma due consulenze di parte, non può non convenirsi con il ricorrente quando lamenta che in sostanza il tribunale del riesame ha deciso di non decidere sostenendo la complessità tecnica del caso e non misurandosi affatto con le argomentazioni tecniche della difesa. In pratica, il tribunale del riesame ha ritenuto di poter incidere pesantemente su un diritto costituzionalmente tutelato rimandando sine die la decisione sulla richiesta di riesame senza motivazione alcuna. Anche l’affermazione che in quella fase si sarebbe dovuta dare la prevalenza all’assunto difensivo è meramente apodittica ed assertiva. Il tribunale, invero, non ha nemmeno risposto alla eccezione difensiva secondo cui l’accusa non si basava su atti provenienti da pubblici uffici bensì su sommarie informazioni testimoniali di funzionari del genio civile e del comune nonchè su documenti meramente derivativi (quali il certificato di destinazione urbanistica) ai quali la difesa aveva invece contrapposto gli atti normativi originali che avevano istituito il vincolo. La difesa aveva infatti evidenziato che ai sensi del R.D.L. n. 3267 del 1923, art. 2. l’area sottoposta a vincolo idrogeologico è segnata su una mappa catastale o, in mancanza, su una carta dell’Istituto Geografico Militare, che, dopo l’istituzione e l’approvazione del vincolo, è conservata nell’archivio comunale ai sensi del R.D. 16 maggio 1926, n. 1126, art. 10, evidenziando altresì che il suo consulente prof. M. aveva fondato il suo accertamento proprio acquisendo presso il comune la cartografia originale del vincolo redatta su carta in scala 1:25.000 dell’Istituto Geografico Militare, mentre le deduzioni dell’accusa avevano fatto riferimento generico alla cartografia in dotazione al comando del corpo forestale, senza alcun riferimento specifico alla cartografia originale rappresentativa del vincolo. La difesa aveva anche eccepito che dalle planimetrie in atti emergeva che l’intera edificazione era stata eseguita in area dichiarata edificabile dal regolamento edilizio, del resto avendo preso il posto dell’antica falegnameria Alma, e che il suo consulente sulla base di idonea documentazione aveva escluso il pericolo di frana. Aveva in via subordinata eccepito che, anche aderendo alla tesi accusatoria, soltanto un corpo di fabbrica separato dagli altri sarebbe collocato per una modesta porzione in zona inedificabile, sicchè il sequestro avrebbe dovuto essere limitato ad esso. Tutte queste argomentazioni ed eccezioni – pur essendo sicuramente idonee ad incidere sulla decisione – sono state completamente ignorate dal tribunale del riesame.

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per totale mancanza di motivazione anche in ordine al disposto sequestro del cantiere e degli edifici.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE In accoglimento di entrambi i ricorsi, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Firenze per nuovo esame.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011
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